Im Westen nichts Neues: commercializzato all'estero con il più riconoscibile titolo de "All Quiet on the Western Front", è il secondo adattamento cinematografico dell'omonimo romanzo del 1929.
Uscito su Netflix da pochi giorni, è una produzione tedesca e candidato all'Oscar come migliore film straniero.
La Guerra finì nel 1918; Erich Maria Remarque, veterano sopravvissuto alla guerra, pubblicò il romanzo nel 1929; il famoso film prodotto dagli americani è del 1930 (un po' come Jaws); gli Inglesi realizzarono una serie tv nel 1979; la canzone di Elton John del 1982.
Edward Berger è il regista tedesco, soprattutto di televisione, fattosi carico del considerevole impegno e peso emotivo di realizzare la versione tedesca di una delle più grandi tragedie nella storia dell'umanità.
Più di un secolo per elaborare e ricomporre la colpa, la vergogna, l'umiliazione e tutto il resto del pacchetto che siamo ormai abituati ad associare alla Germania moderna post-guerre mondiali.
E' un film molto ben diretto, realizzato con pienezza di mezzi e budget, ben sceneggiato e recitato, estremamente banale.
E' il solito film di guerra che alterna nell'indecisione tra la poesia e l'orrore della guerra, tra il lirismo della tragedia e il gore di sangue, merda e fango in trincea, tra la potenza del cameratismo tra soldati e la disumanizzante discesa ai più basilari istinti di sopravvivenza.
Immagino sia impossibile farlo altrimenti, suppongo possa anche essere una corretta rappresentazione della realtà.
Il cast degli attori è un misto di famosi tedeschi, il più famoso (in un ruolo molto secondario) è Daniel Bruhl aka Baron Zemo, giovani esordienti e l'occasionale francese. Le scene di guerra sono, inevitabilmente, influenzate e figlie del Soldato Ryan: Spierlberg ha scritto il manuale visivo delle azioni militari di guerra, pochissimi sono riusciti a fare qualcosa di un po' diverso dal 1998 a oggi.
Fury, Dunkirk, pochi altri.
La storia è quella arcinota di uno dei più famosi e diffusi manifesti contro la guerra: un gruppo di giovanissimi tedeschi eccitati dalla propaganda si arruola, raggiunge il fronte e scopre che la guerra vera ha niente a che fare con i Nibelunghi, spade, Dio e la patria; muoiono uno dopo l'altro in azioni militari prive di significato o scopo, comandate da ufficiali completamente distaccati dalla realtà, rincoglioniti e stralunati dallo scoprire la quantità di palle raccontate a casa.
Questo film del 2022 altera parti della storia originale, divergendo anche dal film americano, per aggiungere scene ricorrenti dedicate all'attività diplomatica tedesca impegnata a contrattare una resa incondizionata senza farla sembrare una completa sconfitta.
E' un interessante elemento narrativo, specialmente alla luce della corrente situazione internazionale, che si presta diverse interpretazioni: c'è un evidente aspetto apologetico che sembrerebbe disegnare/rivelare frizioni tra il governo civile e l'apparato militare, con questi ultimi incapaci di accettare la realtà e i primi eroicamente impegnati a chiudere la guerra/salvare vite; potrebbe anche essere visto come un elogio della diplomazia come unico mezzo per fermare i combattimenti, a ogni costo, e una critica dell'onore e altri sentimentalismi opposti al peso delle vite umane e del futuro di una nazione.
E' un po' lungo, quasi 150 minuti, ma il ritmo è sufficientemente serrato da non annoiare; il finale avrebbe potuto essere accorciato di una ventina di minuti con solo benefici.
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