Le Venti Giornate di Torino (Id, 1977): c'è tutto un giro editoriale particolare e fuori dal comune dietro la ripubblicazione di questo 'classico perduto' di Giorgio De Maria, ma lo sintetizzerò nei suoi dettagli più scemi, perché sono i più memorabili.
Pubblicato nel 1977, ultimo romanzo di una curiosa personalità italiana degli anni '60, uomo di cultura e artista poliedrico fortemente politicizzato, venne tiepidamente accolto e subito dimenticato.
L'anno scorso è stato tradotto in inglese-americano da uno scrittore/giornalista australiano che pubblica abitualmente su una rivista di nome "Jacobin", che si autodefinisce la "leading voice of the American left". Questa traduzione delle Venti Giornate è poi stata pubblicata in America dall'antico editore indipendente Norton & Company: casa editrice fondata nel 1923 e... di proprietà dei suoi dipendenti.
Avete notato il filo conduttore?
Questa non è controcultura, ma proprio sottocultura vera e propria e non avrebbe mai e poi mai visto la luce del giorno delle strade più popolari se non fosse stato per l'intervento di quello che non ti aspetti.
Jeff VanderMeer.
Il grande trendsetter, oggi lo definiremmo influencer, della speculative fiction americana: sempre in prima linea nella promozione e divulgazione della letteratura di genere nelle sue forme più ricercate.
Ecco: VanderMeer non mi dà l'idea di essere un socialista-comunista. Sarà che ho da poco visto l'infelice adattamento di uno dei suoi più famosi romanzi prodotto da Netflix, sarà che insieme alla moglie ficcano il proprio nome in qualsiasi raccolta di racconti manco fossero i Besson dei libri.
Comunque sia... VanderMeer legge il libro di De Maria e ne scrive una breve recensione a dir poco entusiastica.
La recensione causa visibilità all'edizione americana del libro, che viene preso in mano da altre persone: letto e recensito a cascata. A un certo punto, qualcuno (cominciavo a perdere interesse e non ho voluto ricercare chi sia stato), compie l'opera di marketing finale e associa a questo testo del 1977 il nome di Facebook.
Nel circuito delle review, l'ignoto autore italiano diventa un nuovo George Orwell capace, nel 1977, di prevedere l'esistenza di Facebook. In un periodo, tra le altre cose, quando Facebook è al top delle controversie e, forse, all'inizio della sua parabola discendente.
Tutto questo concorrere di coincidenze storiche e sociali è avvenuto aldilà dell'oceano, ma è stato notato dal piccolo editore italiano Frassinelli (che nel suo catalogo offre anche un'inaspettato Gregory che ho acquistato ma devo ancora leggere, Spoonbenders, offerto con un titolo italiano raccapricciante) e prontamente ripubblicato nella sua lingua originale.
Fine.
Veniamo al libro.
Un giovane torinese pienamente funzionale sta investigando per curiosità e catarsi un evento avvenuto a Torino 10 anni prima, colloquialmente noto come 'Le 20 Giornate di Torino' di cui nessuno ha piacere a parlare, tutti vorrebbero dimenticare e, forse forse, non è durato solo quelle 20 giornate.
Tra il 2 e il 22 di luglio (21 giornate?) di 10 anni prima, diciamo il 1967, Torino fu teatro di una serie di spaventosi omicidi. Ne parlarono tutti i giornali, anche esteri: intervenne il capo dello stato, la polizia e, come alcune delle migliori storie italiane di quegli anni, dopo un po' non se ne fece nulla e tutto finì insabbiato.
I cittadini torinesi, in quei giorni, soffrirono di una diffusa insonnia di massa: si aggiravano per strada la notte in stato più o meno confusionale, qualcuno di loro veniva afferrato per le caviglie e sbattuto a destra e sinistra a mo' di clava umana... qualcosa che oggi è possibile vedere in alcuni videogiochi violenti, tipo God of War.
Il libro è molto breve quindi spiegherò il resto della trama solo alla fine.
Il vocabolario italiano di De Maria è perfettamente contemporaneo; il 1977 è abbastanza vicino da non incappare in termini desueti o formule fuori corso; la formulazione delle frasi potrebbe suonare, anzi: suona decisamente passata, ma è una lettura pienamente fruibile, non ostica e, seppur non di eccezionale qualità (non è Calvino), molto al di sopra di quanto siamo abituati a leggere oggi, specialmente per l'utilizzo impeccabile della grammatica.
Sempre ricorrendo a citazioni dalle recensioni americane: questo testo di De Maria è accostato a Lovecraft. Il paragone è molto più sensato e sensibile di quanto immaginabile: c'è l'investigazione, c'è la pazzia incipiente e c'è l'orrore indicibile. Sono tutti tratti di Lovecraft.
A livello tematico, non ci sono dubbi sulle influenze di Lovecraft su De Maria: qualsiasi altro paragone andrebbe stoppato alla constatazione di due date.
Questo libro è stato pubblicato nel 1977, Lovecraft morì nel 1937.
Tutto ciò detto: ho preso a mano questo libro con grande snobbismo personale, non troppo inconsciamente con l'intenzione di poter schifare una volta di più VanderMeer e ridicolizzare l'editoria italiana capace di riscoprire un 'classico' solo perché segnalato dall'estero.
E' in realtà un gran bel romanzo, scritto bene con un italiano d'altri tempi e dimenticato in questi tempi di social, con un soggetto assolutamente unico, toni completamente inesistenti in letteratura italiana e un finale eccezionale.
Ecco, non fosse altro che per il merito di essere sostanzialmente senza eguali in Italia, Le Venti Giornate di Torino andrebbe acquistato e letto. Complimenti alla lungimiranza di Frassinelli.
NOTA: nel libro si parla della Biblioteca, con la B maiuscola. Un'istituzione fondata misteriosamente per raccogliere manoscritti non pubblicati, di privati per la lettura di privati, inizialmente anonimamente condivisi e, solo dietro pagamento, rivelati degli autori con la possibilità di essere messi in contatto. Quindi, per certi versi, una specie di precursore dei social network con la possibilità di creare e condividere contenuti prodotti da sé, spesso di natura privata, realizzati al di fuori del perbenismo e delle regole. Quindi insulti, violenza verbale, feticismi sessuali etc etc.
NOTA2: il libro è fortemente connotato di temi politici poco sensati per noi, oggi, ma che sarebbero risultati molto più chiari ed evidenti 40 anni fa. Poteri misteriosi che si muovono nell'ombra e in qualche modo conoscono o addirittura promuovono la violenza per le strade di Torino, poteri misteriosi che per aspetto e modi assomigliano tanto a giovani fascisti e conniventi ecclesiastici.
SPOILER SPOILER SPOILER
Ah, a dire il vero non è chiaramente spiegato: in ogni caso sono le tante statue di Torino a prendere vita e duellare tra loro per i piedistalli migliori, usando come armi i passanti in qualche modo mentalmente soggiogati e spiritualmente turbati da poteri sinistri apparenti nella Biblioteca e in altro.
Il nostro eroe, alla fine del libro, cerca di scappare da Torino perché assediato dalle forze del male che vogliono farlo desistere dalla sua indagine. Viene rapito e costretto a diventare arma nel duello tra due statue.