Eravamo Immortali (Id, 2018): non trovo tracce di co-autori, quindi prendo per buono che il libro sia scritto da Manolo stesso. Sarebbe il suo quarto, stando alla bibliografia sulla wiki, ma è il primo pubblicato da un editore 'serio'.
Autobiografia classica: si parte dal primo ricordo della madre, si finisce prima della fama popolare; il racconto si chiude alla fine degli anni '70.
Io, Manolo lo associo a un periodo della mia vita quando in tv c'era Ambrogio Fogar, quando Dan Peterson commentava il wrestling bevendo tè freddo, quando Nico Cereghini... Casco in testa ben allacciato, luci accese anche di giorno, e prudenza, sempre!
Manolo, per me, è quello di Sector, NO LIMITS!
Il libro non è su quel Manolo. E' su Maurizio Zanolla, prima di essere Manolo.
Infanzia, amore per lo sport a corpo libero che diventa per le scalate, vita da 'ribelle' tra comunisti e suggestioni mediorientali da hippie; e poi sempre più scalate e solo scalate: Alto Adige e poi posti sempre più lontani ed esotici.
Personalmente, la parte più interessante del libro è verso la fine: quando Manolo va in Nepal a scalare il Manaslu. Campo base, campo 1 e 2 etc etc, Sherpa, compagni di scalata più o meno abili e leali.
La spedizione è un fallimento e, rientrato in Italia, Manolo decide che quel tipo di alpinismo non sia il suo. E' il momento quando prende coscientemente la decisione di scalare free e solo.
E' facile vedere un opposizione culturale e concettuale con Messner.
La mia conoscenza del campo delle scalate e scalatori finisce a questi due nomi: ho letto due libri di Messner, adesso uno dei Manolo. Vado in vacanza solo in montagna e mi piace passeggiare, non ho mai provato particolare passione per le scalate.
E' una suggestione, naturalmente, che nasce soprattutto dall'aver intravisto questi personaggi in quegli anni, quando l'alpinismo aveva successo pubblico e se ne parlava in tv.
Impossibile guardare un'intervista a uno o l'altro senza restare affascinati dalle facce segnate, dalle parole senza traccia di umiltà (verso la montagna, ma non verso gli altri e inferiori esseri umani).
Eravamo Immortali è composto da molti capitoli piuttosto brevi, 4-5 pagine al massimo; qua e là ci sono stralci da 'diari' scritti da Manolo durante le scalate; la prosa non è di mio gusto: come spesso accade, gli scalatori scrivono poesie di immensità spirituale a contatto con la natura, rischiare la vita per sentirsi vivi e altre cagate del genere. I concetti sono ragguardevoli, la prosa elegiaca di Manolo no.
Finale a effetto un po' brusco. Già il fatto che un autobiografia abbia un finale è qualcosa di curioso.
Nell'ultimo capitolo, Manolo è da qualche tempo che scala solo free e solo, ma nell'ultima scalata del libro si trova in difficoltà e costretto ad arrendersi all'utilizzo dei chiodi. Doccia di umiltà e improvvisa chiusura del racconto.
Metà del libro è inutilmente dedicata al Manolo pre scalate, l'altra metà del libro è dedicata al Manolo pre successo.
Ci sono esperienze interessanti da leggere, considerazioni illuminanti per l'uomo che vorrebbe scappare dalla città, la vita, l'amore e le vacche dell'alto adige.