The Whale: gli americani solitamente hanno un nome per ogni cosa, ma non mi pare ci sia un termine specifico per descrivere quel genere di "film drammatici-realizzati-per-i-festival dove l'attore protagonista è imbruttito da un pesante trucco prostetico". 
Guardare the Whale è stata un'esperienza molto prevedibile: tragedia al rialzo di quelli dove tutto va sempre peggio, un attore paradossalmente mascherato per essere più espressivo, irritanti luoghi comuni esclusivamente pensati per far irritare mia moglie.
Qualche giorno fa ne parlavo con un mio amico (mi sono dimenticato di fare il post, l'abbiamo guardato qualche giorno fa) e lui si diceva sorpreso per il ritorno di carriera di Fraser in un ruolo drammatico, avendolo, il mio amico, solo presente per i film della Mummia. 
La carriera di Fraser meriterà certamente un libro biografico di quelli un po' scandalosi dove il sistema di Hollywood è accusato e criticato, ma, ancora più che per la Mummia, personalmente lo ricordo di più per film come Gods and Monsters.
Non mi stupisce sia un capace attore drammatico. 
Il film è un marone. 
Ho apprezzato la caratterizzazione del personaggio studiata da Fraser e, immagino, dal regista: la voce sempre impostata, il tono calmo e attraente da conduttore radiofonico; decisamente meno intrigante il gimmick del peso e del cibo: la rappresentazione è stereotipata e quello che una volta avremmo potuto definire realismo, oggi è solo una lubrica exploitation e personificazione del dolore umano, veicolandolo attraverso il più superficiale immaginario dell'obesità.
Il film è tratto da uno spettacolo teatrale e, come molti altri, è stato impostato per assomigliare a un'opera teatrale nell'unico modo possibile: riducendo il set a una stanza, limitando lo spazio a un unico luogo/stage sul quale si muovo i personaggi entrando/uscendo letteralmente di scena attraverso porte.
The Whale è un film banale perché le scelte visive del regista mancano d'immaginazione: sono facili e assecondano idee popolari poco informate su cosa sia essere e vivere come una persona grassa, sono mediocri da una prospettiva artistica perché così fasulle nella loro ricercata teatralità; la storia è prevedibile, ma sono pronto a concedere non trattarsi di un thriller con la necessità di un colpo di scena, ma è troppo prevedibile perché è sostanzialmente Leaving Las Vegas con il cibo al posto della vodka.
L'apoteosi di tutto ciò è la stupidissima scelta del finale, ma ne parliamo dopo spoiler. 
Tutto ciò detto. 
C'è questo tizio che nella sua vita ha fatto una paio di cazzate rovinose: si è sposato, ha fatto una figlia, ha abbandonato la famiglia perché scopertosi omosessuale, poi gli è morto l'amato partner e ha deciso (per motivi di contrappasso molto poco sensati) di ammazzarsi mangiando a morte. Intorno a lui una serie di personaggi che vanno dalla sassy infermiera asiatica piena di manic energy, che è giusto poco meno offensiva di Mickey Rooney 'vestito' da giapponese; la figlia posseduta dal demonio che è super intelligente ma impossibilmente stronza e, voglio ricordare, l'unica tragedia della sua vita è essere figlia di divorziati: non una motivazione sufficiente a farne una psicopatica; un bizzarro giovane appartenente a una di quelle sette end of times che piacciono agli americani ignoranti, che è presentato come l'opposto della figlia... anche qui dopo spoiler. 
Il film è un marone e una cagata.
SPOILER SPOILER SPOILER
La figlia è cattiva ma, sotto stotto, la sappiamo essere buona e solo bisognosa di un padre: nel finale torna bambina e piange liberata dall'amore; il giovane missionario, invece, posa come una persona buona ma è un ladro bastardo, omofobo e corrotto dalla religione. 
Ah. 
Giusto. 
Il personaggio di Fraser è costantemente presentato come fisicamente disgustoso, rivoltante: ci sono due o tre scene dove estranei lo vedono e scappano ripugnati, o cominciano a fissarlo con feticistica intensità (il pizzaiolo, gli studenti). Fraser è grasso, ma anche omosessuale. 
L'accostamento è, come spesso, discutibile. Curiosamente, l'accostamento omosessualità, tragedia e religione è simile a quello di Knock at the Cabin. 
Il finale! Nel finale, Fraser, liberato dall'amore anche lui, riesce a fare qualche passo senza bisogno del deambulatore, muore in piedi e, nell'immagine del film, si libra leggero come una piuma salvato dalla sua prigione di carne. Due cose: l'immagine che la morte sia l'unica cosa capace di portare leggerezza a una persona grassa è infelice e pericolosa; la scelta di rappresentare la morte come un'ascesa celeste con tanto di luce bianca è terribilmente cristiana e violentemente offensiva. 
Un'altra cosa: la scena è stupidamente ridicola. 
L'uomo enormemente obeso cammina verso la figlia, la raggiunge e muore: il film ci mostra il suo spirito volare via, mentre il suo corpo con ogni probabilità si accascia sulla figlia schiacciandola a morte e provocandole, finalmente questo sì, il trauma necessario a renderla una vera psicopatica per il resto dei suoi giorni.