Sapiens - Da Animali a Dei (Sapiens - A Brief History of Humankind, 2011): prima edizione inglese del 2014. Prima edizione italiana del 2017 per Bompiani: una bella edizione di qualità, ben stampata con immagini a colori e in bianco e nero. Un po' più di 500 pagine.
Famosamente indicato a Bill Gates nella sua lista dei 10 libri preferiti, questa saggio storico di Yuval Noah Harari è stato un testo di immediato e largo successo popolare, nonché di immediate e trasversali critiche ideologiche.
Nella quarta di copertina dell'edizione italiana è riportato un entusiastico commento di Jared Diamond, ed è infatti proprio al suo Armi, Acciaio e Malattie che questo testo fa pensare.
E' una storia dell'umanità dalla preistoria ai giorni nostri, proprio come il celebre saggio di Diamond, ma da una prospettiva completamente diversa: ci sono quasi 15 anni di differenza tra i due libri e quasi 9000 km tra Boston e la città in Israele dov'è nato Yuval Noah Harari.
L'approccio di Harari è meno tecnico, più multidisciplinare e moderno, più amichevole e decisamente più radicato nella psicologia e nelle scienze comportamentali: si parla di felicità e di altri intangibles, si cerca di analizzarli in modo scientifico e misurabile. Si discute di molto di biologia e si osserva il comportamento storico umano cercando di mantenersi il più possibile lontani dall'etica e da parzialità culturali contemporanee.
Il libro è diviso in 3 parti circa delle stesse dimensioni. La storia umana secondo Harari è divisa in 3 parti, ma non delle stesse dimensioni temporali: si parte dalla Rivoluzione Cognitiva avvenuta 70k anni fa, si passa attraverso la Rivoluzione Agricola di 12k anni fa, si finisce nel mondo moderno iniziato circa 500 anni fa con la Rivoluzione Scientifica.
I sapiens erano una delle razze umane presenti sulla Terra di settantamila anni fa: nella mia scarsa conoscenza di storia, ho sempre pensato che l'evoluzione umana fosse una linea retta come il famoso disegno presente su magliette e altro. Scimmia, Neanderthal, Sapiens più qualche passaggio intermedio.
Settantamila anni fa, invece, sulla Terra vivevano diverse e distinte razze umane: i particolari sono naturalmente poco chiari ma ci sono solo un paio di teorie possibili.
Harari è ovviamente molto sensibile al tema del razzismo e tutto il suo libro lo tiene sempre, fortemente presente: c'erano diverse razze umane e alcuni studi genetici sembrerebbero dimostrare che alcune etnie umane contemporanee, pur essendo tutte di sapiens, siano parzialmente discendenti anche da altre razze umane estinte.
Le teorie principali sono due: a un certo punto i sapiens hanno raggiunto un superiore livello di intelligenza, per dirlo banalmente, e i rapporti con le altre razze umane sono cambiati. Alcuni scienziati ritengono che i sapiens abbiano massacrato le altre razze umane, si parla di rimpiazzamento e di primi genocidi della storia; altri scienziati parlano invece di ibridazione e fusione.
Harari ritiene che la seconda sia possibile ma poco probabile, la prima sia quella più probabilmente avvenuta con qualche istanza della seconda, da cui i geni superstiti di cui sopra.
La rivoluzione cognitiva passa attraverso l'invenzione delle storie e della finzione (le leggi e la religione, primariamente), e l'organizzazione dei sapiens in gruppi di cacciatori/raccoglitori.
Questo periodo di storia va dai 70k ai 10k anni fa circa e ne sappiamo poco e niente.
In questo periodo l'uomo ha cominciato a causare estinzioni di massa e modifiche ambientali.
La Rivoluzione Agricola è il momento storico quando i sapiens hanno cominciato a coltivare e allevare sviluppando la capacità di mantenere in vita più gente, seppur in condizioni peggiori.
Harari comincia qui a discutere di felicità: i cacciatori/raccoglitori lavoravano poco, vivevano relativamente bene e potevano soddisfare i loro primitivi desideri; i contadini lavoravano tutto il giorno, soffrivano costantemente e vivevano in generale di merda, ma riuscivano a procreare di più.
All'Evoluzione interessa solo la quantità di copie genetiche prodotte, non la qualità della vita di una specie: il successo biologico è nei numeri.
Si sviluppano le prime reti di cooperazioni, società primitive, e i primi codici di cooperazione (le storie diventano religione e leggi che governano le società primitive).
Nascono i primi ordini costituiti immaginari.
Harari è chiarissimo: Dio non esiste, la legge è una convenzione, le società sono ordini costituiti basati su regole immaginarie inventate dagli uomini.
Uomini che vivono insieme necessitano di scrittura e burocrazia: nascono le società vere e proprie.
A questo punto c'è una serie di lunghi capitoli nei quali viene analizzata l'origine storica e culturale del razzismo. Una società si basa su gerarchie immaginarie che servono a mantenere l'ordine: si parla di neri, si parla di donne e omosessualità, di caste indù e altri esempi.
Harari descrive tutta una serie di teorie sul perché e percome siano stati i neri a diventare gli schiavi, sul perché ci sia disparità tra i sessi, etc etc.
C'è una frase particolarmente vistosa: "la biologia consente, la cultura proibisce".
Parlando da un punta di vista puramente biologico, niente è innaturale: tutto ciò che è possibile è, per definizione, anche naturale. L'innaturale, semplicemente, non esiste.
C'è un fantastico esempio fotografico che paragona Luigi XIV a Obama: Luigi XIV a suo tempo era considerato un esempio di virilità invidiabile e senza pari. La virilità del 1600/1700 era fatta di uomini in calzamaglia, scarpe con il tacco, parrucche e trucco pesante: l'uomo super virile di quegli anni, oggi sarebbe un travestito.
Tutto ciò che la società considera innaturale è una finzione prodotta dalla cultura e priva di basi aldilà degli ordinamenti immaginari convenuti tra sapiens.
Intanto che sfata le generalità della cultura accettata, Harari affronta anche temi più politici: eguaglianza e libertà personale sono inconciliabili, le cultura tradizionali nazionali (i nazionalismi) sono finzioni senza nessuna reale base storica.
Tornando alla storia, Harari passa all'invenzione del denaro, del concetto di Impero e la caratterizzazione più definita delle religioni (specialmente il passaggio da politeismi a monoteismi): i tre principali fattori di unificazione tra società distinte.
Le piccole società agricole diventano grandi società umane, imperi che condividono un sistema economico unico e una religione (cultura) diffusa e globale.
L'ultima parte è dedicata alla Rivoluzione Scientifica (di cui fa parte anche la Rivoluzione Industriale) e agli ultimi 500 anni di storia umana. 500 anni che hanno visto il più rapido e massiccio sviluppo umano di sempre, senza paragoni rispetto ai precedenti 69.500 anni.
La scoperta dell'America, di un intero continente fino a quel momento completamente sconosciuto causa uno shift nella percezione europea: la tradizione e l'autorità culturale degli antichi viene messa in discussione. La consapevolezza di ignorare causa la nascita del pensiero scientifico moderno.
L'impero si arma della scienza per conoscere e conquistare il mondo: esplora e conquista.
Scienza, industria e tecnologia militare si intrecciano grazie al capitalismo: il progresso accelera perché è conveniente.
Non ci sono connotazioni morali forti, tutta l'ultima parte è una serena e crudele descrizione del rapporto tra scienza, imperialismo e capitalismo.
Gli ultimi due capitoli del libro affrontano argomenti un po' più astratti ed esistenziali, e anche in qualche modo già poco convincenti a così pochi anni di distanza: una lunga disquisizione sul tasso di felicità nella società moderna, e sulla distanza tra l'essere una società alle soglie della singolarità e il raggiungimento della soddisfazione personale.
Sapiens possiede passaggi di assoluta brillantezza intellettuale, accanto ad altri bizzarramente ottimistici: ci sono analisi lucidissime di comportamenti umani visti da una prospettiva di 'macro' storia, ci sono lunghi pipponi mentali sull'individualità dentro la società e il perseguimento dell'obiettivo ultimo, la ricerca della felicità.
Si legge con grande piacere, dà molto da pensare, insegna e spiega, solleva dubbi.
Un ottimo saggio.
Famosamente indicato a Bill Gates nella sua lista dei 10 libri preferiti, questa saggio storico di Yuval Noah Harari è stato un testo di immediato e largo successo popolare, nonché di immediate e trasversali critiche ideologiche.
Nella quarta di copertina dell'edizione italiana è riportato un entusiastico commento di Jared Diamond, ed è infatti proprio al suo Armi, Acciaio e Malattie che questo testo fa pensare.
E' una storia dell'umanità dalla preistoria ai giorni nostri, proprio come il celebre saggio di Diamond, ma da una prospettiva completamente diversa: ci sono quasi 15 anni di differenza tra i due libri e quasi 9000 km tra Boston e la città in Israele dov'è nato Yuval Noah Harari.
L'approccio di Harari è meno tecnico, più multidisciplinare e moderno, più amichevole e decisamente più radicato nella psicologia e nelle scienze comportamentali: si parla di felicità e di altri intangibles, si cerca di analizzarli in modo scientifico e misurabile. Si discute di molto di biologia e si osserva il comportamento storico umano cercando di mantenersi il più possibile lontani dall'etica e da parzialità culturali contemporanee.
Il libro è diviso in 3 parti circa delle stesse dimensioni. La storia umana secondo Harari è divisa in 3 parti, ma non delle stesse dimensioni temporali: si parte dalla Rivoluzione Cognitiva avvenuta 70k anni fa, si passa attraverso la Rivoluzione Agricola di 12k anni fa, si finisce nel mondo moderno iniziato circa 500 anni fa con la Rivoluzione Scientifica.
I sapiens erano una delle razze umane presenti sulla Terra di settantamila anni fa: nella mia scarsa conoscenza di storia, ho sempre pensato che l'evoluzione umana fosse una linea retta come il famoso disegno presente su magliette e altro. Scimmia, Neanderthal, Sapiens più qualche passaggio intermedio.
Settantamila anni fa, invece, sulla Terra vivevano diverse e distinte razze umane: i particolari sono naturalmente poco chiari ma ci sono solo un paio di teorie possibili.
Harari è ovviamente molto sensibile al tema del razzismo e tutto il suo libro lo tiene sempre, fortemente presente: c'erano diverse razze umane e alcuni studi genetici sembrerebbero dimostrare che alcune etnie umane contemporanee, pur essendo tutte di sapiens, siano parzialmente discendenti anche da altre razze umane estinte.
Le teorie principali sono due: a un certo punto i sapiens hanno raggiunto un superiore livello di intelligenza, per dirlo banalmente, e i rapporti con le altre razze umane sono cambiati. Alcuni scienziati ritengono che i sapiens abbiano massacrato le altre razze umane, si parla di rimpiazzamento e di primi genocidi della storia; altri scienziati parlano invece di ibridazione e fusione.
Harari ritiene che la seconda sia possibile ma poco probabile, la prima sia quella più probabilmente avvenuta con qualche istanza della seconda, da cui i geni superstiti di cui sopra.
La rivoluzione cognitiva passa attraverso l'invenzione delle storie e della finzione (le leggi e la religione, primariamente), e l'organizzazione dei sapiens in gruppi di cacciatori/raccoglitori.
Questo periodo di storia va dai 70k ai 10k anni fa circa e ne sappiamo poco e niente.
In questo periodo l'uomo ha cominciato a causare estinzioni di massa e modifiche ambientali.
La Rivoluzione Agricola è il momento storico quando i sapiens hanno cominciato a coltivare e allevare sviluppando la capacità di mantenere in vita più gente, seppur in condizioni peggiori.
Harari comincia qui a discutere di felicità: i cacciatori/raccoglitori lavoravano poco, vivevano relativamente bene e potevano soddisfare i loro primitivi desideri; i contadini lavoravano tutto il giorno, soffrivano costantemente e vivevano in generale di merda, ma riuscivano a procreare di più.
All'Evoluzione interessa solo la quantità di copie genetiche prodotte, non la qualità della vita di una specie: il successo biologico è nei numeri.
Si sviluppano le prime reti di cooperazioni, società primitive, e i primi codici di cooperazione (le storie diventano religione e leggi che governano le società primitive).
Nascono i primi ordini costituiti immaginari.
Harari è chiarissimo: Dio non esiste, la legge è una convenzione, le società sono ordini costituiti basati su regole immaginarie inventate dagli uomini.
Uomini che vivono insieme necessitano di scrittura e burocrazia: nascono le società vere e proprie.
A questo punto c'è una serie di lunghi capitoli nei quali viene analizzata l'origine storica e culturale del razzismo. Una società si basa su gerarchie immaginarie che servono a mantenere l'ordine: si parla di neri, si parla di donne e omosessualità, di caste indù e altri esempi.
Harari descrive tutta una serie di teorie sul perché e percome siano stati i neri a diventare gli schiavi, sul perché ci sia disparità tra i sessi, etc etc.
C'è una frase particolarmente vistosa: "la biologia consente, la cultura proibisce".
Parlando da un punta di vista puramente biologico, niente è innaturale: tutto ciò che è possibile è, per definizione, anche naturale. L'innaturale, semplicemente, non esiste.
C'è un fantastico esempio fotografico che paragona Luigi XIV a Obama: Luigi XIV a suo tempo era considerato un esempio di virilità invidiabile e senza pari. La virilità del 1600/1700 era fatta di uomini in calzamaglia, scarpe con il tacco, parrucche e trucco pesante: l'uomo super virile di quegli anni, oggi sarebbe un travestito.
Tutto ciò che la società considera innaturale è una finzione prodotta dalla cultura e priva di basi aldilà degli ordinamenti immaginari convenuti tra sapiens.
Intanto che sfata le generalità della cultura accettata, Harari affronta anche temi più politici: eguaglianza e libertà personale sono inconciliabili, le cultura tradizionali nazionali (i nazionalismi) sono finzioni senza nessuna reale base storica.
Tornando alla storia, Harari passa all'invenzione del denaro, del concetto di Impero e la caratterizzazione più definita delle religioni (specialmente il passaggio da politeismi a monoteismi): i tre principali fattori di unificazione tra società distinte.
Le piccole società agricole diventano grandi società umane, imperi che condividono un sistema economico unico e una religione (cultura) diffusa e globale.
L'ultima parte è dedicata alla Rivoluzione Scientifica (di cui fa parte anche la Rivoluzione Industriale) e agli ultimi 500 anni di storia umana. 500 anni che hanno visto il più rapido e massiccio sviluppo umano di sempre, senza paragoni rispetto ai precedenti 69.500 anni.
La scoperta dell'America, di un intero continente fino a quel momento completamente sconosciuto causa uno shift nella percezione europea: la tradizione e l'autorità culturale degli antichi viene messa in discussione. La consapevolezza di ignorare causa la nascita del pensiero scientifico moderno.
L'impero si arma della scienza per conoscere e conquistare il mondo: esplora e conquista.
Scienza, industria e tecnologia militare si intrecciano grazie al capitalismo: il progresso accelera perché è conveniente.
Non ci sono connotazioni morali forti, tutta l'ultima parte è una serena e crudele descrizione del rapporto tra scienza, imperialismo e capitalismo.
Gli ultimi due capitoli del libro affrontano argomenti un po' più astratti ed esistenziali, e anche in qualche modo già poco convincenti a così pochi anni di distanza: una lunga disquisizione sul tasso di felicità nella società moderna, e sulla distanza tra l'essere una società alle soglie della singolarità e il raggiungimento della soddisfazione personale.
Sapiens possiede passaggi di assoluta brillantezza intellettuale, accanto ad altri bizzarramente ottimistici: ci sono analisi lucidissime di comportamenti umani visti da una prospettiva di 'macro' storia, ci sono lunghi pipponi mentali sull'individualità dentro la società e il perseguimento dell'obiettivo ultimo, la ricerca della felicità.
Si legge con grande piacere, dà molto da pensare, insegna e spiega, solleva dubbi.
Un ottimo saggio.
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