Abbandonare un Gatto (Neko o suteru chichioya ni tsuite kataru toki, 2019): Einaudi qui ha fatto qualcosa di strano. 
Non sono in grado di ricostruire completamente la genesi di questo libro, ma cercherò almeno di elencare i fatti. 
Nel 2019, Haruki Murakami pubblicato su Bungei Shunju, celebre magazine giapponese, il qui presente racconto breve; l'autore, per la prima volta in una forma non di fiction, racconta della propria vita e famiglia. 
Il titolo inglese accompagna "Abandoning a Cat" con un "Memories of My Father". 
Nello stesso 2019, il racconto viene pubblicato in traduzione inglese sul New Yorker
Per il New Yorker lavora l'illustratore italiano Emiliano Ponzi
La pubblicazione americana viene accompagnata da un'illustrazione di Ponzi. 
A questo punto, ipotizzo, entra in scena Einaudi. 
Il racconto viene tradotto dal giapponese all'italiano da Antonietta Pastore, e a Ponzi vengono commissionate, sempre ipotizzo, una decina (non le ho contate e sono troppo pigro per farlo) di nuove illustrazioni da affiancare al testo.
L'insieme di questi due sforzi diventa un libricino illustrato meno di 100 pagine: un "Murakami inedito" proclama la fascetta che lo abbraccia. Un'edizione unica per il mercato italiano.
Mi è stato regalato per il mio compleanno, se non me l'avessero regalato prima o poi l'avrei comprato.
Si legge in un'ora... perdendo tempo a guardare le illustrazioni. 
Il racconto è un breve riassunto della vita del padre dell'autore: cresciuto per diventare prete, diventato soldato nella seconda guerra contro la Cina, sopravvissuto alla Seconda Guerra Mondiale, tornato a casa per diventare professore di giapponese e poeta amatoriale di haiku. 
Rapporto conflittuale con il figlio, ma è l'autore stesso a dirci di non voler parlare di questo: non del conflitto tra loro, ma del padre defunto e della sua vita complessa ma normale. 
Gli aneddoti cronologici sulla vita del padre sono un misto di storie sentire e ricordate dall'autore, e storie ricostruite dall'autore dopo la morte del padre intervistando famigliari e facendo un po' di ricerca documentaria.
Murakami è onesto nel presentarci i suoi ricordi: sono di quando era bambino, sono passati molti decenni e sono frammentari, incompleti e incerti. Offrono più un'idea che una descrizione provata. 
Il percorso del padre è chiaramente emblematico e l'autore offre una sparuta contemplazione della guerra: un uomo cresciuto in ambiente di religiosi, destinato a succedere al tempio, che diventa un soldato, testimone e agente di violenza e crudeltà, che torna a casa e decide di dedicarsi all'arte. 
Murakami cerca di vendercelo con una frase che il marketing estrae dal libro "figlio qualunque di un uomo qualunque", ma è ovvio l'orgoglio dell'autore e lo stupore nello scoprire un padre così vissuto e contraddittorio. 
Si legge bene, ci sta bene dopo aver visto gli 800 di Shanghai, e risuonerà facilmente con chi abbia avuto un rapporto conflittuale con il proprio padre, morto prima di poterlo risolvere ma soprattutto prima di aver voglia di farlo, se mai.