Dragon Age - The Veilguard: ovvero Dragon Age 4 e il primo che gioco dall'inizio alla fine. 
Uscito lo scorso 31 Ottobre, dopo un faticosissimo e lungo processo produttivo iniziato nel 2015, è stato accolto con entusiasmo dalla critica, non dal pubblico. 
Ora che scrivo, i dati di vendita pare siano decisamente inferiori alle attese. 
I fan della serie (la parte che va su internet) hanno mal accolto il gioco a causa dei significativi cambiamenti nel gameplay, più action e meno tattico (molto simile a Mass Effect), e nello stile visivo (cartoon, qualcuno dice simile a Fortnite). 
Io non sono un fan, ma posso onestamente dire di averlo di gran lunga preferito a Metaphor. 
E' un ritorno alla forma dei tempi d'oro che furono per Bioware? Mi sento di rispondere positivamente. 
Mi sento anche, per la prima volta da decenni, ottimista nei riguardi del prossimo Mass Effect. 
Ha i suoi difetti, li vedremo, ma Veilguard è un gioco che fa tutto bene. 
Ecco, fatemi dire questa cosa: l'inizio di Veilguard è molto debole, prosegue migliorando; a metà gioco ero pronto ad affermare qualcosa come "Veilguard fa tutto bene, niente di male, niente di eccellente"; finito il gioco mi sono dovuto ricredere: Veilguard fa tutto bene, niente di male, il finale è eccellente.
Ci vuole un sacco di tempo, sfortunatamente, e avrebbe potuto decisamente essere accorciato nelle sue fasi iniziali e introduttive, ma quest'ultimo Dragon Age, una volta arruolati tutti i personaggi, una volta sbloccate un po' di abilità negli skill tree, una volta portata avanti la storia principale, una volta portate avanti le storie secondarie, diventa davvero avvincente da vivere e divertente da giocare. 
Vediamo un po' dei difetti, oltre a quanto appena detto: il doppiaggio non è granché e in un gioco dove parlano davvero tanto è un problema rilevante, colpa anche di dialoghi insipidi, spesso ridicoli, frequentemente idioti. 
Il tono epico ricercato dagli autori è frequentemente non riuscito, più scemo che altro; il gioco funziona molto meglio, narrativamente, durante gli scambi sociali e nelle rappresentazioni dei momenti più quieti.
Sì, ecco: la scrittura del gioco è complessivamente inferiore ai migliori titoli del genere, inferiore anche ai non migliori titoli del genere; la storia è valida, le scene sono potenti (nel finale), ma il protagonista è una pippa, i primi personaggi secondari sono mediocri. Il gioco migliora, ripeto, con l'arrivo degli altri personaggi secondari, quelli con cui sfortunatamente si gioca meno: il cacciatore di draghi con dubbi sulla propria identità sessuale, il cacciatore di mostri con il suo delizioso pokemon, il magnifico dandy necromancer chiaramente ispirato a Vincent Price. 
Questi sono personaggi molto interessanti con storie che vale la pena interpretare. 
...l'assassino posseduto da un demone è forte, ma la sua caratterizzazione italiano-spagnola abitante di una Treviso confusa con Venezia è troppo stupida e ridicola per funzionare davvero. 
NOTA: quando queste cose le fanno i giapponesi è comico e comprensibile perché sono in un altro mondo, quando queste cose le fanno gli americani è deprimente e imbarazzante perché ignoranza. 
Altri difetti. 
Visivamente ben fatto, qua e là ci sono cose inaccettabili: textures da PS2 (tipo la lava nelle Lava Caves), modelli poligonali di npc ripetuti troppo spesso, alcune espressioni facciali orrende e troppe espressioni facciali identiche tra personaggi diversi.
Altri pregi. 
Conversazioni che proseguono e un incredibile, davvero immersivo, sviluppo delle relazioni tra personaggi: se porti in giro gli stessi due personaggi, questi continueranno conversazioni da missioni precedenti, conversazioni che continueranno anche nel hub di gioco o durante altri momenti del gameplay e della storia. 
Questo è in assoluto la parte del gioco che mi ha tenuto agganciato e spinto a finirlo: i personaggi possono risultare insipidi e i dialoghi cringey, ma la rappresentazione delle loro relazioni e i cambiamenti nei loro rapporti è eccezionale. 
I paragoni con Mass Effect sono molti: la missione finale è concettualmente molto simile alla più celebre missione della trilogia, la Suicide Mission del secondo. La mia passione per quella serie è stata solleticata da un ottimo pezzo di fanservice, il mio protagonista di Veilguard ha trascorso tutto il gioco vestito con i colori N7. 
Come è giusto. 
Tornando alla storia, Veilguard conclude diverse trame lasciate in sospeso dai giochi precedenti; non ho mai sentito il bisogno di andare, almeno, a leggerne i sommari perché il titolo fa un buon lavoro nello spiegare le grandi linee; resta il fatto, però, trattarsi di un capitolo finale in una storia cominciata decenni fa. 
Concludendo: ottimo gioco, molti difetti, molti pregi. 
Le vendite insoddisfacenti potrebbero causare un'altra lunga attesa prima di un ulteriore seguito;  in ogni caso, Bioware ha dichiarato di essere al lavoro sul prossimo Mass Effect.
Ah, poco più di 60 ore per fare tutto e il platino; fortunatamente si può fare tutto in una run.
SPOILER SPOILER SPOILER
Gli eroi vincono e se fate il 100% sopravvivono tutti tranne 1. 
Se fate il 100%, dopo i titoli di coda c'è il lancio della prossima trama. 


The Shootist (Id, 1975): il più celebre romanzo di Glendon Swarthout, adattato in un famoso, non famosissimo, film con John Wayne (in Italia: Il Pistolero). 
L'ultimo film di John Wayne prima della morte. 
NOTA: il finale del film e il finale del libro sono COMPLETAMENTE diversi.  
E' un romanzo sorprendente. E' un classico del western crepuscolare anni 70, ma è inaspettatamente molto più ricco di quanto lo immaginassi; onestamente, pensavo mi sarei trovato a leggere qualcosa con uno stile molto più simile e vicino alla letteratura 'da poco' della decade precedente, invece è intenso e denso di contenuti. 
Non è Blood Meridian (1985), non c'è filosofia o metafisica; The Shootist è ben radicato al suolo, le considerazioni di autore e protagonista sono largamente terrene, ma è crudamente intimo nella rappresentazione degli ultimi giorni del personaggio, violentemente diretto e clinico nella descrizione dei suoi ultimi momenti. 
Non solo: c'è satira sociale, commenti sulle debolezze umane al limite del tragicomico; ci sono feroci stilizzazioni di tipi umani, immediatamente riconoscibili, tutti accomunati dal mal comune del Greed. 
Scarno, ridotto all'osso della costruzione dei periodi, ma meticolosissimo nelle scelte linguistiche: il protagonista ha una sua voce, i personaggi secondari ne hanno altre, ognuna imita il tempo e l'estrazione di classe. 
Ho dovuto usare il dizionario più volte nelle prime 2 pagine, parole mai sentite prima che, stando a Google, esistono solo in questo libro. Parole che mostrano il livello di educazione (basso) del protagonista ma il suo desiderio di essere di più. 
Le frasi sono minimaliste, ma la struttura narrativa è acutamente organizzata e pensata. 
Dunque: un famoso pistolero, l'ultimo di una stirpe, è diagnosticato con cancro; arriva al El Paso e sono i suoi ultimi giorni; si chiude in una stanza dove sa morirà, riceve persone venute ad assistere alla morte di una tale celebrità. 
Non solo una celebrità. E' il 1901, il  far west sta scomparendo; il nostro protagonista è il simbolo morente di uno stile di vita arrivato ai suoi ultimi giorni. 
E' nella sua stanza e, tra un capitolo e l'altro, legge un quotidiano dove vengono riportate notizie locali e internazionali: la Regina Vittoria è morta. Il mondo intero sta cambiando, non è solo il West. 
Ha una bottiglietta di laudano da cui attinge sempre più pagina, giorno dopo giorno, pagina dopo pagina. 
Incontra persone: un giornalista, una vecchia amante, un prete, il becchino, un fotografo, un commerciante. Tutte queste persone vogliono un pezzo della sua morte da cui profittare, da vendere come souvenir di quel tempo avventuroso e violento che fu. 
Lui contratta, cede, si rifiuta, combatte, si arrende. 
Nel mezzo c'è la proprietaria della stanza dove sta vivendo e si forma una relazione con lei e il figlio: qualcosa di incredibilmente umano, diverso dalle più facili previsioni; il nostro protagonista sta morendo, è in preda a dolori fortissimi ogni giorno, è terrorizzato. 
Si contorce nel letto con la paura di morire, cerca pentimento, è pieno di rimorsi, ma non sono genuini né onesti; appena il dolore passa, grazie alle droghe, è il Pride a riprendere il controllo. 
C'è un brillante passaggio dove la prima scena viene richiamata nel finale, il passato che si ricongiunge al presente in più di un modo. 
Ripeto: The Shootist non è una dime novel di azione spara-spara. 
Le ultime scene, diciamo il combattimento finale, è un apoteosi di descrizioni che passano dall'anatomico al balistico: la sparatoria è scientificamente rappresentata con una accuratezza di dettagli e una freddezza narrativa che sono inauditi è impressionanti. 
Eccellente ed entusiasmante. 
NOTA: chiaramente, è un libro del 1975 che racconta con immersione di un uomo di 50 anni nel 1901, ci sono parole e concetti estremamente offensivi oggigiorno. 
NOTA2: esiste un seguito scritto dal figlio di Swarthout. Questo figlio non è un semplice approfittatore, è stato uno sceneggiatore di successo che ha adattato cinematograficamente molte opere del padre; un approfittatore, quindi, ma non senza qualità.
SPOILER SPOILER SPOILER
Non c'è salvezza né redenzione nel libro. 
Il pistolero decide di farsi un ultimo combattimento e lasciarsi uccidere da uno dei dilettanti da 2 soldi che bazzicano in città fingendosi pistoleri veri; vince e non riesce a morire; il figlio della proprietaria gli sparerà, su sua richiesta, mentre è steso a terra non esattamente morente ma tra le atroci sofferenze della malattia.
Il film finisce con il figlio della proprietaria che scopre e si pente della sua idolatria per il pistolero e delle sue scelte da cattiva strada, la morte del pistolero si chiude su una nota positiva che lascia speranza e ottimismo per un futuro migliore. 
Il libro no. Nel libro, il figlio della proprietaria si impossessa delle pistole del pistolero, eccitato e gasato dalla violenza a cui assistito e dal potere contenuto in quelle armi, va in giro a cercare violenza con violenza nella sua mente. 
Nel libro, il pistolero muore portandosi dietro gli altri ultimi pistoleri di El Paso; la popolazione esulta perché non ci saranno più problemi in città; ma, nel libro, nel momento in cui il pistolero uccide gli altri pistoleri, ne crea uno nuovo con le sue azioni, perché il circolo della violenza è unending e non c'è speranza.


Tokyo Override: è il nuovo anime sperimentale di Netflix. 
Chiamarlo 'sperimentale' non credo sia esagerato e vorrei sottolineare come la volontà di Netflix di sfruttare il sistema dell'animazione giapponese per realizzare produzioni più internazionali, stia dando vita ad alcuni oggetti misteriosi fuori standard molto interessanti. 
E' un anime giapponese prodotto dai tailandesi di RiFF Studio (Mantra Warrior e una partecipazione nell'ultimo film di Evangelion), staff misto nippo-tailandese (ma forse sono tailandesi giapponesi, non ho approfondito). 
Ricordate come funzionavano le sponsorizzazione in Tiger e Bunny? 
Qui c'è qualcosa di simile: Tokyo Override è co-prodotto da Yamaha e Honda.
Siamo in una Tokyo del futuro completamente automatizzata, "the optimised city", totalmente interconnessa: un'utopia tecnologica che presenta una rara facciata solare e luminosa su normali stereotipi cyberpunk. 
Dietro la facciata, ovviamente, si nasconde un underground di criminalità e semi-illegalità a base di droghe, differenza di income e classi sociali; diciamo Psycho Pass incrociato con Wall-E.
A proposito di influenze: la colonna sonora è un misto di cori alla Ghost in the Shell ed elettronica alla Vangelis. 
Più o meno funziona così: un gruppo di transporter alla Jason Statham, ma su 2 ruote, lotta contro il sistema "tutti felici ma tutti controllati"; una giovane hacker si unisce al gruppo e rimarranno tutti coinvolti in una storia di sfruttamento, droga e i pericoli dell'affidarsi troppo alle automazioni. 
Uhm. 
Tokyo Override non è una storia di AI contro umani. 
Tokyo Override è una pubblicità di motociclette fighe contro macchine automatizzate alla Tesla. 
Il mito della moto come simbolo di libertà opposto a un mondo dove tutto funziona bene a patto di stare nei tuoi spazi prestabiliti. 
Non è granché e l'animazione cala negli ultimi episodi. La produzione dovrebbe essere in corso da più di 3 anni, che l'animazione cali negli ultimi episodi è ridicolo e offensivo. 
E' una produzione diversa dal solito, ma è mediocre. 
NOTA: immagino che qualcuno appassionato di moto potrebbe riconoscere alcuni dei modelli utilizzati.
SPOILER SPOILER SPOILER
I buoni vincono. 


You and I Are Polar Opposites: sono frastornato. Scioccato. Depresso e rattristato. Inspiegabilmente, assolutamente inaspettatamente, questo manga di grande successo è stato improvvisamente chiuso con un affrettato finale al capitolo 65. 
Non il più grande successo di tutti i tempi, ma un manga romantico di grande successo; inoltre, assurdamente, l'ultimo capitolo è coinciso con l'annuncio dell'adattamento animato. 
Trasecolo. 
Nessuna informazione ufficiale. Speculazioni ottimistiche, basate esclusivamente su un paio di scritte qua e là all'interno dell'ultimo capitolo, parlano di un possibile nuovo manga-seguito.
Boh.
Secondo manga per Kōcha Agasawa, serializzato su Shonen Jump+ tra il 2022 e il 2024. 
Commedia romantica scolastica wholesome reiwa energy con i protagonisti che si mettono insieme al primo o secondo capitolo. 
Lui è serissimo, solitario, laconico, brusco ma gentile; lei è un pozzo di energia che chiacchiera in continuazione, farfalla sociale appassionata di fashion. Si innamorano e sono super cute insieme. 
Il manga è disegnato molto bene: stilisticamente non è super originale, ma il deformed è particolarmente riuscito, le espressioni dei personaggi sono notevoli, c'è grande attenzione per dettagli e contorno, è in quel raro gruppo di shonen che riesce ad assimilare tratti da shojo e farli funzionare; narrativamente, i protagonisti sono ottimi (soprattutto lei), i comprimari (come spesso succede) rubano la scena. 
Poco da dire sulla trama: si mettono insieme, prima relazione seria e la vivono e scoprono giorno dopo giorno insieme agli amici a scuola e fuori; il manga finisce con la maturità. 
La storia principale è conclusa circa bene, ma tirata via; tutte le storie secondarie sono prive di un finale. 
La mia pessimistica aspettativa: ci sarà i soliti bonus quando questi ultimi capitoli saranno raccolti in volume, nel bonus ci sarà qualcosa dedicato alle storie dei comprimari. Niente più, se non al massimo un paio di tavole, per i protagonisti. 
NOTA: lo scrivo qui. Spero che l'anime percorra la strada di un finale originale. 
SPOILER SPOILER SPOILER
Il protagonista decide di andare in una scuola lontana, i due cominciano una relazione a distanza che ci viene mostrata funzionare in un paio di cartoline. 


Non Era Così Colorato (Id, 2024): ormai sono iper-fidelizzato alle pubblicazioni di Alessandro Apreda, indipendentemente dal divertirmi a leggerle. 
Questo è il suo primo romanzo (breve. Poco più di 100 pagine) ed è una lettura gradevole che piacerà sicuramente agli estimatori e i follower dell'autore. 
Lo stile narrativo, come visto nei libri precedenti, continua a essere quello del suo blog, che è molto divertente online su testi di lunghezza ridotta, meno divertente, confuso e stancante nella forma di un romanzo; non so se Apreda abbia reali aspirazioni da scrittore, nel caso dovrà imparare ad affrancarsi dal DocManhattan e la sua Persona social.
Un ricercatore universitario di 50 circa anni, a causa di un incidente di laboratorio, finisce indietro nel tempo nel 1985. Il libro è il suo racconto dell'esperienza. 
Il nostro eroe nerd si ritrova da adulto negli anni della sua infanzia e passa il tempo a descrivere gli anni '80 e confrontarli con i suoi ricordi: questo è sostanzialmente il grosso del libro; c'è anche una specie di storia introspettiva/semi-autobiografica e il desiderio del personaggio di cambiare un evento tragico del passato, ma è secondaria e francamente inutile. 
SPOILER SPOILER SPOILER
Il titolo si riferisce agli anni '80. Meno colorati e felici di quanto immortalati nella nostra memoria. 


Transformers One: mi chiedevo se fosse in continuity con i film di Michael Bay, non lo è. 
Stando alle varie, molteplici e a volte contraddittorie, risorse online dedicate ai Transformers: "One" è un nuovo franchise/continuity. 
L'animazione è realizzata da Industrial Light & Magic; tecnicamente non è granché, non vorrei esagerare ma il metallo animato del primo Cars (2006) era migliore. 
Lo staff è composto da seconde linee del mondo dell'animazione americana; la regia, tanto per fare un esempio, è di Josh Cooley: regista di Toys 4 e co-sceneggiatore di Inside Out. 
Veniamo al sodo. 
Transformers One è una origin story di Optimus Prime e Megatron ambientata su Cybertron prima dell'inizio della guerra tra Autobots e Decepticons. 
Il lore dei Transformers è molto ricco e molto complicato: esistono svariate (decine) continuity, ci sono stati innumerevoli reboot, rilanci, retcon e via dicendo; ci sono i giocattoli, i cartoni, i fumetti, i libri, i film, i giochi e altro: ognuno con la sua storyline leggermente (o molto) diversa, alcuni sono raggruppati e in continuity tra loro, altri sono a se stanti, altri ancora formano gruppi alternativi. 
One è una produzione originale e nuova, ma prende spunto da alcuni elementi 'canonici' del lore dei Transformers, reinterpretandone alcuni elementi, aggiungendone di nuovi. 
All'inizio del film non ci sono né Optimus Prime né Megatron, ci sono Orion Pax e D-16. 
Qui, subito all'inizio, la questione è già molto complicata: mentre Orion Pax è facile, perché è l'identità pre-Prime di Optimus più frequentemente parte del canon, proveniente dal glorioso passato della seconda stagione della Generation 1, episodio 43 "War Dawn" del 1985; l'identità D-16 di Megatron è più recente e nebulosa: sul perché si chiami "D-16" c'è una semplice spiegazione che parte dalla linea di produzione e l'identificativo del giocattolo in Giappone, su quando sia stata usato per la prima volta, invece, le info non sono chiare e molti dettagli sono originali di One. 
Senza perdermi troppo in questo tipo di digressione, D-16 è presente come concept nella 'Aligned continuity' composta dai più recenti cartoni dedicati ai Transformers, "Prime", "Robots in Disguise", etc etc. 
Non le ho seguite, non sono edotto in materia. 
In ogni caso, One parte dalla seguente premessa, ricorrente nei Transformers (ma non sempre in questa forma, non sempre in questi modi): prima di diventare Optimus Prime e Megatron, Orion Pax e D-16 erano amici e abitanti di Cybertron provenienti delle caste più povere e maltrattate. 
Diventano rivoluzionari insieme, cambiano la società e la storia di Cybertron, poi c'è un diverbio sul formato di governo tra democrazia e dittatura, decidono di ammazzarsi "non siamo più amici" e fanno scoppiare una guerra che porterà rovina su Cybertron (e dopo sulla Terra e, più in generale, nello spazio). 
Ah, in One ci sono anche i Quintesson. 
A questo punto, sento di dover ricordare che il nome di questo blog non comprende la parola "Primus" per caso. 
Questo film, per me, è come il primo Star Trek della Kelvin timeline. 
Andando oltre: il film è abbastanza divertente, la storia procede bene, il doppiaggio è ben fatto e i personaggi sono decentemente caratterizzati; non ho apprezzato l'arco narrativo di Megatron, ma è probabilmente dovuto al target del film: questa non è una produzione per adulti, non aspettatevi certi Che Guevara Megatron dei fumetti. 
La produzione avrebbe voluto farne una trilogia, ma è stato un flop abbastanza sonoro. 
Ho il sospetto Hasbro abbia sopravvalutato il valore popolare dei Transformers nel pubblico giovanile contemporaneo.
SPOILER SPOILER SPOILER
Optimus vince, non è questo lo spoiler. 
Succedono cose discutibili nel finale, il motivo è probabilmente sempre il target giovanile, ma il messaggio veicolato è inappropriato, il core di Optimus viene in qualche modo traviato, complessivamente ha poco senso. 
Optimus non vince perché è un più abile combattente o più intelligente, vince perché è moralmente superiore, è il prescelto da Dio Primus che gli conferisce un potere speciale con cui battere il suo avversario: questa visione messianica è odiosa e onestamente preoccupante. 
Soprattutto per l'immediata conseguenza: tutti quelli che accettano il messia potranno vivere insieme a lui nella bella città piena di ricchezze e libertà, Megatron e gli altri ribelli, invece, sono istantaneamente esiliati, senza passare dal via, a vivere in una specie di campo profughi/zona di guerra. 
Aggiungo: Megatron cerca di ammazzare Optimus, quindi viene esiliato; i futuri decepticons, invece, fino a 1 minuto prima erano leali combattenti al servizio di Optimus, l'istante che finisce la battaglia, visto che assomigliano a Megatron, tutti esiliati anche loro. 
Ah, dimenticavo: il film si chiama "One" perché per tutto il tempo la menano con l'unità, unificare, essere in pace tutti insieme senza differenze di classe od origine. Tutti insieme contro quelli che credono in qualcosa di diverso. 


The Tusks of Extinction (Id, 2024): romanzo breve, circa 160 pagine, di Ray Nayler; riprende alcune delle tematiche centrali del suo eccellente The Mountain in the Sea, ma non raggiunge la stessa qualità. 
E' difficile seguire a un primo romanzo di grande successo, Nayler ha scelto di farlo lungo la strada di minore resistenza: sviluppando ulteriormente alcune delle brillanti idee alla base di Mountain, proponendole in un formato più asciutto. 
NOTA: Mountain è l'esordio di Nayler nel formato romanzo, ma è stato precedentemente autore di svariate storie brevi; tra Mountain e questo, c'è un racconto pubblicato da Tor che non ho avuto voglia di cercare. 
Tornando a noi. 
Futuro prossimo, Siberia. 
Scienziati russi sono hanno fatto un jurassic park nelle steppe e de-estinto il Mammut; questi Mammut creati in laboratorio, però, non hanno istinti ancestrali e mancano delle nozioni per comportarsi come Mammut, quindi quando vengono liberati nelle steppe, crepano stupidamente. 
Fortunatamente, qualche tempo prima, l'industrioso governo russo ha obbligato tutti i suoi cittadini di prestigio a farsi scaricare la memoria/personalità in formato digitale per il bene della madre patria e futuro, possibile riutilizzo. 
Nell'archivio c'è una ranger esperta di elefanti, devotissima alla causa della loro preservazione, uccisa un centinaio di anni prima durante una 'guerra' contro bracconieri. 
Prendono la ranger e la scaricano nella mente di uno dei Mammut. 
A questo punto la storia procede alternando vari tempi e personaggi: c'è la protagonista che vive come un Mammut ma ricorda quando era umana e compara l'esperienza della società umana con questa nuova società animale; ci sono bracconieri che vogliono l'avorio dei Mammut, e c'è tutta una parte dedicata all'orrore dell'industria dell'avorio; c'è pure spazio per il più classico dei cacciatori bianchi/cuore nero. 
Come dicevo, ci sono molti dei temi di Mountain: cercare di comprendere una società animale, la natura dell'intelligenza artificiale, lo sfruttamento capitalistico delle risorse naturali. 
E' una buona lettura, niente di memorabile. L'anno prossimo dovrebbe uscire un nuovo romanzo.
NOTA: l'ho preso in formato digitale perché il prezzo per il cartaceo è sconcio. 
SPOILER SPOILER SPOILER
La protagonista organizza i Mammut in un corpo speciale capace di difendersi e uccidere chiunque, ninja mammut silenziosi e letali. I bracconieri muoiono. Il cacciatore sopravvive ma solo perché possa tornare nella civiltà e raccontare l'orrore della vendetta dei mammut.