The Coming War On China: John Pilger è un pluripremiato giornalista, autore e documentarista autraliano. 
Non è certo popolarmente famoso, ma penso di averlo visto ospite in qualche talk show. 
Questo è il suo sessantesimo film, il penultimo, realizzato nel 2016. 
Netflix ha deciso di proporcelo in questi giorni: mi azzardo a dire che, oltre a essere un tema di interesse, centri non poco la corrente situazione con Russia e Ucraina. 
Ricordate quando in Italia c'era chi criticava Berlusconi sentendosi rispondere di smetterla di supportarlo acquistando, per dire, libri di Mondadori? 
Nel mentre che seguo con passione la corrente stagione di baseball, consumo fast food una volta alla settimana, e consumo palate di intrattenimento in ogni formato, sto anche nutrendo un crescente sentimento anti-americano causato da, appunto, la 'corrente situazione con Russia e Ucraina'. 
Con ciò premesso, guardare un documentario anti-imperialista e profondamente anti-americano come questo è di grande soddisfazione in questi giorni. 
E' un buon documentario, qua e là tenta pure di essere obbiettivo, ma è un documentario di denuncia e, come più o meno tutti in questo genere, tende a parlarsi addosso, puntare a suggestioni patetiche, offrire una rappresentazione monocromatica del problema. 
Problema che esiste. 
Il documentario sostiene che la politica estera USA sia da molti anni, a partire dalla fine della Seconda Guerra Mondiale fino alla più recente svolta impressa dall'amministrazione Obama, incentrata sul sistematico schiacciamento dell'emergente Cina. 
Il concetto è semplice, anche se mai espresso in questo senso: l'economia cinese soppianterà quella americana, quindi gli americani si stanno preparando a distruggere militarmente la Cina. 
Pilger la prende alla lontana: si parte dalla fine della Seconda Guerra Mondiale con l'invasione e la creazione di basi militari (test nucleari) sulle Marshall Islands; si passa per la colonizzazione militare del Giappone a partire da Okinawa; si arriva alla stessa situazione in Corea con l'isola di Jeju, fino alle più recenti (tempo del documentario) simili attività nelle Filippine. 
Il documentario mostra frequentemente e usa come guida narrativa una mappa del mondo con evidenziate le basi militare americane (note). 
Sono ovunque: non c'è paese al mondo che non ospiti forzatamente basi militari americane, non c'è paese al mondo che possa ribellarsi agli americani senza avere un esercito pronto a sopprimere queste ribellioni sul proprio stesso territorio. 
Tranne Russia e Cina, per lo più. 
Al tempo del documentario, l'escalation in Ucraina non era al livello odierno, ma ascoltare come viene sempre più spesso ripetuto da sempre più fonti diverse, che sta accadendo in Ucraina/Russia è una sorta di esperimento/modello di ciò che potrebbe accadere in Cina. 
Gli americani che costruiscono sempre più basi militari con missili puntati su stati non allineati che vogliono contestarne l'egemonia, e questi stati non allineati che provano a contestarne comunque l'egemonia. 
...e noi nel mezzo. 
Il documentario risulta manipolativo, naturalmente, più che informativo: Pilger intervista membri senza nome del governo USA che gli danno risposte da invasati o si nascondono dietro distinzioni legali che non riescono a nascondere la realtà delle cose; allo stesso tempo offre una rappresentazione della Cina che, volendosi opporre a quella normalmente veicolata dall'informazione istituzionale, tende a scartare in direzione opposta.
Quando anche prova a raddrizzare i concetti, criticando la Cina, risulta molto meno insistente o feroce rispetto alle interviste americane. 
E' interessante e racconta eventi storici e contemporanei la cui conoscenza dovrebbe aiutare a sviluppare un sano scetticismo rispetto alle dichiarazioni di politica internazionale... non che sia necessario, no? 
Voglio dire: nessuno crede ai politici quando parlano di politica interna, perché dovremmo credere alle dichiarazioni di politica estera? 
Chi crede gli Stati Uniti vogliano difendere la democrazia nel mondo e non i loro interessi? 
Allo stesso tempo, però, le testimonianze qui raccolte (e non parlo delle interviste parziali ma del racconto dei fatti storici) meritano di essere conosciute quanto meno a grandi linee per poter maturare una più precisa visione del mondo.