L'Eroe dai Mille Volti (The Hero with a Thousand Faces, 1949): mi ero ripromesso di leggere questo libro da lungo tempo. Scritto nel 1949, questo fondamentale saggio del mitologo e storico delle religioni americano Joseph Campbell è uno dei classici nel campo degli studi comparati su mito e religioni.
Citato come padre nobile e modello, pur con tutte le differenziazioni dovute agli anni, tanto da Christopher Booker quanto Grant Morrison, e da chiunque, suppongo, abbia mai avuto più di un fuggevole interesse nell'analisi della storie e dei racconti.
E' un libro del '49, anzi: è un saggio del '49, quindi molto lontano dal modo di fare saggistica divulgativa contemporanea. Il linguaggio di Campbell è ricercato e aulico, non esattamente mirato a tenere lontani i non esperti ma certamente scelto per l'abitudine a parlare con i suoi peers e non con uomini della strada.
E' un testo faticoso che non fa sconti, ma l'argomento è uno dei miei preferiti da sempre.
'Ai miei tempi', a scuola si insegnava mitologia (l'ora di 'epica'): un concetto vago partente da Omero per arrivare a Dante. Non so se sia ancora così.
La modernità di allora di Campbell, la sua intuizione e il successo di questo volume sono legati alla nascita degli studi comparativi e allo sviluppo e popolarizzazione della psicoanalisi, anche e soprattutto la sua trasformazione in scienza accettata nei contesti universitari.
Campbell prende la psicoanalisi di Freud e Jung e la applica ai miti senza distinzione per contesto storico o geografico, indifferentemente alla presenza o meno di aspetti religiosi sopravvissuti, e riconoscendoli apertamente al pari di sogni.
Sogno, mito e religione, semplificando un po' la visione di Campbell, sono la stessa medesima cosa: tutti derivano dall'inconscio e dalla psiche, il sogno ne è una manifestazione disorganizzata individuale, il mito e la religione sono filtrati attraverso un'organizzazione coscientemente finalizzata.
La matrice è unica.
Tutto parte dal 'monomito': ogni storia è variazione di un'unica storia.
Booker direbbe 'basic plot' e preferirebbe trovarne almeno 7, Campbell esordendo sul tema preferì radicalizzare e sostenere l'idea del monomito.
Il volume è diviso in 2 parti, la seconda più breve della prima: la prima dedicata all'avventura dell'eroe, la seconda alla cosmologia.
L'avventura dell'eroe, usando terminologie che rimarranno negli anni fino agli esempi sopracitati, si divide in partenza, iniziazione e ritorno; ognuna di questa parti possiede dei sotto generi e sotto elementi; i cicli cosmogonici prevedono emanazione, nascita della vergine, trasformazione dell'eroe e dissoluzione (in pratica: nascita della materia, nascita del contesto mitico, nascita dell'uomo e dell'eroe, fine del mondo).
A tutto questo, Campbell applica la lente della psicoanalisi a sua volta 'costretta' dalla logica dell'intelletto dello scienziato classico. Oggi potrebbe, anzi assolutamente suona un po' forzato e spesso ridicolo ridurre ogni aspetto di questi miti al rapporto con la madre e al sesso... e devo ammettere che pensavo fosse uno scherzo, un luogo comune ritenere che Freud/Jung riconducessero tutto al rapporto con la madre e al sesso... all'epoca era avanguardia culturale.
Il volume, sempre perché del 1949 e corrispondente a un'immagine di saggio che oggi non usa più se non in contesti chiusi di pubblicazione scientifica, è composto da molte e lunghe citazioni da fonti illustri, molte foto in bianco e nero.
Curiosamente per un testo così classicamente impostato, la narrazione è straordinariamente disomogenea (lo stesso Campbell affronta brevemente la questione): per dimostrare i suoi punti sulla ricorrenza di temi e l'essenza del monomito passa senza soluzione di continuità a raccontare miti dalla grecia classica, storie del Buddha e del Cristo, sogni individuali di perfetti sconosciuti, saltando da uno all'altro senza la minima soluzione di continuità, spesso proponendo parziali resoconti di queste storie, per poi riprenderle a distanza di molte pagine e capitoli.
Affascinante, faticoso.