B the Beginning: a causa dei diversi metodi di proposta pubblica, simulcast o rilascio contemporaneo di tutti gli episodi, distribuzione mondiale o limitata temporalmente ad alcune regioni, è difficile seguire in modo progressivo l'assalto di Netflix al mondo dell'animazione. Questa serie originale in 12 episodi prodotta da Production IG è pare dell'accordo stipulato tra le due società a fine/inizio anno (con altri accordi simili tra Netflix e Bones, Netflix e Wit).
L'opinione di internet è super biased nei modi più stupidi possibili: la maggioranza delle voci critica il contributo di Netflix perché non migliora le condizioni lavorative dei poveri animatori giapponesi (perché mai dovrebbe?) o perché viola in qualche modo la santità della produzione nipponica... come se il sistema nipponico fosse guidato dall'arte e non dal commercio.
La realtà è più semplicemente un'altra: l'internet occidentale di nicchia che guarda gli anime e si sente elite non apprezza l'ingresso di colossi economici perché conforma e popolarizza qualcosa che si vorrebbe mantenere confinato. Nel caso specifico ignorando completamente come si tratti di una prospettiva assolutamente occidentale quella di vedere gli anime come un prodotto di nicchia, e si attribuiscano connotazioni geek a qualcosa che nella sua terra d'origine è commerciale, trasversale e pervasiva come poco altro.
Ciò detto veniamo alla serie in questione... proseguiamo però il tema: B the Beginning subisce due critiche di carattere generale. La prima riguarda la struttura: Netflix ha voluto una serie da rilasciare alla propria maniera, tutti gli episodi in un colpo solo, e conseguentemente l'approccio narrativo segue schemi e ritmi che non sono quelli classici delle serie animate giapponesi; la seconda critica deriva dalla prima: la trama di B the Beginning e i modi del suo sviluppo suonano, vibrano di televisione americana.
Sono entrambe vere, ma non sono aspetti negativi: si tratta di evoluzione del media e globalizzazione, due cose che non sono negative per sé e daranno origine a prodotti di qualità alta e bassa esattamente come adesso.
Lo staff chiamato a realizzare questa produzione non comprende nomi di prima linea di Production IG, ma non c'è da trovare per forza dei significati in questo: potrebbe essere che lo studio giapponese tenga i propri migliori per le proprie produzioni, potrebbe anche essere il normale processo di responsabilizzazione di professionalità interne che scandisce regolarmente il sistema produttivo degli studi d'animazione.
Quale che sia, tecnicamente, il risultato è più che pregevole e presenta una qualità dell'animazione medio alta anche per gli standard solitamente sopra la media di Production IG. B the Beginning è un bel cartone da guardare.
I suoi due punti di forza sono però altri: la trama e lo stile della regia.
La regia è stilisticamente molto caratterizzata e non si può fare a meno di notare quanto somigli alle produzioni più moderne americane: i tempo del racconto, gli effetti visivi e il modo di raccontare il processo dei pensieri dei protagonisti. E' specialmente notabile in tutte le scene 'investigative' condotte dal protagonista: sembra di guardare una regia di Ritchie o una produzione di Moffat, o di un altro stylish regista occidentale.
Vedere questo stile applicato all'animazione è già di per sé un motivo di straordinario interesse.
La trama è sconnessa: ci sono due storie principali che sembrano forzatamente unite, si sarebbero potute separare e contenere in due serie isolate, sono state mescolate in un modo che sembrerebbe inteso ad accontentare il pubblico a Est e Ovest. Il risultato è discutibile.
Nel Regno di Cremona, molto somigliante alla San Marino dell'ultima serie di Lupin, dove tutto è scritto in italiano, dove uno dei protagonisti è un maestro liutaio, dove la polizia si chiama RIS (ma è acronimo per Royal Investigation Service) stanno accadendo misteriosi omicidi compiuti dall'enigmatico 'Killer B'. Un vigilante che uccide criminali e che, fin da subito, ci viene mostrato come un giovane uomo capace di trasformarsi: ali, braccio spada, occhio mostruoso, cambiare colore e altre cose.
Una squadra speciale della polizia indagata su questi omicidi.
Entra in scena il secondo protagonista, Keith Flick: un investigatore genio dal passato tormentato, non esattamente un personaggio originale ma molto ben caratterizzato, carismatico e uno dei migliori male lead adulti dell'animazione giapponese recente.
...ammesso di riuscire a trovarne molti di cartoni giapponesi con un protagonista ultra quarantenne che non combatte, a mala pena si muove e in generale vive e vince solo con la propria super superiore intelligenza.
Potrebbe essere davvero uno qualunque degli ultimi Sherlock, specialmente quello di Moffat piuttosto che quello di Ritchie, filtrato attraverso l'estetica degli anime adulti.
Keith Flick ha una sua agenda segreta e sa più di quanto lasci intendere ai suoi compagni di squadra.
Le vicende di Keith e di Killer B sono connesse in più di un modo: tutta la serie è dedicata a dipanare una serie di segreti che riguardano tanto i personaggi quanto il setting.
Sfortunatamente, molto presto in una serie così breve, le due storie più si intrecciano più sembrano divergere e, specialmente, la vicenda di Keith inizia a fagocitare quella di Killer B. Negli ultimi episodi l'esistenza di Killer B sembra servire solo per garantire qualche scena d'azione e un po' di combattimenti mirati a mantenere attratto un pubblico più diversificato rispetto a quello normalmente interessato da una serie puramente investigativa.
Se B the Beginning fosse stato solo investigativo sarebbe stata un prodotto molto migliore.
Il confluire di tutti questi motivi economici e commerciali fa di B the Beginning un prodotto con molti difetti ma assolutamente meritevole e a suo modo unico.
E' un telefilm edgy americano animato da uno dei migliori studi giapponesi con una storia che cerca di mescolare, senza riuscirci, temi e soggetti da ambo i mondi.
Due note per finire: la serie è rated 14 per un po' di sangue, violenza psicologica e nudità non sessuali. E' un altro aspetto che rende questo prodotto molto più americano che giapponese. Stesso discorso per l'ultima osservazione: i personaggi femminili coinvolti in questa storia variano da replicanti in puro stile Blade Runner originale, a le due investigatrici nella 'squadra di Keith' che ricordano alcuni dei migliori personaggi femminili adulti dell'animazione giapponese, quelli di Evangelion. Personaggi ADULTI specifico.
In pratica ci sono personaggi femminili esteticamente occidentali con comportamenti asiatici, e personaggi femminili con estetica orientale che starebbero benissimo in un serial occidentale.
SPOILER SPOILER SPOILER
L'assassino e mente dietro tutto è il patologo amico di Keith.
Nessuno dei protagonisti o coprotagonisti muore.
Il finale è aperto a una seconda stagione, non annunciata, con la scoperta (solo per gli spettatori) che uno dei personaggi del passato creduti morti è in realtà vivo. Il bambino che protesse Koku.