Ugly Delicious: comincerò dicendo che, da quando passano per tv o altro, ho sempre guardato serie televisive dedicate al cibo. Ci sono due modelli nella mia testa, escludendo cose tipo master chef: c'è il tipo filosofico di scoperta culturale, emotiva e personale alla Anthony Bourdain; c'è il tipo divertente a tratti comico del mangiare cose più o meno assurde basate spesso sul contrasto culturale alla Andrew Zimmern.
Ugly Delicious è una serie in 8 episodi prodotta e distribuita da Netflix, ed è la prima incursione televisiva autoriale per il super chef americano-coreano David Chang, assistito dal suo socio e critico culinario Peter Meehan (la loro storia assomiglia a quella del film Chef).
Penso sia la mia nuova serie preferita sul tema, un assoluto capolavoro a livello produttivo: regia eccellente, testi impressionanti, ottime personalità coinvolte, ritmo cinematografico. Un valore produttivo assolutamente sopra la media che potrebbe avvicinarsi ad altre produzioni simili ritrovabili su Netflix ma, a mio avviso, le supera tutte grazie al riuscito abbinamento di denaro high end, tematiche stimolanti e toni profondamente autoironici.
Ogni episodio tratta un particolare tipo di cibo ma, in realtà, ogni episodio esplora un gruppo etnico o relazione sociale tra gruppi etnici, svolgendo un'argomentazione tra autenticità originale del cibo oggetto e contaminazione, o bastardizzazione, fusion in giro per il mondo. Ovviamente, specialmente in America.
Uno dei temi ricorenti vede la cucina tradizionale, italiana o asiatica o altro, e quanti gradi di separazione siano andati a frapporsi tra quel punto di partenza e la versione american-italian o american-chinese o american-tutto il resto.
Ogni episodio Chang e i suoi co-host vanno in giro per il mondo, ci sono alcune tappe ricorrenti come il Noma piuttosto che Tokyo come un tutto, spesso in Italia come altro rappresentante europeo, Pechino, east e west coast degli USA... in questi viaggi, il tema della rappresentazione locale del cibo oggetto diventa lo spunto per disquisire su come la relativa cultura originante sia o meno integrata nei luoghi di emigrazione.
C'è commedia, a volte persino esilarante; c'è molta serietà nella prospettiva specifica di Chang, americano coreano, e nelle sue conversazioni con altri immigrati che rappresentano spesso gli aspetti più apprezzati e amati della cucina in America.
Primo episodio dedicato alla Pizza e il rapporto tra tradizione e innovazione; il secondo ai Tacos e si comincia a parlare di immigrati messicani e terre di confine e contaminazione; il terzo capitolo è sul home cooking ed è il momento di spiegazione per il titolo della serie: ugly delicious diventa cibo di qualità realizzato non alla maniera che oggi domina la televisione di master chef, senza impiattamenti inutilmente artistici e quantità ridicole, ma abbondanti e di qualità, soprattutto buoni senza per questo rinunciare alle amate stelline michelin che, ed è un altro dei temi, sono secondo l'autore una rappresentazione oggi falsata della qualità del cibo perché filtrata attraverso gli occhi di bianchi ricchi.
Quarto episodio è una disputa tra gamberi d'acqua dolce e salata, tra varie tradizioni del sud degli Stati Uniti, ma anche del Vietnam e la cucina cajun.
Il quinto episodio riparte dal sud degli USA, si parla di bbq e di come solo qualcuno che possa dichiarare di aver inventato il fuoco potrebbe appropriarsi della sua origine: bbq in corea e in giro per il mondo con una fermata super speciale a Tokyo per il più incredibile degli yakitori. Episodio molto interessante ma, se si parla di bbq, Ainsley Harriott rimane il re.
Sesto episodio sul pollo fritto e gli stereotipi sugli afroamericani, settimo episodio sul riso fritto e gli stereotipi sui cinesi.
L'ottavo episodio chiude il cerchio, ed è sempre una struttura che apprezzo perché sottolinea pensiero e riflessione alla base, ritornando alla cucina italiana mettendo a confronto la pasta ripiena con i dumpling fatti... beh, ovunque nel mondo ma soprattutto in asia.
Amo Bourdain perché è certamente il primo che mi abbia fatto girare il mondo e immaginare cibi straordinari, e allo stesso tempo fatto sentire intelligente ed emotivamente evoluto nel parlare di cibo in Italia; Ugly Delicious, però, è qualcosa di decisamente di più.
C'è un ospite ricorrente di nome Jonathan Gold: è il primo critico culinario (e forse l'unico, dovrei controllare) ad aver vinto un premio pulitzer. Un critico culinario senza romanzi o libri, premiato con quello che è probabilmente il più importante premio letterario corrente (quindi non un Nobel) per aver scritto di cibo.
Ecco: Ugly Delicious è una serie 'televisiva' sul cibo che possiede le qualità assolute di un prodotto di intrattenimento completo.