Samurai's Promise (Chiri Tsubaki): aka Falling Camellia. Molti commentatori l'hanno giustamente accostato alla trilogia di Yoji Yamada iniziata con l'incredibile Tasogare Seibei del 2002.
Yamada ha certamente stabilito uno standard stilistico per i moderni jidaigeki, e Samurai's Promise vi si appoggia senza dubbio, ma è molto più di un pedissequo imitatore.
Ci sono innumerevoli differenze che lo discostano dall'asciutto lirismo visivo di Yamada.
Uscito nel 2018, è l'ultimo film di Daisaku Kimura: il regista dell'originale Japan Sinks ha sufficiente pelo sullo stomaco ed esperienza sulle spalle da poter fare proprie alcune istanze visive di Yamada e applicarle alle proprie caratteristiche.
Ecco, quindi, che in Samurai's Promise i combattimenti sono molto più frequenti e sanguinari, gli affetti sono molto più appassionati e vistosi, i personaggi parlano molto di più e non si rassegnano a stoiche sopportazioni.
In pratica, dopo alcune fotografie onestamente accostabili a Yamada, il resto del film è completamente diverso e altro.
C'è il solito clan nei guai a causa di un diffuso stato di corruzione: otto anni prima, uno dei samurai più in vista del clan, aveva denunciato uno dei suoi superiori. Denuncia caduta nel vuoto e il samurai si auto-esilia con la moglie nel solito buco di culo giapponese nel nord dove, puntualmente, la moglie si ammala e muore.
Prima di morire, la moglie vincola il marito con una promessa.
La promessa è duplice e, inizialmente, ce ne viene mostrata solo una parte.
Conseguenza di questa promessa, il nostro samurai torna in seno al clan e il suo arrivo capita esattamente nei giorni in cui l'interna lotta di potere raggiunge il suo climax violento.
Il samurai è conosciuto come The Blade Demon ed è una macchina di morte inarrestabile: amici e nemici di allora non sanno come comportarsi, affetti e odi di allora torneranno a galla causando una reazione a catena di violenze e alleanze.
Il nostro protagonista è interpretato da Junichi Okada e non è il solito samurai dal triste sguardo di ghiaccio: nope. Il nostro eroe è pieno di ardente passione, facile all'ira, costantemente aggravato dal lutto per la dipartita dell'adoratissima moglie, roso dalla gelosia per una storia di triangolo amoroso risalente al passato: è un personaggio estremamente vivace, un protagonista in senso stretto capace di calamitare e pilotare tutta la storia.
Gli altri personaggi mancano, se volete, di spessore: mancano di quella doppiezza emotiva che spesso caratterizza le storie di samurai. I cattivi sono totalmente cattivi, i buoni sono completamente buoni.
Magari il nostro protagonista ha qualche dubbio su quali siano i cattivi e quali i buoni, ma non lo spettatore. C'è una freschezza inaspettata nell'eroe che si comporta come tale o nel burocrate buono che rimane buono fino alla fine senza rivelare segrete turpitudini.
Il film, però, è tutt'altro che semplice o superficiale.
Il ritorno a casa dell'eroe dura un anno, vediamo passare le 4 stagioni con le solite belle fotografie e mutamento del paesaggio. Le promesse del marito alla moglie sono costantemente rivelate come più complesse e inattese di quanto apparentemente richiesto dalle loro mere parole.
La love story tra l'eroe e la moglie viene raccontata attraverso flashback e dialoghi tra i personaggi: l'attenzione alla struttura e allo svelamento dei dettagli è una parte centrale della narrazione, e non è certamente una cosa comune in questo genere di film. Tanto esplicita quanto affezionata.
Il combattimento finale è galattico. A sberle in faccia: dirò solo questo.
E' tratto da un romanzo non disponibile all'estero.
SPOILER SPOILER SPOILER
Muoiono tutti tranne l'eroe, i suoi altri famigliari e il nuovo lord.