Lo Sbiancamento dell'Anima (Id, 2019): 55 memorie personali e 12 racconti inventati. Autore: Rocco Tanica.
I racconti sono inconsistenti nell'economia del libro: è un libro autobiografico e raramente sparpagliati tra le pagine ci sono un paio di nonsense narrativi.
Le memorie sono raggruppate per eventi non in ordine cronologico: la prima parte, per esempio, è tutta incentrata sul racconto consecutivo di un viaggio in America nel 1985. La seconda è il racconto dell'infanzia. Alcune parti sono aneddoti di carriera musicale, il finale è prevalentemente dedicato alla depressione e i problemi di salute che lo portarono a semi-ritirarsi dagli EelST qualche anno prima dello scioglimento.
Gli aneddoti sono generalmente comici di quella commedia tipica di chi racconta storie della propria vita con l'intento di far ridere gli altri prendendo in giro se stesso.
Lo stile di questa commedia è largamente composto da giochi di parole che ricordano una versione più nazional popolare (poverella) di Bergonzoni.
C'è un continuo sfoggio di educazione intellettualoide, cosa nella quale mi ritrovo, che solleva il dubbio non fosse il melomane Elio il più montato del gruppo.
La seconda parte, quella dedicata più interamente all'infanzia, è quella dove mi sono inaspettatamente ritrovato, con tanto di vera commozione personale: le dichiarazione di aver preferito Zora la Vampira alla Gazzetta dello Sport (a me e a Rocco Tanica è sempre piaciuta più la figa del calcio), la caccia agli adesivi promozionali/pubblicitari dei negozi.
Potrei aggiungere una riflessione a caso sulla distanza tra generazioni: quasi impercettibile tra i nati negli anni 60 e quelli negli 80, gigantesca e crescente nei decenni successivi... ma preferisco godermi il senso di nostalgia evocato dagli aneddoti.
L'amarcord è uno dei temi costanti del libro: Italia che fu.
Non evita di parlarne, ma li cita di rado e sempre in modo marginale: fa strano che Tanica non parli degli Elio e le Storie Tese. Difficile da capire, specialmente nei capitoli dedicati al racconto della carriera musicale, ma forse psicologicamente facile da capire, narrativamente difficile da giustificare.
Sono 500 e rotte pagine. L'ho letto con piacere crescente, poi decrescente nell'ultimo paio di capitoli: è quasi imbarazzante non aver trovato interessanti le sofferte confessioni di vita da depresso, ma è vero.
Il titolo è geniale. Mia moglie ha enormemente e ripetutamente apprezzato la copertina. L'ho letto volentieri.
I racconti sono inconsistenti nell'economia del libro: è un libro autobiografico e raramente sparpagliati tra le pagine ci sono un paio di nonsense narrativi.
Le memorie sono raggruppate per eventi non in ordine cronologico: la prima parte, per esempio, è tutta incentrata sul racconto consecutivo di un viaggio in America nel 1985. La seconda è il racconto dell'infanzia. Alcune parti sono aneddoti di carriera musicale, il finale è prevalentemente dedicato alla depressione e i problemi di salute che lo portarono a semi-ritirarsi dagli EelST qualche anno prima dello scioglimento.
Gli aneddoti sono generalmente comici di quella commedia tipica di chi racconta storie della propria vita con l'intento di far ridere gli altri prendendo in giro se stesso.
Lo stile di questa commedia è largamente composto da giochi di parole che ricordano una versione più nazional popolare (poverella) di Bergonzoni.
C'è un continuo sfoggio di educazione intellettualoide, cosa nella quale mi ritrovo, che solleva il dubbio non fosse il melomane Elio il più montato del gruppo.
La seconda parte, quella dedicata più interamente all'infanzia, è quella dove mi sono inaspettatamente ritrovato, con tanto di vera commozione personale: le dichiarazione di aver preferito Zora la Vampira alla Gazzetta dello Sport (a me e a Rocco Tanica è sempre piaciuta più la figa del calcio), la caccia agli adesivi promozionali/pubblicitari dei negozi.
Potrei aggiungere una riflessione a caso sulla distanza tra generazioni: quasi impercettibile tra i nati negli anni 60 e quelli negli 80, gigantesca e crescente nei decenni successivi... ma preferisco godermi il senso di nostalgia evocato dagli aneddoti.
L'amarcord è uno dei temi costanti del libro: Italia che fu.
Non evita di parlarne, ma li cita di rado e sempre in modo marginale: fa strano che Tanica non parli degli Elio e le Storie Tese. Difficile da capire, specialmente nei capitoli dedicati al racconto della carriera musicale, ma forse psicologicamente facile da capire, narrativamente difficile da giustificare.
Sono 500 e rotte pagine. L'ho letto con piacere crescente, poi decrescente nell'ultimo paio di capitoli: è quasi imbarazzante non aver trovato interessanti le sofferte confessioni di vita da depresso, ma è vero.
Il titolo è geniale. Mia moglie ha enormemente e ripetutamente apprezzato la copertina. L'ho letto volentieri.
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