Pensieri Lenti e Veloci (Thinking - Fast and Slow, 2011): non avevo letto informazioni sull'autore, prima di scrivere questo post e leggere il libro, quindi avevo trovato strano un passaggio tematico all'interno del volume che, ora/invece, mi risulta chiaro. 
Daniel Kahneman è un psicologo ed economista americano di origine israeliana, vincitore del Nobel per l'economia. 
Non lo sapevo, l'avessi saputo probabilmente non l'avrei preso: la mia opinione del Nobel è generalmente negativa. 
Veniamo a noi. 
E' un saggio sul processo decisionale, il giudizio, il modo in cui pensiamo e funziona la nostra mente (non il nostro cervello): si parla molto di statistica, logica, bias, euristica (in soldoni: sapere la soluzione di qualcosa ma non saper spiegare il processo), psicologia cognitiva e sociale, memoria e altre cose della mente. 
Il concetto iniziale distingue i nostri processi mentali in due sistemi interconnessi ma distinti, il pensiero intuitivo, veloce e automatico, e il pensiero riflessivo, lento e concentrato. Alla fine del libro questa organizzazione darà origine all'identificazione di due sé: il sé esperienziale che vive, il sé mnemonico che controlla. 
Molte delle informazioni e teorie espresse nel volume sono dedicate a dirci come pensiamo, ed è strano: è quel tipo di concetto che mentre ci viene spiegato, sappiamo di sapere, ma se ci fosse stato chiesto di esporre, non avremmo avuto le parole per spiegare. 
Qui tutto viene formulato con rigore e semplicità.
L'autore non è un narratore di qualità: questo e un saggio certamente divulgativo ma non stilisticamente attraente; inoltre è un saggio dove lo studioso si inserisce quasi fosse un personaggio, di quelli con continui intercalari che mescolano all'esposizione della teoria, il ricordo della carriera e degli eventi personali connessi allo sviluppo della teoria. 
Bisogna avere qualità narrativa per scrivere un saggio in questo modo, Kahneman non ce l'ha. 
NOTA: in questo senso ho anche fatto male a prenderlo in italiano, perché è il tipico saggio scientifico dove il grosso della terminologia tecnica è inglese, e il traduttore è stato costretto a scegliere cosa tradurre e cosa mantenere in originale per assenza di un corretto italiano. Il risultato è sgarbato. 
A proposito dell'abilità narrativa dell'autore: ogni capitolo del libro presenta una serie di test ed esperimenti proposti al lettore per sottolineare/aiutare a comprendere quanto esposto, sono divertenti all'inizio, ce ne sono troppi e diventano un marone, specialmente quelli che non corrispondo al risultato atteso dall'autore. 
Sì, perché non è un vero test interattivo: è un test che l'autore sottopone al lettore, per poi far seguire la risposta 'giusta/prevista', e spesso non mi sono ritrovato nelle risposte che 'avrei' dovuto dare. 
Sempre sull'argomento: ogni capitolo finisce con una raccolta di frasi esemplificative e riassuntive di quanto letto. 
Avete presente i manuali per imparare le lingue? Ti insegnano un verso o una funzione grammaticale, e poi ti fanno un esempio per dimostrare l'uso. Ecco: qualcosa del genere. 
Risulta un po' stupido. 
Nel finale il libro fa due cose che non mi sono piaciute: la prima è virare il discorso sul capitalismo come fonte principale dei bias della nostra società (non con accezione negativa, ma perché è la realtà in cui viviamo e quindi influenza di più) e sui comportamenti economici, di fatto diventando un libro di teoria economica. 
Mi era sembrato molto strano, leggendo e non sapendo l'autore essere psicologo ed economista. 
La seconda cosa è una conseguenza di quanto dicevo prima riguardo i test: l'autore ha una chiara e unilaterale idea di come si dovrebbe rispondere a quei testi, conseguentemente il libro diventa un manuale su come pensare correttamente. 
Tutta la parte finale è un elenco di errori e vizi di pensiero, di ragionamenti illogici e altri comportamenti sbagliati che le nostre menti effettuano ogni giorno; l'autore ci offre tutti i modi giusti per correggerli ed essere più interessanti, intelligenti e razionali. 
Abbastanza (leggi: molto) fastidioso.
In generale nessuno mi dice il cazzo che devo fare, figurarsi come pensare.