Gastronazionalismo (Id, 2021): mia moglie ha trovato questo libro discusso sui suoi social, o qualcosa del genere, me l'ha suggerito e l'ho comprato e letto. 
Il fulcro di questo libro è un'analisi storica e corrente delle politiche e delle leggi europee e nazionali, italiane ma non solo, correlate alla cultura del cibo. 
E' un libro fortemente critico che vuole dimostrare, attraverso l'utilizzo di svariati esempi di mercato, analisi economiche e dati statistici, quanto siano profondamente inadeguate, a volte anacronistiche, generalmente sbagliate le politiche nazionali ed europee connesse alla promozione e salvaguardia dell'identità culturale di questo o quel cibo. 
Propone delle soluzioni alternative, spiega come andrebbero fatte le cose. 
Non è solo un saggio, è un manifesto controtendenza che mira a fornire gli elementi per comprendere gli errori dei politici europei e nazionali (è un tema ricorrente), e cosa andrebbe invece fatto per valorizzare davvero e gestire al meglio, sviluppare il patrimonio alimentare europeo.
Si comincia parlando dell'Europa che conosciamo: unita solo formalmente, un insieme di identitarismi che fanno di tutto per distinguersi, che vogliono siano gli altri a conformarsi e adattarsi; procede esprimendo l'idea fortemente polemica e molto rara in pubblico che il concetto di nazione, oggi, sia limitante, auto-limitante, non esattamente superfluo ma rappresenti un modo spaventato di rapportarsi al mondo.
Boom. 
A questo punto è necessario chiarire immediatamente un punto: questo non è un libro politicamente schierato contro i sovranisti, conservatori di destra o altri simili, è un libro che ce l'ha assolutamente con tutti, perché anche i progressisti di sinistra sono sempre pronti a riempirsi la bocca di patriottismo e nazionalismo. 
Personalmente, per me, è un concetto facilissimo da capire: a differenza di Gaber, sono serio quando dico di non sentirmi italiano, di avere zero interesse nella patria e anzi trovare assolutamente ridicole tutte le dichiarazioni di onore e orgoglio nazionale, dal presidente della repubblica alla nazionale di calcio. 
Partendo da questa premessa, vi aspettereste gli autori essere dirigenti di McDonalds promotori della globalizzazione più sfrenata, invece sono un professore e una (sua?) ex-studentessa laureata dell'Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo (la mia geografia è pessima, ho dovuto cercare: Pollenzo è in provincia di Cuneo), persone che collaborano/hanno collaborato con Slow Food e studiano esattamente questa materia.
Veniamo alla meat del libro: si analizzano e racconta la storia di come siano venute a essere le varie sigle DOP, IGP e tutte le altre forme di protezione alimentare che conosciamo; la teoria fondante del libro è sintetizzabile con un: abbasso la geografia delle nazioni, evviva l'identità. 
NOTA: è un libro pieno di citazioni riportate interamente e di estratti da leggi specifiche, spiegate e commentate. E' un libro interessante, molto poco divertente.
C'è un entusiasmante capitolo dedicato alla 'finzione europea' che la nostra cultura sia una strada a una corsia sola da Atene a Roma passando per Cristo, una finzione che ignora l'immane influenza e profonda penetrazione avute da paesi come gli USA, la Russia e la Cina, etc.
Si parla, naturalmente, tantissimo di globalizzazione, difesa e differenze tra patrimonio e heritage: dove il patrimonio è sostanzialmente qualcosa di statico non contestualizzato che si difende ideologicamente, mentre l'heritage è una tradizione tramandata che evolve e cambia nel tempo. 
Segue una serie svariata di esempi e storie: per ogni Prosciutto di Parma o Parmigiano Reggiano correttamente protetti e gestiti da un adeguato impianto di leggi, ci sono salumi e formaggi ignoti che, invece, subiscono danno dalle stesse infrastrutture politiche e legali.
C'è una storia di Francia e della catena di fast food 'Quick' che decise di sperimentare un menù realizzato seguendo le indicazioni halal, perché in Francia è pieno di mussulmani che non vanno nei fast food, causando un finimondo da guerra civile; si parla negativamente anche di Slow Food e altri esempi di associazioni private ancora più cieche e restrittive delle istituzioni pubbliche. 
C'è l'esempio di quando Cipro tentò di farsi attribuire la proprietà del formaggio Halloumi (quasi) causando una guerra con tutte le nazioni vicine (e anche lontane) pronte a vantare e difendere la stessa paternità del prodotto.
C'è il caso ridicolo della Piadina Romagnola... cos'è una Piadina Romagnola? C'è differenza tra la Piadina Romagnola che compri lungo mare a Riccione e quella che compri dal banco frigo del supermercato? Quale difende la legge? Cosa succede se una fabbrica che produce piadina industriale non è in Romagna? 
Il libro chiude in un crescendo di storie sempre più ridicole, ma serissime che coinvolgono grandi quantità di soldi e persone. 
Il caso della Focaccia di Recco e dell'Expo di Milano comincia con una legge che dichiara la Focaccia di Recco producibile solo a Recco, finisce con i fornai di Recco arrestati a Milano per aver osato produrre focaccia fresca fuori da Recco.
Il caso bizzarro al limite di Idiocracy dell'aceto balsamico: "Aceto", "Balsamico", "Tradizionale", "Modena", "Reggio Emilia" sono parole che combinate in questo o quel modo possono ricadere sotto la protezione di una o un'altra legge dando vita a enorme confusione; è la quinta denominazione italiana più conosciuta al mondo ed è sostanzialmente una truffa legalizzata. 
Come dicevo: non è un libro divertente ed è un libro che ti fa passare la voglia di andare a votare, ma è molto interessante.