Coco: dopo aver visto l'ultima fatica Pixar, ho cambiato idea a proposito di Trump e del muro con il Messico. Farebbe bene.
Coco è la storia di un bambino di nome Miguel che nasce in una famiglia di calzolai. A Miguel piace la musica ma, per motivi assolutamente stupidi, nella sua famiglia la musica è bandita; anche se non fosse bandita, tuttavia, a Miguel sarebbe comunque impedito di seguire la sua vocazione: le vocazioni personali non sono permesse, l'unica possibilità è seguire la strada prestabilita dalla famiglia.
La famiglia ama in modo soffocante il piccolo Miguel, nasconde dietro un amore fatto di gesti plateali e smancerie, l'assoluto disinteresse per le sue idee e il desiderio di dominarlo e soffocarne ogni individualità.
Quando poi, naturalmente, Miguel scapperà di casa per inseguire il suo sogno, la famiglia arriverà addirittura a preferirlo morto, a minacciarlo di morte, piuttosto che aiutarlo o lasciarlo fare.
Questa è, in sintesi, la trama di Coco.
E' stato un gran successo commerciale ma non ha suscitato la frenesia popolare delle più recenti produzioni Disney.
Personalmente è il sesto film consecutivo scarso di Pixar (Brave essendo l'ultimo bello): ci sono stati 3 seguiti (Monsters 2, Nemo 2, Cars 3), un film originale che ha floppato alla grande (il dinosauro) e Inside Out.
Coco è il mio nuovo film Spreferito di Pixar, scalza Up.
Disney continua a macinare successi, Pixar continua a declinare. Ribadisco, però, il grande successo di Coco: è piaciuto molto.
C'è stata una specie di inversione: alla Disney adesso fanno film più edgy dove si raccontano vicende meno tradizionali, alla Pixar stanno invece facendo solo film su famiglie per famiglie.
Particolarità di Coco: è la famiglia di Miguel a crescere, non tanto Miguel stesso.
Tralasciando ora queste considerazioni personali: Coco manca in sceneggiatura e animazione.
La storia è di una banalità estrema, ovvia in modo imbarazzante dal momento uno e fino alla fine: mai una sorpresa, mai un colpo di scena. Tutto estremamente prevedibile, niente di originale, ogni situazione è telefonata e si risolve nei modi più comuni e ripetitivi.
L'animazione manca di quel 'quid' caratterizzante che hanno sempre avuto le produzioni Pixar originali, non i seguiti: i panorami psichici di Inside Out, i capelli e il pelo di Brave, la fantascienza di Wall-E, il cibo del ratto e via dicendo.
Coco avrebbe l'architettura messicana applicata al Giorno dei Morti, quindi scheletri e colore, ma non riesce a sfruttarla in alcun modo significativo: la città dei morti è priva di spessore e idee, i morti stessi sono... beh: sono scheletri comici, sono cose viste e riviste nell'animazione occidentale da sempre.
Il successo eccellente di Coco, temo, deriva più dal momento politico che dalla qualità del film: fa bello andare a supportare il Messico; inoltre, l'azzeramento della sceneggiatura permette a qualsiasi idiota di apprezzare il film senza dover spendere neuroni; l'animazione senza sorprese garantisce un senso di famigliarità rassicurante.
La scena strappalacrime nel finale è riprovevole.
Negli ultimi due film prodotti, Disney ha scelto di essere etnica in modo adulto, Pixar in modo scemo.
SPOILER SPOILER SPOILER
La trama è talmente scema che l'unico motivo per lo spoiler è sollevare la questione del come mai il presidente del messico, diciamo così, sia il personaggio scelto per essere un assassino.