Console Wars (Id, 2014): questo libro mi ha molto sorpreso. Innanzitutto è molto diverso dagli altri libri sull'industria dei videogiochi che ho letto, perché è un romanzo e non un saggio di storia societaria o un'analisi di costume. E' un romanzo vero e proprio con un protagonista, Tom Kalinske presidente di Sega of America per i 6 anni della generazione a 16 bit, un antagonista dichiarato, Nintendo, e un colpo di scena finale.
E' la storia romanzata di come Sega sfidò e quasi vince la guerra delle console contro la monopolista Nintendo, storia basata su "oltre 200 interviste" a ex-dipendenti di Sega e Nintendo. Ho letto l'edizione italiana pubblicata da Multiplayer (perché pensavo fosse un saggio), edizione molto ben curata con un'ottima traduzione, l'inserto fotografico a colori a metà libro e il poster infographic allegato. E' una bella edizione, la migliore mai prodotta da Multiplayer per quanto sia la mia esperienza con le loro produzioni.
L'edizione corrente del libro porta una prefazione scritta da Evan Goldberg e Seth Rogen, perché i due stanno realizzando il film tratto dal libro in uscita teorica l'anno prossimo.
Essendo un romanzo, Console Wars ha i difetti e i pregi del genere: la storia è raccontata dalla prospettiva del protagonista, c'è anche una storia di Nintendo inserita tra le pagine ma è tutto visto nell'ottica della concorrenza. Tutta la storia è filtrata attraverso l'eroe Tom Kalinske, di conseguenza c'è una forma non nascosta di parzialità che de-oggettivizza le azioni e la presenza di tutti gli altri.
Essendo un romanzo la forma narrativa aiuta a rendere più interessanti scene altrimenti statiche come quelle dei consigli d'amministrazione, delle campagne marketing e di tutti quegli aspetti economico-pubblicitario che stanno alla base della vita di una società; non essenso il romanzo scritto da un genio, le scene suddette risultano comunque noiose e di troppo: Console Wars è troppo prolisso, ed è prolisso perché invece di scrivere in una riga che il giorno x del mese x ci fu un consiglio d'amministrazione per decidere la campagna pubblicitaria per il lancio di Sonic 2, si spendono 50 pagine a raccontarlo.
E' un libro troppo lungo per il materiale raccontato, è anche però scritto inaspettatamente bene, non geniale, e quindi si legge volentieri. Nonostante la noia di certi passaggi, si vuole continuare a leggere.
L'eroe Kalinske e le grandi idee di Sega: campagne pubblicitarie rivoluzionarie per promuovere videogiochi dedicati non ai bambini ma ai ragazzini e agli adulti, Sonic the Hedgehog, le licenze Disney, Mortal Kombat. Il periodo d'oro del Megadrive che permise a Sega di abbattere il gigante Nintendo detentore del 90% abbondante del mercato, riducendolo a un 50% tirato tra le due società.
Ricordo bene quegli anni... io avevo entrambe le console e le ho possedute entrambe (o tutte e tre) fino al Dreamcast, non sono mai stato un patito della console war, ed è il motivo per cui non ho provato nessuna emozione passando poi a Sony, poi a Microsoft, poi di nuovo a Sony.
Da lettore esperto in materia, l'aspetto più interessante del libro è lo svelamento di certi retroscena dietro la console war, quale che sia, e di come sia superficiale additare ragazzini cretini accusandoli di essere cretini, quando sarebbe più corretto dire 'plagiati'.
Il finale del libro marca pesantemente quel senso di parzialità di cui sopra: Kalinske è l'eroe che ha salvato Sega e conquistato il mondo, ha battuto il suo nemico ma viene tradito e pugnalato alle spalle; il nemico finale non era Nintendo, bensì gli odiosi giapponesi proprietari incapaci di vedere il futuro, odiosi razzisti, vecchi retrogradi bastardi. L'eroe Kalinske di Sega of America viene ucciso dai musi gialli di Sega of Japan.... e dal fatto che Nintendo, dopo una sbandata di 6 anni, fosse tornata alla carica con tecnologia migliore, e Sony fosse arrivata a spaccare i culi a entrambe... ma soprattutto per colpa degli schifosi giapponesi che hanno ucciso il sogno americano.
A me piacciono sia i giapponesi che gli americani, il racconto di Harris dà l'impressione di basarsi un po' troppo sulla prospettiva americana di Kalinske e presenta i giapponesi in chiave quasi esclusivamente negativa.