The City in the Middle of the Night (Id, 2019): è il secondo romanzo di Charlie Jane Anders. Una delusione. In realtà sarebbe il terzo romanzo, ma è il secondo della sua 'vera' carriera da scrittrice.
Il precedente mi era piaciuto tanto.
Questo non è un seguito, è una nuova storia ma, a mio modesto parere, un passo indietro intellettuale.
E' una vicenda edgy, lgbt e piena di angst sviluppata in un setting fantascientifico classico pieno di speculazioni esistenziali, iperboli socio-economiche e parodie umane.
La Anders aveva scritto un gioiello di storia d'amore urban scifi/fantasy, tre anni dopo ritorna con una specie di manifesto culturale travestito da romanzo... ma la Anders non è Huxley né Stephenson, Harkaway o Mieville.
Il risultato è una noia di romanzo d'affermazione femminile decisamente YA nei toni, scritto per risuonare nei cervelli non completamente formati di teens con dubbi d'identità sessuale, probabilmente coinvolti in relazioni tossiche fatte di ansie e pulsioni senza direzione o causa.
E' la storia di 4 donne e 3 città.
La narrazione passa in modo eccessivamente lineare da una città alla successiva, ogni volta rimescolando lo status quo e insistendo pesantemente su come l'ambiente sia attivamente in grado di modificare caratteri, relazioni, simpatie e antipatie.
Faccio un passo a monte: coloni spaziali cercano nuovo pianeta. Trovano pianeta relativamente abitabile che non ruota. Idea estremamente poco originale di un pianeta con un lato rovente sempre al sole e un lato glaciale sempre di notte, un'unica fascia abitabile intorno all'equatore: questa idea è stata recentemente vista nell'adattamento animato di Astra Lost in Space, ma pianeti di questo tipo sono veramente idee abusate che risalgono ad Asimov e le sue storie di Mercurio.
Un sacco di tempo dopo, tutti i coloni sopravvissuti vivono separati in due città.
La prima città è Orwelliana: è sul lato notte ed è una città di perenne controllo dove tutti gli abitanti vivono secondo un regime cronometrato al secondo che impone lavoro, sonno e non tollera il minimo sgarro. Uno stato di polizia comunista.
Il libro alterna in modo regolare capitoli di lunghezza variabile dedicati alle 2 protagoniste, ognuna delle quali possiede una co-protagonista fissa: ancora una volta in modo eccessivamente banale, le vicende partono separate per poi intrecciarsi.
La prima protagonista proviene da questa città: è una povera studentessa innamorata della più figa della scuola. E' una lesbica che non capisce di esserlo in un contesto sociale dove semplicemente non esiste riconoscimento per qualsiasi cosa non intesa alla sopravvivenza della comunità, la super figa è invece una stronza bisessuale egocentrica e convinta di essere prescelta a cambiare il mondo.
Ok.
Succedono un po' di cose e la nostra studentessa diventa amica delle creature indigene del pianeta: gli umani le considerano bestie violente senza intelligenza, in realtà sono super intelligenti e super avanzate tecnologicamente.
In questa città arriva la nostra seconda protagonista: proviene dalla seconda città ma, come la prima protagonista, è presto caratterizzata non come una rappresentante di quella società ma come l'ultima superstite di una terza società umana di nomadi. Questa seconda protagonista si accompagna a un'altra donna che è, invece, diretta espressione della seconda città.
L'impianto, quindi, è ridicolmente geometrico: due coppie dalle prime due città. Il membro meno importante di entrambe le coppie è la rappresentazione tipo di queste due città, l'altra è invece rappresentazione di due società ulteriori e alternative: una completamente aliena, l'altra... mah... degli zingari hippy.
Le due coppie sono in una relazione: la prima è decisamente tossica, la seconda è normale nella misura in cui le due donne sono in sintonia ma hanno perso passione (semplifico) e vanno avanti per inerzia e mancanza di coraggio.
Succedono cose e tutte e quattro si spostano nella seconda città: questa è nel lato più soleggiato, diciamo, ed è una città di anarchia e nobili, differenze sociali gigantesche, mercati neri e bugiardi etc etc.
Le due città sono simboli archetipi e paradossali di sistemi sociali esagerati: una di ordine eccessivo, una di disordine nichilistico. In entrambe ci sono movimenti giovanili contro il sistema ed elite al potere.
Nella sua parte finale, le protagoniste visitano la città degli alieni (che è effettivamente la Midnight City del titolo) che, per farla breve, è una cultura tipo quella dei marziani di Straniero in Terra Straniera.
...non trovo una sola idea originale in questo libro. La Anders ha citato chiunque e qualsiasi cosa, rimescolando il tutto però attraverso una lente dei 'nostri tempi' fatta di ansie giovanili poco interessanti e sessualità tarpate.
Il finale è orrendamente aperto. Aperto 'aperto' nel senso di quasi mi aspetto di vederne un seguito.
La Anders aveva scritto un libro prodotto, sembrerebbe, dagli aspetti più positivi della sua immaginazione; questo sembra il libro scritto da un'attivista sociale disperata dopo anni di amministrazione repubblicana. Sembra scritto con la presunzione di presentarsi come la nuova voce della fantascienza sociale in diretta successione a Heinlein e gli altri citati più sopra.
SPOILER SPOILER SPOILER
La studentessa diventa un ibrido alieno e un messia inviato tra gli umani per spiegare loro come sopravvivere su questo pianeta (abbandonando la propria umanità malvagia, in sintesi); la sua amica stronza diventa regina della città notturna e sua arcinemica. L'altra protagonista diventa la prima seguace del nuovo messia dopo aver scoperto, grazie a un capitolo intero ingenuamente e stupidamente dedicato a spiegare tutti i misteri, che sono stati gli alieni a spazzare via i rom (è complicato). L'altra co-protagonista decide di seguire anche lei e il libro si ferma con la sua conversione.
Il precedente mi era piaciuto tanto.
Questo non è un seguito, è una nuova storia ma, a mio modesto parere, un passo indietro intellettuale.
E' una vicenda edgy, lgbt e piena di angst sviluppata in un setting fantascientifico classico pieno di speculazioni esistenziali, iperboli socio-economiche e parodie umane.
La Anders aveva scritto un gioiello di storia d'amore urban scifi/fantasy, tre anni dopo ritorna con una specie di manifesto culturale travestito da romanzo... ma la Anders non è Huxley né Stephenson, Harkaway o Mieville.
Il risultato è una noia di romanzo d'affermazione femminile decisamente YA nei toni, scritto per risuonare nei cervelli non completamente formati di teens con dubbi d'identità sessuale, probabilmente coinvolti in relazioni tossiche fatte di ansie e pulsioni senza direzione o causa.
E' la storia di 4 donne e 3 città.
La narrazione passa in modo eccessivamente lineare da una città alla successiva, ogni volta rimescolando lo status quo e insistendo pesantemente su come l'ambiente sia attivamente in grado di modificare caratteri, relazioni, simpatie e antipatie.
Faccio un passo a monte: coloni spaziali cercano nuovo pianeta. Trovano pianeta relativamente abitabile che non ruota. Idea estremamente poco originale di un pianeta con un lato rovente sempre al sole e un lato glaciale sempre di notte, un'unica fascia abitabile intorno all'equatore: questa idea è stata recentemente vista nell'adattamento animato di Astra Lost in Space, ma pianeti di questo tipo sono veramente idee abusate che risalgono ad Asimov e le sue storie di Mercurio.
Un sacco di tempo dopo, tutti i coloni sopravvissuti vivono separati in due città.
La prima città è Orwelliana: è sul lato notte ed è una città di perenne controllo dove tutti gli abitanti vivono secondo un regime cronometrato al secondo che impone lavoro, sonno e non tollera il minimo sgarro. Uno stato di polizia comunista.
Il libro alterna in modo regolare capitoli di lunghezza variabile dedicati alle 2 protagoniste, ognuna delle quali possiede una co-protagonista fissa: ancora una volta in modo eccessivamente banale, le vicende partono separate per poi intrecciarsi.
La prima protagonista proviene da questa città: è una povera studentessa innamorata della più figa della scuola. E' una lesbica che non capisce di esserlo in un contesto sociale dove semplicemente non esiste riconoscimento per qualsiasi cosa non intesa alla sopravvivenza della comunità, la super figa è invece una stronza bisessuale egocentrica e convinta di essere prescelta a cambiare il mondo.
Ok.
Succedono un po' di cose e la nostra studentessa diventa amica delle creature indigene del pianeta: gli umani le considerano bestie violente senza intelligenza, in realtà sono super intelligenti e super avanzate tecnologicamente.
In questa città arriva la nostra seconda protagonista: proviene dalla seconda città ma, come la prima protagonista, è presto caratterizzata non come una rappresentante di quella società ma come l'ultima superstite di una terza società umana di nomadi. Questa seconda protagonista si accompagna a un'altra donna che è, invece, diretta espressione della seconda città.
L'impianto, quindi, è ridicolmente geometrico: due coppie dalle prime due città. Il membro meno importante di entrambe le coppie è la rappresentazione tipo di queste due città, l'altra è invece rappresentazione di due società ulteriori e alternative: una completamente aliena, l'altra... mah... degli zingari hippy.
Le due coppie sono in una relazione: la prima è decisamente tossica, la seconda è normale nella misura in cui le due donne sono in sintonia ma hanno perso passione (semplifico) e vanno avanti per inerzia e mancanza di coraggio.
Succedono cose e tutte e quattro si spostano nella seconda città: questa è nel lato più soleggiato, diciamo, ed è una città di anarchia e nobili, differenze sociali gigantesche, mercati neri e bugiardi etc etc.
Le due città sono simboli archetipi e paradossali di sistemi sociali esagerati: una di ordine eccessivo, una di disordine nichilistico. In entrambe ci sono movimenti giovanili contro il sistema ed elite al potere.
Nella sua parte finale, le protagoniste visitano la città degli alieni (che è effettivamente la Midnight City del titolo) che, per farla breve, è una cultura tipo quella dei marziani di Straniero in Terra Straniera.
...non trovo una sola idea originale in questo libro. La Anders ha citato chiunque e qualsiasi cosa, rimescolando il tutto però attraverso una lente dei 'nostri tempi' fatta di ansie giovanili poco interessanti e sessualità tarpate.
Il finale è orrendamente aperto. Aperto 'aperto' nel senso di quasi mi aspetto di vederne un seguito.
La Anders aveva scritto un libro prodotto, sembrerebbe, dagli aspetti più positivi della sua immaginazione; questo sembra il libro scritto da un'attivista sociale disperata dopo anni di amministrazione repubblicana. Sembra scritto con la presunzione di presentarsi come la nuova voce della fantascienza sociale in diretta successione a Heinlein e gli altri citati più sopra.
SPOILER SPOILER SPOILER
La studentessa diventa un ibrido alieno e un messia inviato tra gli umani per spiegare loro come sopravvivere su questo pianeta (abbandonando la propria umanità malvagia, in sintesi); la sua amica stronza diventa regina della città notturna e sua arcinemica. L'altra protagonista diventa la prima seguace del nuovo messia dopo aver scoperto, grazie a un capitolo intero ingenuamente e stupidamente dedicato a spiegare tutti i misteri, che sono stati gli alieni a spazzare via i rom (è complicato). L'altra co-protagonista decide di seguire anche lei e il libro si ferma con la sua conversione.
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