Black or White: Kevin Costner e Mike Binder nuovamente insieme dopo il per-certi-versi-simile-ma-peggiore The Upside of Anger in un dramedy che, pur senza mai essere davvero commovente, risulta molto interessante, intenso e coinvolgente.
Il setting è abbastanza complicato: tutto gira intorno a una bambina mulatta.
Vive affidata ai nonni materni bianchi, Kevin Costner e la moglie: a inizio film la moglie muore e Kevin rimane da solo dando il via a una contesa giudiziaria sul futuro della bambina. Nonno Kevin da una parte, la famiglia nera del padre dall'altra.
A contorno: Kevin è un avvocato di successo, anche la famiglia paterna è di successo ma tra loro non corre buon sangue a causa dei genitori della bambina. La figlia di Kevin è morta dandola alla luce, il figlio dei neri è un drogato.
Vabbeh... poco importa: la sceneggiatura del film spinge constantemente l'acceleratore sui motivi razziali per poi dimostrare tanto a noi spettatori quanto ai protagonisti che questi motivi razziali siano solo apparenti, non inesistenti ma del tutto marginali; il regista ci inganna più volte dando l'impressione che ci sia del razzismo vero dietro i modi per bene di entrambe le famiglie, dietro le caratterizzazioni apparentemente stereotipate: inaspettatamente non è così.
Si finisce a parlare veramente di famiglia, e molto, senza prestare quasi la minima attenzione al colore della pelle: non è un film sull'integrazione dei sangue misto, è invece un classico film sulla difficoltà a comunicare tra persone di provenienza diversa.
Kevin Costner è un bravo attore, è diventato un bravo attore: è ancora difficile da guardare quando piange, non dovrebbe mai piangere perché il suo pianto cinematografico è davvero scarso, ma il resto del suo spettro espressivo è assolutamente in grado di presentare, e anche bene, la difficile e complessa vicenda di Black or White.
Mi aspettavo una lagnosa tragedia da mandare avanti veloce, è un bel film con un felice spaccato di vita: né troppo drammatica, né troppo ingenua.