Space Station 76: ero curioso, ora sono deluso. Un film ambientato nell'idea di fantascienza degli anni '70, una specie di omaggio alla tv di Gerry Anderson mescolato con un po' di humor contemporaneo.
E' così per circa dieci minuti, poi tutto si trasforma in una sottospecie di dramma triste e deprimente.
Patrick Wilson è il capitano segretamente omosessuale che lotta contro i propri istinti per mantenere una presunta immagine di macho; Liv Tyler è il secondo in comando, una donna a fare il lavoro tradizionalmente di un uomo, combattuta tra un forte desiderio di maternità e il voler essere in carriera; Matt Bomer è il meccanico bloccato in un matrimonio senza amore con una moglie impasticcata, depressa e infelice. Non sono i personaggi di una commedia divertente, neppure quelli di una commedia nera divertente.
Non c'è molto in termine di storia, nessuno degli attori è al suo meglio... stendo un velo pietoso sul 'nuovo' aspetto di Liv Tyler dopo il frontale con un camion carico di chiurghi.
Non è tutto merda, Space Station 76 funziona benissimo in tutte le categorie secondarie: costumi, trucco, setting, effetti sonori. La voce elettronica che annuncia l'apertura e la chiusura di qualsiasi cosa, il robot psicologo con le risposte pre-impostate, il videogioco di asteroid e altro sono solo alcuni esempi di quanta cura sia stata riversata sul ricreare il design e l'aspetto della tv di fantascienza degli anni '70.
...poi però interviene il regista, e sceneggiatore, esordiente Jack Plotnick (attore circa noto), e strafa.