October (Id, 2017): l'ultimo romanzo di China Mieville non è un romanzo. E' un saggio storico dedicato alla Rivoluzione d'Ottobre (e a quella meno nota di Febbraio): è un saggio basato su fatti storici realmente accaduti e su persone realmente vissute, narrati con una certa drammaticità e ricostruzione scenica, quasi come una storia.
Non è il primo saggio sul tema di Mieville, è il primo che leggo.
Mieville è un comunista dichiarato e nell'introduzione a questo volume si autodenuncia come partigiano con una visione precisa di chi siano i buoni e i cattivi in queste vicende, allo stesso tempo si augura di aver avuto la forza intellettuale di presentare tutta la storia in modo equo e corretto.
La sua intenzione e la scelta stilistica sono devote a presentare a un pubblico di non esperti un argomento relativamente poco noto.
I capitoli del libro sono divisi e raccontano l'andamento dei mesi: si inizia con un'introduzione al contesto socio-politico russo di fine '800, si passa alla Rivoluzione di Febbraio, l'instaurazione del Governo Provvisorio e l'abdicazione dell'ultimo Zar, si spiega la formazione di un potere duale che vede alleati non graditi lo stesso Governo Provvisorio e gli esponenti delle fronde socialiste di espressione popolare (protagonista non dichiarato di tutto è Lenin)... l'anno 1917 prosegue tra vittorie e sconfitte politiche, distanziamenti sempre più forti, esili e ritorni di Lenin, tensioni controrivoulzionarie e altro casino vario fino alla vera Rivoluzione d'Ottobre, l'abbattimento del Governo Provvisorio e la rapida trasformazione della Russia verso un ordinamento socialista utopico. Si parla pochissimo di Stalin e sempre in negativo.
Il capitolo finale, decisamente il migliore del libro, è tanto un epilogo quanto una riflessione dell'autore: l'utopia Russa va in merda molto presto, Lenin muore e l'idea di una Russia del popolo diventa un regime di terrore e violenza. Mieville insiste molto sul fatto che l'idea non fosse sbagliata e che il destino nefasto della rivoluzione non sia una certezza inevitabile. Mieville sostiene che una rivoluzione che non degradi in violenza e dittatura è possibile, sarebbe possibile.
Il commiato dello scrittore è malinconico.
Non è male come saggio, certamente gode appieno della straordinaria capacità narrativa di Mieville, qui semplificata e depurata delle sperimentazioni linguistiche più caratteristiche dello scrittore: si legge molto bene ed è una descrizione veloce di un periodo e di una situazione molto complessa, non direi superficiale ma, come da intenzione dell'autore, puramente divulgativa.
Significato di soviet, bolscevichi e socialismo come inteso nei primi del '900 sono le nozioni permanenti dalla lettura del libro. La parata di nomi e personaggi è più difficile da mandare a memoria: si può provare a presentare la Storia come una storia, ma questa in particolare è fatta di politica e poca azione, troppi personaggi che cambiano idea troppo in fretta. Non è facile seguire la vicenda, per così dire.
E' giusto per appassionati di Mieville, chiunque voglia informazioni sulla Rivoluzione d'Ottobre dovrebbe probabilmente ricorrere a fonti più tradizionali.
Non è il primo saggio sul tema di Mieville, è il primo che leggo.
Mieville è un comunista dichiarato e nell'introduzione a questo volume si autodenuncia come partigiano con una visione precisa di chi siano i buoni e i cattivi in queste vicende, allo stesso tempo si augura di aver avuto la forza intellettuale di presentare tutta la storia in modo equo e corretto.
La sua intenzione e la scelta stilistica sono devote a presentare a un pubblico di non esperti un argomento relativamente poco noto.
I capitoli del libro sono divisi e raccontano l'andamento dei mesi: si inizia con un'introduzione al contesto socio-politico russo di fine '800, si passa alla Rivoluzione di Febbraio, l'instaurazione del Governo Provvisorio e l'abdicazione dell'ultimo Zar, si spiega la formazione di un potere duale che vede alleati non graditi lo stesso Governo Provvisorio e gli esponenti delle fronde socialiste di espressione popolare (protagonista non dichiarato di tutto è Lenin)... l'anno 1917 prosegue tra vittorie e sconfitte politiche, distanziamenti sempre più forti, esili e ritorni di Lenin, tensioni controrivoulzionarie e altro casino vario fino alla vera Rivoluzione d'Ottobre, l'abbattimento del Governo Provvisorio e la rapida trasformazione della Russia verso un ordinamento socialista utopico. Si parla pochissimo di Stalin e sempre in negativo.
Il capitolo finale, decisamente il migliore del libro, è tanto un epilogo quanto una riflessione dell'autore: l'utopia Russa va in merda molto presto, Lenin muore e l'idea di una Russia del popolo diventa un regime di terrore e violenza. Mieville insiste molto sul fatto che l'idea non fosse sbagliata e che il destino nefasto della rivoluzione non sia una certezza inevitabile. Mieville sostiene che una rivoluzione che non degradi in violenza e dittatura è possibile, sarebbe possibile.
Il commiato dello scrittore è malinconico.
Non è male come saggio, certamente gode appieno della straordinaria capacità narrativa di Mieville, qui semplificata e depurata delle sperimentazioni linguistiche più caratteristiche dello scrittore: si legge molto bene ed è una descrizione veloce di un periodo e di una situazione molto complessa, non direi superficiale ma, come da intenzione dell'autore, puramente divulgativa.
Significato di soviet, bolscevichi e socialismo come inteso nei primi del '900 sono le nozioni permanenti dalla lettura del libro. La parata di nomi e personaggi è più difficile da mandare a memoria: si può provare a presentare la Storia come una storia, ma questa in particolare è fatta di politica e poca azione, troppi personaggi che cambiano idea troppo in fretta. Non è facile seguire la vicenda, per così dire.
E' giusto per appassionati di Mieville, chiunque voglia informazioni sulla Rivoluzione d'Ottobre dovrebbe probabilmente ricorrere a fonti più tradizionali.
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