A Haunting in Venice: terzo film per il Poirot di Branagh, molto diverso dai precedenti. Innanzitutto, diversamente Orient Express e Nile, è solo vagamente ispirato a uno dei racconti della Christie, Hallowe'en Party: non l'ho letto, ma da quello che ne leggo, A Haunting in Venice potrebbe tranquillamente considerarsi una storia originale.  
E' un giallo, ovviamente, ma è fortemente connotato da atmosfere horror (da cui il titolo) che condizionano ogni aspetto del film dalla regia alla musica, interpretazione degli attori, ambientazione, fotografia, etc etc. 
Inquadrature fisse alla survival horror; scene che accadono nei campi distorti della lente, fuori fuoco; bambini morti e fantasmi, qualche jump scare; Poirot che cerca di analizzare e razionalizzare, non cedere alla tentazione di credere in ciò che sembra, a tutti gli effetti, il caso di una casa infestata.
C'è anche un po' di continuity interna: Poirot estremamente stanco e provato dopo il caso sul Nilo, è in ritiro a Venezia, evita persone, evita di lavorare e non vuole pensare; costretto da una vecchia conoscenza, partecipa a una festa in maschera; muore qualcuno e Poirot è costretto a riprendere il suo ruolo. 
Branagh è eccellente, come sempre, davanti e dietro la macchina da presa; il cast di attori che lo affianca è meno celebre rispetto ai precedenti, niente Depp o Gadot, e la qualità media è anche meno alta: brava Tina Fey, Yeoh e Kelly Reilly poco impegnate, Scamarcio non spiacevole. 
Budget inferiore, buon guadagno. Si parla di un quarto film, ma non è cosa fatta.  
Notevole fotografia di Venezia.
SPOILER SPOILER SPOILER
L'assassino è la madre.