Lost in Starlight: è il primo film animato coreano prodotto da Netflix. 
L'animazione cinese è storia di ieri, il futuro è in Korea (apparentemente). 
Le informazioni disponibili sono estremamente limitate, peggio che per l'animazione cinese: la regista è una tale Han Ji-won (da non confondersi con lo sceneggiatore di Parasite), le voci degli attori protagonisti sono di Kim Tae-ri (già in Space Sweepers, sempre Korea per Netflix) e un attore tv Hong Kyung a me ignoto. 
L'animazione è prodotto da Climax Studio. Non trovo un sito ufficiale: la totale assenza web mi fa pensare a uno studio messo insieme solo per realizzare questo film. 
Tutto ciò detto. 
Lost in Starlight è una storia d'amore tra 2 stereotipi molto noti e riconoscibili: lei è un'astronauta in lotta per essere selezionata per la prossima missione su Marte, lui è un aspirante musicista di talento; entrambi sono in un momento di crisi e stallo nelle rispettive vite/carriere, la relazione li trasporterà in una nuova prospettiva rinnovandone le energie. Qualcosa del genere. 
Qualche considerazione sparsa: è una relazione tra personaggi adulti, è una storia d'amore molto positiva che mi ha rallegrato e riscaldato. L'ho molto apprezzata. 
Lui è un personaggio e una vicenda come se ne trovano un tanto al chilo in Giappone ogni anno, non è certo l'elemento del film a cercare una via genuinamente coreana di fare animazione; lei rappresenta la tipica storia di astronauti metafisici come se ne incontrano regolarmente a Hollywood. 
Ecco, l'aspetto squisitamente coreano di questo film è proprio la sua sensibilità internazionale: come abbiamo variamente osservato nel corso degli anni parlando di produzioni coreane in genere, sono gli asiatici con la sensibilità più vicina a quella occidentale. 
L'aspetto tipico dei coreani, sto cercando di dire offendendo un'intera nazione, è quello di essere i meno asiatici/più occidentali del sudest asiatico. 
Visivamente, Lost in Starlight è estremamente ben realizzato: assomiglia a un anime, ma sostiene senza difficoltà una sua diversità estetica tanto nella caratterizzazione dei personaggi, quanto nella rappresentazione degli ambienti.
A proposito di quanto dicevamo più sopra, molta parte del film è ambientata in una Seoul che potrebbe essere una versione luminosa e ottimista della Los Angeles di Blade Runner, molta altra è semplicemente e direttamente in America. 
Sfortunatamente, anche Lost in Starlight ha scelto di bilanciare le necessità di budget rinunciando a frame qua e là: non è basso frame rate tutto il tempo, come il recente Predator per intenderci, ma solo durante scene minori (il che è più fastidioso perché più visibile). 
Ah: impossibile non osservare alcune similitudini estetiche e narrative con Entergalactic. 
Non è certo improbabile che Netflix abbia input e opinioni su cosa produrre, e i risultati finali possiedano una certa omogeneità di sensibilità. 
Mi è piaciuto, ma il finale avrebbe potuto essere meno prevedibile, meno smaccatamente modellato su originali USA.
SPOILER SPOILER SPOILER
Nel finale, c'è un momento di dramma così stupidamente prevedibile da essere una macchia scarlatta sulla non malvagia sceneggiatura; la protagonista compie una serie di scelte stupide una dopo l'altra, poi c'è un momento di miracolo-dell'amore-che-valica-le-dimensioni-del-tempo-e-dello-spazio e tutto si risolve bene. 
Estasiato il film sia finito bene e non in tragedia. Lei torna, lui diventa famoso: si amano.