Perfect Days: il film giapponese di Wim Wenders. 
Conversazione tra me e Moglie a fine film: (io) "sembra la parodia di un film artistico impegnato", (Moglie) "tutti i film artistici impegnati sembrano parodie". 
...ed è un po' vero: camera ferma per decine di secondi sulle stesse fronde in movimento, lunghi primi piani, narrazione ricorsiva, dialoghi rarefatti, etc etc. 
Esiste un repertorio di idee che identifica il tipico film artistico occidentale; questo repertorio di idee è estremamente simile, si sovrappone largamente al modo di fare cinema in Giappone. 
Io: chissà perché Wenders ha deciso di fare un film giapponese. Moglie: perché i suoi film e quelli giapponesi sono uguali. 
Tutto ciò detto, il miglior complimento che posso fare al film: la genialità di Wenders e l'eccezionalità della performance di Yakusho non ci hanno mai fatto desiderare interrompere/mandare avanti veloce; il film è esattamente come ho detto sopra, ma è straordinariamente godibile, persino avvincente e riesce, incredibilmente, a rapire l'attenzione. 
Il Tokyo Toilet Project è una cosa davvero esistente, ha un sito in inglese: sono 17 cessi pubblici sparsi per Shibuya creati da altrettanti (in realtà 16) designer giapponesi, simbolo dell'ospitalità turistica di Tokyo. 
Koji Yakusho è un cleaner di questi cessi pubblici. 
Il film segue all'incirca 2 settimane della sua vita, giorno dopo giorno dalla sveglia al mattino fino all'addormentarsi la notte (a dirla tutta, anche la notte mentre sogna). Il personaggio di Yakusho, come qualsiasi lavoratore e la maggior parte degli esseri umani, ha una routine precisa e ripetitiva, probabilmente accentuata dal vivere solo. 
Ogni giorno sembra uguale, quasi fosse un time loop, ma ogni giornata possiede il suo piccolo o grande evento occasionale, incidente o imprevisto, occasione di inaspettato contatto umano, atto di gentilezza o momento di sofferenza. 
La sceneggiatura è originale di Wenders scritta a 4 mani con un giapponese, probabilmente per motivi di adattamento e correttezza culturale. 
Ci sono alcuni personaggi secondari, ma Yakusho è sostanzialmente inquadrato per 2 ore di fila, ed è uno spettacolo. 
Inizia il film e ti viene da prenderlo per il culo, perché pulisce cessi ma sorride, perché conduce un'esistenza umile ma si rallegra per un gioco di luce e riflessi tra le foglie del panorama urbano; il film prosegue e questa sua interpretazione si stratifica: c'è una scena del film dove si parla di ombre se diventano più scure sovrapponendosi, l'interpretazione di Yakusho lo fa. 
Le scene si ripetono seguendo la routine del suo personaggio, ogni volta c'è qualcosa di differente e improvvisamente è impossibile non identificarsi. 
Wenders non rinuncia a raccontarci qualcosa di questo personaggio attraverso alcune piccole scene e indizi lasciati qua e là, rendendolo progressivamente meno anonimo e togliendogli un po' di mistero: avrei preferito quelle di Yakusho restare idiosincrasie e caratteristiche senza una motivazione nota. 
In questo senso, Wenders tradisce la sua origine e il bisogno occidentale di over-raccontare.
La colonna sonora è notevole, non tanto per la qualità classica dei suoi pezzi, ma è quasi una forma di meta-narrazione: ogni mattina, il personaggio di Yakusho seleziona accuratamente quale album ascolterà per il resto della giornata; l'album è la nostra colonna sonora. 
Le canzoni non sono scelte a caso: sono scelte dal personaggio e allo stesso tempo raccontano qualcosa di ciò che succederà nel corso della giornata o sta accadendo in quel momento.
Sì, non è l'idea che ti viene una sera mentre stai seduto sulla tazza. Ci vuole quel certo talento per pensare una cosa così. 
Apoteosi di questo concetto è il finale del film. 
La prima metà di Perfect Days, guardandolo alla cieca, è indistinguibile da un qualsiasi film drammatico giapponese; la seconda metà si sposta su una rappresentazione più personale del regista. 
Ci vuole dell'esperienza di vita per apprezzare Perfect Days, bisogna aver vissuto felicità e disperazione, aver guadagnato e perso; è necessario conoscere la sicurezza delle routine, l'imbarazzo dell'altra umanità e la comune normalità di un po' di empatia. 
Il finale è molto poco giapponese, è memorabile e onestamente commovente. 
SPOILER SPOILER SPOILER
Non muore.