My Next Guest Needs No Introduction With David Letterman: il ritiro di David Letterman è durato circa 3 anni.
Il potere di Netflix ce l'ha riportato in questa serie di 6 (in realtà 7) interviste.
E' il Late Show ma senza tutti i fronzoli in studio, con in più un discreto valore produttivo per scene in esterno.
Un qualche teatro a New York, niente scenografia: due sedie. Letterman con la distintiva (nuova) barba bianca e il suo ospite. Una chiacchierata di un'ora circa sostanzialmente incentrata sull'infanzia dell'ospite e le ispirazioni che l'hanno portato a diventare famoso, qualche collegamento esterno in qualche modo collegato all'ospite (la casa dei genitori, il posto di lavoro e cose del genere), concezione e rapporto con i famigliari, preoccupazione per il futuro a causa di Trump.
Gli episodi migliori sono certamente i primi due: il primo con Barak Obama, al quale Letterman offre un servizietto di giornalismo servile veramente di qualità, ma il personaggio lo merita; il secondo con George Clooney, dubito a caso messo dopo Obama, e certamente l'episodio migliore perché George è semplicemente uno degli uomini più carismatici di sempre.
Il terzo episodio è con Malala Yousafzai, nobel per la pace a 17 anni; quarto episodio, e peggiore, con Jay-Z: i due non sembrano avere cose in comune.
Quinto con Tina Fey, buon episodio. Sesto con Howard Stern: avrebbe potuto essere un ottimo episodio ma Stern l'ha usato come veicolo per presentare la propria conversione psicologica e offrirsi come uomo nuovo in cerca di perdono per tutti i suoi peccati.
C'è uno speciale, effettivamente un settimo episodio, con Jerry Seinfeld, uomo antipatico.
Letterman è sempre lui, questo spettacolo è decisamente meno comico rispetto al vecchio Late Show, ma se l'avete apprezzato allora, nulla è cambiato nella sostanza.
Le musiche sono di Paul.