Exit West (Id, 2017): a suo tempo libro di grandissimo successo e diffusione pubblica. Un altro di quei libri che ho deciso di comprare per colpa del Booker prize (non l'ha visto, shortlisted): non mi è dispiaciuto, non mi spingerei a definirlo di mio gusto.
Mi ha sorpreso, dopo averne letto la trama innumerevoli volte, scoprire che quanto raccontato nella quarta di copertina avvenga più o meno tutto entro la prima metà del testo: si inizia con Saeed e Nadia, giovani abitanti di una innominata città mediorientale sull'orlo della guerra civile tra autobombe, miliziani, polizia religiosa, droni spia, etc etc. 
La situazione peggiora e peggiora: i due decidono, insieme a molti altri, di scappare. 
La prima metà del libro, indubbiamente la più interessante, è dedicata al racconto di una giovane relazione tra mussulmani in un contesto di pericolo mortale e imminente caduta del sistema statale: non so quanto ci sia di vero, ma gli aneddoti raccontati sono incredibilmente interessanti e intriganti, specialmente per chiunque non particolarmente preso dal tema; uomini che indossano il burqa, fingendosi donne, per andare a visitare donne con cui hanno relazioni al di fuori delle norme religiose... cose del genere. 
I due personaggi sono astutamente caratterizzati, immediatamente riconoscibili anche al più superficiale degli osservatori: c'è la donna che rifiuta la religione e vuole vivere all'occidentale, libera e ribelle, moderna; c'è l'uomo che crede e ha fede ma in un modo ragionevole e non fondamentalista. 
Il peggioramento della situazione nella città è la causa introduttiva per l'altro tema fondamentale del romanzo: la condizione e i motivi di coloro che scappano, emigrando e immigrando illegalmente in un altro paese per scappare alla persecuzione, alla più o meno certezza della morte. 
Prima di dimenticarmi: c'è un elemento di realismo magico. Ci sono queste porte magiche che 'teletrasportano' da un luogo fisso a un altro lontanissimo: i due, e molti altri insieme a loro, le usano per fuggire dalla città e raggiungere, di volta in volta scacciati e/o alla ricerca di una condizione migliore, luoghi d'immigrazione in Europa e America. 
L'autore è un pakistano britannico Mohsin Hamid e il libro è stato scritto durante il pieno della discussione sulla brexit con intento polemico-educativo, cogliendo l'occasione tematica per attrarre l'interesse pubblico e sensibilizzando, forse, sull'argomento dell'emigrazione.
Dire che sia attuale anche oggi è piuttosto ovvio. 
Ora: nonostante si tratti certamente di uno dei fenomeni sociali più importanti, posso dire di esserne largamente disinteressato; conseguentemente, tutta la seconda parte del libro mi è risultata noiosa e distraente (nel senso che mi distraevo leggendo): ho, comunque, l'impressione ci sia un po' di superficialità nella scrittura dell'autore, ma non è sorprendente considerando le meno di 200 pagine.
Tutto ciò detto, lo ammetto: il vero motivo della mia insoddisfazione nei confronti di Exit West dipende quasi integralmente dal finale della storia d'amore tra i due personaggi. 
L'autore ricorre alla magia per rappresentare, penso, l'idea che fuggire dall'Islam bellicoso sia qualcosa di così difficile e pericoloso che solo un mezzo impossibile può essere utilizzato; è così difficile, i sacrifici sono così tanti, la morte è dietro ogni angolo di strada: riuscire a scappare è così arduo che chi riesce è come se avesse usato la magia. 
SPOILER SPOILER SPOILER
La relazione, però, non si riesce a salvare neppure con la magia. I due si lasciano gentilmente, rimangono affettuosamente legati, ma i motivi del loro amore, sembra suggerire l'autore, dipendevano soprattutto dalla mancanza di scelta e dal contesto di pericolo; una volta arrivati in un 'mondo migliore' hanno entrambi trovato persone migliori con cui trascorrere il proprio tempo. 
Decisamente non ok.