The Substance: un horror vincitore del premio per la migliore sceneggiatura a Cannes è intrigante. 
Normalmente: cominciamo a guardare un film, leggiamo 'Cannes' e 'Premio', sappiamo che il film sarà (molto) probabilmente un marone. 
Regista/sceneggiatrice/produttrice Coralie Fargeat ha realizzato uno dei migliori film dell'anno. 
E' il suo secondo film, precedentemente autrice di Revenge del 2017 che, fino a una manciata di secondi fa, ho sempre creduto essere un remake del film con Kevin Costner del 1990: non lo è e adesso sono curioso di guardarlo. 
E' un body horror aggressivamente violento e splatter di pura exploitation che avrebbe potuto tranquillamente essere stato prodotto in Giappone; ecco, giusto per inquadrarlo: non pensiate a qualcosa tipo Rabid, Species o un qualche film con Megan Fox. 
The Substance punta allo stomaco e a farlo contorcere e ribaltare: parliamo di aghi, sporcizia, pus e geyser di sangue, parliamo di effetti prostetici di grande qualità, deformazioni mostruose e rivoltanti, patetiche, grottesche e ridicole. 
Un livello di orrore visivo assolutamente aldilà di quanto solitamente mostrato nel cinema di genere occidentale. 
NOTA: con il budget di The Substance, i giapponesi farebbero 10 film. 
Sotto questa maschera di vomito, putrescenza e raccapriccio si nasconde uno dei film più brillanti e unici degli ultimi anni: un horror satirico che attacca il mondo dello spettacolo e il culto della bellezza femminile. 
Incredibile scelta di casting, coraggiosa scelta di accettare, Demi Moore interpreta circa se stessa: una ex-bellissima attrice, oggi 50enne eccezionalmente in forma ma sfiorita (e, per una volta, è astutamente meta-narrativo che Moore abbia, in realtà, più di 60 anni e interpreti un personaggio di 10 anni più giovane a sua volta desideroso in tutti modi di sembrare più giovane) che viene messa da parte perché non più capace di far eccitare gli uomini. 
In un attimo, il personaggio di Moore è messo da parte, preso in giro dopo anni di formidabile carriera e luci della ribalta sempre addosso, istantaneamente non è più desiderato, neppure apprezzato e a malapena ricordato. 
Entra in scena una misteriosa organizzazione che rifornisce Moore della 'Substance'. 
Qui cercherò di attenermi allo stretto indispensabile: la sostanza crea un secondo corpo più giovane, bello, generalmente in tutto e per tutto migliore; ci sono delle regole tipo Gremlins che bisogna rispettare perché tutto funzioni correttamente, o incappare in 'problemi'. 
Moore comincia a utilizzare questo secondo corpo per crearsi una nuova carriera ancora più fantastica della precedente e attirare tutti gli sguardi, tutte le luce e tutto il desiderio del mondo. 
Il secondo corpo è interpretato da Margaret Qualley. 
C'è anche un terzo attore nel film, Dennis Quaid. 
Un po' di contesto: Quaid è il produttore capo del Network. E' un orrore di essere umano: pacchiano, sporco, volgare, incapace di veri sentimenti, bugiardo, viscido, lubrico. E' l'incarnazione e la rappresentazione del vecchio maschio privilegiato e lussurioso che vede le donne solo come pezzi di carne. E' una piccola parte, è memorabile. 
La trasmissione che tutti guardano è una specie di versione soft core del "Jane Fonda's Workout": la vecchia di Moore era già provocante come il video musicale di "Physical", la nuova versione di Qualley è pura sexploitation. 
Moore e Qualley offrono due performance superiori: il modo in cui rappresentano il proprio ossessivo narcisismo, la paralizzante insicurezza e dipendenza dallo sguardo degli altri, la certezza con cui scambiano desiderio sessuale per amore, è incredibilmente convincente e brutalmente onesto. 
Il film esagera continuamente, è una distinta scelta stilistica e il motivo per cui sembra così tanto un film orientale di exploitation, e può risultare frequentemente eccessivo, abusare del tempo dello spettatore e della sua capacità di tollerare l'insistente sessualizzazione dei suoi personaggi femminili, ma è tutto perfettamente a servizio del potente messaggio satirico. 
E' certamente un film femminista, perché tutto il suo svolgimento comincia dal modo in cui uomini vecchi trattano e considerano le donne non più giovani, il modo in cui guardano a quelle troppo giovani, e l'effetto degradante e sminuente che ha su di loro. 
Una donna deve essere giovane e bella, sempre perfetta, sexy a comando, ma servizievole e sottomessa.
L'uomo può essere continuamente al suo peggio senza pagare. 
E' certamente un film femminista ma non è un film tenero con le donne e con il suo personaggio protagonista: c'è pietà nello sguardo della regista quando inquadra la discesa nella disperazione e lo straniamento di Moore mentre vive le sue due vite separate, vite che sono separate da/esclusivamente concentrate sui corpi che inabita alternatamente, ma c'è anche inflessibile giudizio e accusa nel mostrare come ogni evento del film sia causato dalla protagonista stessa.
C'è una scena ricorrente nel film: per accedere alla sostanza, la protagonista deve strisciare sotto una serranda che si apre solo parzialmente. La prima volta l'orgogliosa ex-super star non ne vuole sapere di inginocchiarsi e strisciare per terra; la seconda volta diventa più facile, la terza ancora di più; a un certo punto la scena non viene più mostrata, perché strisciare è diventato normale, e il limite di cosa sia disposta a fare è stato spostato molto più in basso.
Il film è pieno di scene come questa: c'è tutta l'idea degli sguardi. 
La protagonista è frequentemente sotto lo sguardo di uomini tutti uguali e senza nome, vuole quegli sguardi e fa di tutto per tenerli su di sé (spesso queste scene sono mostrate in prima persona, prospettiva della protagonista, per far sentire allo spettatore il peso di quegli occhi), ma è il suo stesso sguardo a tenerla inchiodata tutto il film: continuamente, costantemente la protagonista guarda se stessa.  
Ogni momento possibile si guarda allo specchio, si guarda in ogni possibile riflesso anche per strada; il gioco dei poster che si fissano è un'idea geniale (guardare il film per capire). 
Lo sguardo della protagonista su se stessa è capace solo di trovare difetti, è privo di qualsiasi umanità e molto peggiore di quello degli uomini: è senza pietà e senza tregua, impossibile da soddisfare (laddove, invece, quello degli uomini può facilmente, temporaneamente essere soddisfatto). 
Tutto ciò giusto per ricordarvi che è comunque un film vincitore a Cannes, non è un film stupido ed è un film dove la regista è immensamente e potentemente presente con le sue scelte estetiche, le sue idee stilistiche, le sue metafore e immagini intelligenti. 
Ecco, uno dei difetti più fastidiosi del film è quello di considerare i suoi spettatori con poca stima: è uno di quei film che ti regala un'abbondanza di questi brillanti momenti di creatività e arte, e poi sente il bisogno di spiegarteli perché vuole essere sicuro che tu abbia proprio capito bene i suoi messaggi e riconosciuto la sua intelligenza.
E' una produzione MUBI, è stato un flop ma è destinato a diventare un film culto. 
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In un crescendo parossistico, la protagonista smette di considerarsi una mente in due corpi, comincia a odiare se stessa di volta in volta nell'altro corpo fino a iniziare una guerra 'in differita', uno scontro che comincia con cattiverie da vicinato ostile e finisce nel tentativo di ammazzarsi. 
Nel finale, il corpo numero 2 uccide il corpo numero 1 ma non può vivere in modo indipendente e finisce per creare un corpo numero 3, che è una somma deforme e mostruosa tipo la Cosa; succedono cose e muore in un'orgia, difficile usare un termine diverso, di sangue e frattaglie.