Briarpatch (Id, 2011): ho circumnavigato questo libro per un paio d'anni prima di decidermi all'acquisto, precedentemente ero stato tentato da un altro romanzo di Tim Pratt (Rangergirl).
A quello avevo resistito.
E' scritto bene e tra l'inizio e la fine c'è un mondo di differenza. In meglio.
All'inizio, Briarpatch sembra uno dei tanti romanzi dedicati alle 'città ombra', chissà quanti ambientati a Londra (alcuni scritti da autori decisamente migliori... Gaiman e Mieville per citarne un paio): c'è un tizio normale che improvvisamente comincia a vedere porte, vicoli, ponti e scale dove non dovrebbero essere che, se percorse, lo conducono in posti strani e implausibili. O diversamente plausibili.
E' banale e già visto, e poco aggiunge l'elemento romantico del nostro protagonista alla ricerca della sua bella amata che, dopo averlo lasciato, si è fiondata giù da un ponte.
La storia prosegue e migliora, vengono introdotti altri personaggi e il tutto si trasforma, piano piano, in un certo esempio di fantasy che andava anni e anni fa. Quel genere meraviglioso lanciato indirettamente dal maestro Lovecraft con le storie dedicate a Randolph Carter.
La Terra dei Sogni di Lovecraft è chiara ispirazione per il Briarpatch di Pratt: una serie di mondi interconnessi, strani e illogici, più o meno plausibili (parola chiave del libro) percorsi da viaggiatori più o meno esperti, più o meno amichevoli, spinti dalla curiosità dell'esplorazione.
E' raro trovare storie del genere oggi, la fantasia dell'esploratore non appartiene più al nostro secolo.
E' un romanzo che cresce e cattura, non ci mette molto ma ci mette troppo considerandone la brevità: inizia a ingranare verso metà, ed è praticamente già finito.
Sono combattuto, alla fine mi stava piacendo moltissimo e certamente ne leggerei un seguito già avviato; l'introduzione troppo lunga e alcuni sviluppi inutili lo appesantiscono, un bel libro che avrebbe avuto bisogno di più polpa.