Il Declino della Violenza (The Better Angels of Our Nature, 2011): questo libro è citato in quasi tutti i saggi di pubblicazione recente che ho letto sul tema della 'storia dell'umanità', antropologia sociale, psicologia cognitiva e ogni altro modo di chiamare quella nebulosa materia scientifica che analizza e descrive l'umanità come insieme.
Sono circa 800 pagine, più un altro centinaio per note e citazioni bibliografiche, fitte fitte di diagrammi, schemi e statistiche. Steven Pinker, l'autore, mantiene un linguaggio generalmente sobrio e autorevole, ravvivato qua e là da alcune esplosioni, come definite dallo stesso, di irriverenza: non è cinismo o mancanza di rispetto, ma il desiderio di non scivolare nei classici buonismi pietisti spesso utilizzati per deflettere quando in presenza di questi argomenti.
E' un libro complesso, ma minuziosamente e pienamente spiegato; l'autore è un superbo divulgatore con uno stile accattivante... non è Mary Roach, ma parliamo di un tenore tecnico diverso, ma neppure un 'noioso' Jared Diamond.
Il titolo è abbastanza chiaro ma, in estrema sintesi, lo scopo di questo libro è dimostrare il continuo calo della Violenza nella società umana negli ultimi 10.000 anni. Analizzarne i perché e i percome.
Pinker ce lo dice subito: siamo abituati a guardare/leggere le notizie e vedere un mondo afflitto da guerre, terrorismo e fame, dove i bambini soffrono e muoiono senza motivo, dove non si può uscire di casa senza la paura di essere aggrediti o divenire vittime di sbandati o malintenzionati.
Pinker sostiene e dimostra che viviamo meglio di 50 anni fa, e 50 anni fa vivevano meglio di 100 anni prima e così via. Ci possono essere freak accidents, come la Seconda Guerra Mondiale (Pinker non la chiama così, ma passatemela per sintesi), ma il trend degli atti violenti su scala globale è in visibile e misurabile discesa.
Il primo capitolo, per restare sul tema appena sfiorato, è uno shock and awe: un breve excursus attraverso la violenza dimenticata dalla preistoria ai giorni nostri, rapidissimo e quasi esilarante racconto della normalità di violenze oggi inconcepibili.
Deformazione personale mi ha spinto a indebito entusiasmo nella lettura del conto dei morti biblico: un capitoletto dedicato al conteggio di tutta la gente uccisa dagli ebrei per ordine del Signore.
Il punto saliente, ovviamente, non sono gli ebrei ma il Signore. Tutti gli eroi del vecchio testamento sono genocidi e stupratori seriali, obbedienti ai comandamenti divini.
Attratta l'attenzione del lettore con questo macabro capitolo di violenze varie nei secoli e nei luoghi, il libro inizia la propria trattazione seria e composta della Storia del Declino della Violenza.
I capitoli da 2 a 7 sono dedicati a 6 Tendenze che, vagamente, si identificano anche con alcuni determinati momenti storici, ma spesso sono parallele; i capitoli 8 e 9 sono invece dedicati all'analisi psicologica e scientifica (neurologica) dei motivi dietro questo declino.
L'ultimo capitolo è un classico 'Conclusioni' con il riepilogo di tutto quanto detto prima.
Le 6 Tendenze.
1) Il Processo di Pacificazione.
Si parla dell'origine della violenza, si predono in esame Darwin e Hobbes.
Dalla Preistoria: motivi logici per giustificare i comportamenti violenti primitivi e loro cronologia; i modi della sua attuale riduzione. C'è un consistente e (quasi) perverso gusto per la documentazione testimoniale cruda e descrittiva: la violenza attraverso la storia è un percorso, dettagliatamente racconto, di abusi e torture e cannibalismo e genocidi e stupri seriali.
La conclusione di questo capitolo è l'inesistenza del buon selvaggio: dimostrandolo citando fonti, spiegando tabelle statistiche, Pinker compara l'esistenza sociale umana prima/fuori degli Stati e negli Stati.
Qualsiasi organizzazione statale della storia, anche la peggiore, ha garantito un calo delle morti violente... ovviamente, Pinker lo ripeterà più volte, si parla di numeri relativi.
Le varie pax (romana, britannica, islamica etc etc) hanno effettivamente limitato il numero di morti dovute ad atti violenti. Il leviatano di Hobbes fa bene perché limita la violenza individuale, ma la sostituisce con un altro tipo: la pacificazione statale impone controllo assoluto e vessatorio.
I primi stati erano dittature di ogni genere (tiranni, preti o cleptocrati).
2) Il Processo di Civilizzazione.
Pensatore di riferimento per questo capitolo è Norbert Elias.
Qui si offre una spiegazione e dimostrazione del calo dell'omicidio dal Medioevo a oggi.
L'omicidio è un indice preferenziale per quantificare la violenza in uno stato, perché un cadavere necessita una spiegazione. La civilizzazione è un progresso e accumulo di inibizione, e il riconoscimento delle conseguenze delle proprie azioni sugli altri. Si uccide di meno perché si controllano di più le emozioni, perché siamo più vincolati da regole utili a vivere in comunità dignitose.
Il galateo riduce gli omicidi.
Autocontrollo in ogni aspetto della vita riduce la violenza improvvisa delle emozioni.
Cause di questo progresso sono l'evoluzione dei leviatani in stati più complessi e pervasivi, che impongono di più e più in largo; lo sviluppo del commercio e l'introduzione del denaro: il libero mercato premia l'empatia.
Un contadino vivo produce più di un contadino ucciso per rubargli il terreno: Pinker inserisce nel suo discorso la teoria dei giochi, cominciando a distinguere tra giochi a somma zero e la naturale preferenza verso giochi a somma positiva.
Analisi del caso particolare degli USA, dove la democrazia è arrivata troppo presto e senza i necessari sviluppi intermedi: importata dall'Europa fatta e finita, si è trovata a inserirsi in un ecosistema ancora arretrato.
3) La Rivoluzione Umanitaria.
Qui si parte con una breve, ma molto colorita, descrizione della tortura e sacrifici umani di Stato e Chiesa diffusi durante il Medioevo (e dopo).
Punizioni e pene capitali. Sistematica e palese, non come le torture segrete di oggi: la tortura era uno spettacolo, materia d'ironia e ilarità pubblica. Parte integrante del sistema legale e giuridico e religioso.
...poi Umanesimo, Età della Ragione, Illuminismo: Rivoluzione Umanitaria.
Si scopre l'empatia. La Dichiarazione d'Indipendenza Americana, quella dei Diritti e dell'Uomo dei francesi, fino alla Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo del 1948.
Diventa abbastanza chiaro, capitolo dopo capitolo, che una delle cause principali per il declino della violenza sia il declino della religione.
Ulteriore evoluzione delle forme statali: dalla ricerca del potere personale, al servizio del popolo.
Un cambiamento della sensibilità: morire di meno e vivere meglio permette di pensare agli altri e condividere. Alfabetizzazione e diffusione di idee con la stampa. Pensatore di riferimento: Kant.
4) La Lunga Pace.
Pensatori di riferimento iniziali: due storici degli anni 50.
Toynbee, lo storico più famoso al mondo allora è pessimista e vede imminente la terza e finale guerra mondiale, basandosi sullo studio della storia; il fisico e meteorologo sconosciuto Richardson, invece, prevede un lungo futuro senza terza guerra mondiale, basandosi su modelli statistici.
Ha avuto ragione il secondo... perché?
Il '900 sembrerebbe dare torto alla teoria sul declino della violenza: due guerre mondiali e un bagno di sangue e violenza... ma questo nei primi 50 anni. Nella seconda metà c'è invece stato un incredibile e senza precedenti sforzo per restare in pace: la Guerra Fredda è anche presentata come la Lunga Pace.
Sofferta finché si vuole, ma senza guerra aperta.
È il capitolo dove il relativismo diventa più amaro in bocca, perché più vicino: l'autore lo sa e le sue spiegazioni sono matematicamente convincenti, ma restano difficili da digerire.
L'educazione ricevuta rifiuta di guardare alle Guerre Mondiali nella fredda ottica di Pinker, ma i suoi dati sono incontrovertibili.
Si parla di popolazione in relazione alla storia: come quando si fanno discorsi tipo "1 milione 50 anni fa è come 1 miliardo oggi".
Pinker dice: se un conflitto nel 1600 ha ucciso 100 persone su una popolazione di 1000 è stato 'peggio' di uno nel 1900 che ha ucciso 1 milione di persone su una popolazione di 2 miliardi e mezzo.
È un concetto poco palatabile e Pinker si difende parlando di miopia storica: vediamo più chiaramente il passato prossimo e più offuscato quello remoto, la prospettiva inganna la nostra percezione.
Tonnellate di statistiche e analisi dopo verrebbe da dargli ragione.
Si parla di Guerra e di tutte le guerre: si categorizzano e classificano, analizzano e raggruppano e pongono in una processione da cui si trae la conclusione iniziale.
L'umanità ha sempre guerreggiato, ma sempre meno salvo alcune esplosioni comunque inserite in una più ampia progressione declinante.
Altre statistiche a rafforzare l'unicità pacifica seguita al 1945, parallelo a un mutamento psicologico e culturale seguito alla Seconda Guerra Mondiale che trasforma la visione della guerra agli occhi dell'opinione pubblica: non più onore e guerra viva viva, ma orrore della guerra abbasso abbasso.
La Lunga Pace è una pace nucleare, una pace democratica, liberale e kantiana.
5) La Nuova Pace.
Nel capitolo precedente, Pinker ha trattato la violenza nei termini della Guerra tra Stati; qui si parla degli altri tipi di violenza: le guerre civili e gli scontri tra milizie in contesti di assenza dello stato; i genocidi e gli stermini etnici; il terrorismo.
La nuova pace è il dimostrabile calo di tutti questi altri tipi di violenza.
Si parla ampiamente dell'Islam e delle colpe Americane, e si dimostra come questa che viviamo sia 
lungi dall'essere l'età del terrorismo, in termini numerici di vittime.
6) La Rivoluzione dei Diritti.
La cultura, già prima ma soprattutto dalla seconda metà del XX Secolo in poi, ha fortemente stigmatizzato e criminalizzato la violenza.
Questo è uno dei capitoli più interessanti perché in breve racconta e ripercorre la storia dei diritti civili, delle donne, bambini, omosessuali e animali. .
In relazione a questo elenco si parla di violenze razziali, discriminazioni e intolleranza. Violenza domestica e stupri. Infanticidio, aborto e punizioni corporali. Violenza omofoba di stato o privata. Crudeltà verso gli animali, esperimenti di laboratorio, mangiare la carne (c'è un elenco lunghissimo di motivazioni vegetariane che non hanno a che fare con la sofferenza degli animali, ma dell'uomo: non mangio carne perché l'animale impuro e non voglio quello schifo dentro di me, o non mangio carne perché potrebbe essere il nonno): è l'ultimo argomento del capitolo perché è il più significativo.
Non fare male. A nessuno. Non solo ad altri umani ma in generale a qualsiasi creatura vivente.
Un principio etico di non violenza assoluta.
Fino a questo punto, il Declino della Violenza è un saggio di storia; i successivi due capitoli sono il tentativo di comprendere l'universo morale contemporaneo con la scienza. Neurologia e Psicologia.
I 5 Demoni Interiori: un lato oscuro presente in ogni uomo.
Il capitolo meno interessante per me, perché una versione semplificata di Behave di Sapolsky.
La differenza sta nell'estensione dell'analisi psicologica e neurologica dalle pulsioni individuali agli Stati: psicologia delle masse e delle nazioni.
I 5 Demoni sono: violenza predatoria o strumentale, dominanza, vendetta, sadismo, ideologia. Ognuno viene analizzato e spiegato.
Il capitolo successivo parla del contrapposto: i 4 Migliori Angeli.
Empatia, autocontrollo, senso morale e ragione.
Il capitolo dedicato all'autocontrollo mi ha molto colpito per l'ipotesi che ci siamo, come civiltà, autoselezionati e recentemente evoluti in una razza meno violenta. Non vi sono prove sufficienti a dimostrarlo, ma è affascinante pensare che i violenti siano morti e a riprodursi siano stati i pacifici... come quando si selezionano e definiscono i caratteri delle razze canine.
Il capitolo sulla ragione, la scala mobile della ragione, mette in dubbio un luogo comune: quello della idiocracy. Pinker sostiene che l'intelligenza globale sia in costante aumento, e non in diminuzione.
Il concetto è un po' più complicato ma il senso rimane.
Nell'ultimo capitolo, Pinker riepiloga le forze chiave che hanno portato al più che dimostrato declino della violenza: il leviatano/lo Stato; il commercio/profitto reciproco; la femminizzazione/meno testosterone; il cosmopolitismo/perdita dei valori territoriali e delle comunità ristrette; la ragione, nel senso dell'aumentata razionalità che spinge a rifiutare le ideologie, religioni e tutto il resto.
Un libro mastodontico e ottimo, stimolante e provocatorio, squisitamente razionale.
Viene spontaneo chiedersi cosa pensi Pinker delle recrudescenze nazionalistiche che in tutto il mondo stanno portando un ripiegamento conservatore e isolazionista.