Doromizu (Id, 2016): piccolo caso editoriale italiano. Esordio letterario per Mario Vattani, eclettico politico e diplomatico italiano appassionato del Giappone.
Romanzo ambientato in Giappone una decina d'anni fa: un giovane italiano cresciuto a Londra (e quindi internazionale e capace di cavarsela all'estero, come lo stesso Vattani e non come l'italiano medio), laureato in cinema a New York, vive a Tokyo e cerca lavoro nel cinema giapponese.
Il protagonista ha la febbre gialla a manetta: parla bene il giapponese, si sta facendo fare un tatuaggio 'integrale' da un maestro locale, ama e conosce tutti i costumi. Specialmente quelli alla Tokyo Decadence.
Soapland, alberghi a ore, sadomaso, porno amatoriale e promiscuità sessuale varia.
Il protagonista ama il giappone del cinema, il giappone classico prima della guerra, ma soprattutto ama l'industria del sesso giapponese. Nella quale, abbastanza presto nel libro, comincia a lavorare come cameraman.
C'è una specie di sottotrama concernente dei soldi rubati, forse traffico di droga, qualche contatto traverso con yakuza a criminalità varia, ma è una trama che serve solo a risolvere la non-storia del romanzo e chiudere il libro. La non-storia del romanzo riguarda il rapporto tra il personaggio (alter ego fino a che punto dell'autore.. chissà?) e il Giappone. Contraddizioni e bla bla.
E' un po' il solito libro dell'occidentale che parla di estremo oriente, qui condito da un po' più di colore locale e qualche costruzione artificiosa.
La narrazione è solida, scorrevole e ben scritta.
Nel contesto della letteratura italiana è fuori dal comune e già per questo assolutamente lodevole, oggettivamente promette molto ma consegna poco.