Il Sugo della Storia (Id, 2016): volumetto Laterza poco meno di 200 pagine, raccolta di articoli di gastronomia in senso lato, sia storia che sociologia che altro, scritti da Massimo Montanari e pubblicati, più o meno tutti, tra il 2008 e il 2016, tra Repubblica e il magazine 'Consumatori'.
Conobbi Montanari anni fa durante un breve periodo di lavoro nel dipartimento pertinente dell'Università di Bologna, sicuramente uno dei professori più gradevoli con cui ebbi a che fare.
E' autore di innumerevoli testi di 'storia del cibo'.
Questo volume è certamente il più abbordabile e appetibile per un primo approccio tanto all'autore come all'argomento.
Originariamente articoli, i capitoli di questo libro sono brevi (i più lunghi saranno due pagine e mezzo) e scorrevoli: farciti di informazioni curiose e aneddoti, positivamente superficiali offrono riflessioni stimolanti e invitanti all'approfondimento.
Gli articoli sono sommariamente raccolti in gruppi tematici: pensieri intorno al concetto di tradizione e originalità di un prodotto o ricetta. Tutto il cibo è originale e invenzione, non esistono primati oggettivi, piace ciò che piace ma soprattutto: generalmente ciò che riteniamo tradizione risale a pochi anni fa e, se solo fossimo un po' più edotti e interessati, scopriremmo che vere e ignorate tradizioni culinarie italiane darebbero il raccapriccio ai difensori dello slow food e dell'origine controllata.
E' certamente la parte più brillante e corposa del libro: si parla di tortellini, lasagne, spaghetti alla bolognese e via dicendo.
C'è moltissima Emilia Romagna in questo libro, ovviamente considerando le radici dell'autore e l'importanza gastronomica della regione nel pur ricchissimo patrimonio culturale italiano.
C'è un tema fondamentale di cambiamento del linguaggio e del significato delle parole applicate al cibo nel giro di pochi anni: oggi chiamiamo con lo stesso nome cose diversissime rispetto a 200+  anni fa, il risultato è spesso la vera causa di confusione ed equivoco nelle dispute culinarie. In certi casi si affronta il senso del linguaggio, come per esempio: 'cucinare senza', dove nel medioevo si trattava di sopravvivere cucinando senza questo o quello in tempi di guerra e carestia; dove oggi si tratta di cucinare senza grassi o zuccheri per essere più belli d'estate (o sani tutto l'anno).
I gruppi successivi trattano di: modi e mode della preparazione del cibo (cottura della pasta, tipologia di posate, street food e abbinamenti); il cibo in letteratura e nella cultura in genere; le diverse concezioni del mangiare sano da Aristotele (ciò che piace fa bene) a oggi (ciò che piace fa male); un gruppo di articoli su frutta e semi, un altro sugli animali; gli ultimi due gruppi di articoli trattano il cibo come fenomeno politico e culturale, per esempio la gastronomia italiana come forma di unità nazionale molto precedente a Garibaldi, e i luoghi del cibo e l'importanza della geografia nella degustazione.
E' un bel librino e ne ho già comprata un'altra copia da regalare ad amici ristoratori.
L'unico difetto è l'assenza di credits completi utili a risalire all'originale pubblicazione degli articoli, difetto molto spesso presente nella nostra poco attenta editoria.