Of Dice and Men (Id, 2013): per i lettori non anglofoni, il titolo è un gioco di parola di Of Mice and Men (Uomini e Topi) di Steinbeck... non doveste averlo già letto a scuola, provatelo: è una lettura breve e un classico.
L'autore è David Ewalt. Io leggo Forbes. Non leggo Forbes per la lista degli uomini più ricchi del mondo, per quella basta il tg, mi piace la vasta sezione dedicata ai 'games' ed Ewalt è uno dei loro giornalisti dedicati.
Of Dice and Men, per usare le parole del libro, è un breve saggio sulla storia di Dungeons & Dragons e le persone che lo giocano.
La prefazione stabilisce e dichiara il tono del libro: mediare tra il saggio specializzato, dedicato ai fini conoscitori di D&D e giochi vari, e i babbani qualunque per qualche motivo interessati.
Normalmente non userei il termine 'babbani', essendo da Harry Potter, lo fa Ewalt.
Fin dall'inizio, l'autore tenta un approccio amichevole e simpatico: da un lato raccontando la sua esplorazione ed esperienza diretta con i giochi di ruolo, dall'altra inserendo in ogni capitolo brevi testi in corsivo, veri e propri stralci narrativi da (più o meno) vere play session.
I lettori più vecchi ricorderanno un tempo, forse accade ancora, quando per un breve e fortunato periodo (quando internet era dominata da un certo tipo di persone e non ancora del tutto aperta al pubblico) su molti siti anche italiani era possibile trovare trascrizioni romanzate di avventure svolte da giocatori con Dungeons and Dragon o altri.
Ewalt fa qualcosa del genere.
E' un libro molto ambizioso, troppo mi viene da dire, nel quale si prova a raccontare un fenomeno di costume, popolare e culturale, mescolando biografie degli autori, storia societaria, storia sociale, storia personale e considerazioni sull'essere nerd o geek.
Ewalt preferisce la parola 'nerd' e in larga parte, troppo larga, il libro si sofferma sulla lotta personale dell'autore per farsi accettare dalla società; si riferisce spesso a periodi passati, tempo fa, perché oggi l'orgoglio nerd è un fad che fa paradossalmente figo. L'editore di Ewalt ha scelto di cavalcarlo, all'autore sono propenso a concedere il beneficio del dubbio e dell'onestà.
I primi capitoli descrivono, con alcune frasi molto chiare che userò sicuramente la prossima volta che mi dovesse capitare di dover spiegare come funzioni Dungeons and Dragons, cosa sia Dungeons and Dragons: si fa un po' di storia dei giochi di società, da monopoly ai più avanzati giochi di guerra, ai giochi di ruolo.
Vengono gradualmente introdotti David Arneson e Gary Gygax, paragonandoli a Jobs e Wozniak, il visionario e l'ingegnere. Si parla di 'Fantasy Game', di 'Greyhawk' e della prima Gen Con: delle esperienze negli scantinati di casa e della nascita di TSR, paragonata implicitamente ad Apple.
Le similitudini esistono.
Il terzo capitolo crea una pausa per addentrarsi a definire la razza dei nerd, il razzismo contro i nerd: ancora una volta il paragone implicito tra l'appassionato di giochi e l'appassionato di computer.
Riprende il la storia di TSR con l'ingresso nel mercato di massa, la geniale idea di realizzare espansioni e scenari che continuino a vendere 'lo stesso prodotto': l'originale idea dietro i moderni DLC dei videogiochi.
Si raccontano interessanti fun facts come... 'Lo sapevate che?' Il primo distributore esclusivo per l'Europa di Dungeons and Dragons fu una piccola società chiamata Games Workshop.
Proseguendo sulla via di Apple e della classica storia delle startup, Ewalt inizia a descrivere i contrasti tra i fondatori, l'uscita di scena di Arneson, l'incapacità di questi nerd a far funzionare una società in rapido sviluppo, megalomania, ipocrisia, etc etc.
Il successo di D&D è tale da infondere vita in una quantità enorme di competitors e cloni, tutti combattuti a botte di avvocato.
Introdotto il tema dell'avvocato, Ewalt si prende una pausa a effetto per inserire un altro capitolo introspettivo sul 'perché giochiamo?'. Sfortunatamente, Ewalt non è Booker e la risposta a 'Perché giochiamo?' risulta neppure lontanamente adeguata.
Giusto per la cronaca: 'Booker' è Christopher Booker, autore di Seven Basic Plots, uno dei saggi più belli della storia.... nel quale si risponde, tra le altre, alla domanda 'perché raccontiamo storie?'.
Riprende la storia societaria: Arneson e Gygax si fanno causa a vicenda in varie occasioni, alla fine si mettono d'accordo.
Nel frattempo il libro si ferma a spiegare come i giochi di ruolo divennero il nuovo bersaglio per genitori e politici di destra, dopo i fumetti e prima dei videogiochi. Sarebbe interessante scrivere un saggio sulle cose contro cui genitori e politici conservatori si sono scagliati nei decenni: film, rock, fumetti, giochi e videogiochi, internet, etc.
Si cita ovviamente il famoso fumettino Dark Dungeons che, lo cito per questo, ha recentemente dato vita a un film. 
...come Jobs, anche Gygax viene alla fine buttato fuori da TSR.
Siamo nel frattempo arrivati agli anni '90 e tra le Magic e i videogiochi, Dungeons and Dragons comincia a scivolare lontano dall'attenzione pubblica. TSR viene acquistata da Wizards of the Coast, a sua volta in seguito acquisita da Hasbro. 
Essendo primariamente un giornalista, Ewalt ha una visione positiva (prezzolata?) di Wizards e si sofferma negli ultimi capitoli a parlare bene dell'approccio open source e la creazione del d20 system, oltre a fare una pazzesca marchetta pubblicitaria a D&D Edizione 5, il cosiddetto D&D Next che da qualche anno tutti attendono come il nuovo avvento e/o la fine del mondo e/o un modo per rifarsi del flop della Quarta Edizione.
Una nota informativa personale: io sono rimasto alla 3.5 e possiedo ancora orgogliosamente il mio red box. 
C'è tempo per esplorare il fenomeno dei LARP, ne parlammo poco tempo fa con Knights of Badassdom. 
Of Dice and Men è un libro ricco e scritto con passione, prova a fare troppe cose e solo alcune sono riuscite col buco. In particolar modo la ghettizzazione nerd suona un po' forzata e fuori tempo massimo, specialmente in un periodo dove auto definirsi tale fa tanto alternativo.
Ewalt ci crede un po' troppo: frequentemente tratta l'argomento come se parlasse di una malattia del gioco tipo slot machine, vergogna e imbarazzo... non conosco Ewalt ma ho i miei dubbi che un giornalista del Forbes con tanto di bella foto a firma degli articoli sia davvero un tale patetico nerd da film anni '80.
Comunque sia è una bella lettura non troppo approfondita e facilmente approcciabile su Dungeons and Dragon... questa riga di testo avrei dovuto metterla in cima e chiudere così il post, non è sufficiente per comprare il libro?
NOTA: parliamo un attimo di percezione e prospettiva.
Nel mese di maggio penso di aver visto 4-5 ore di baseball tutti i giorni, aver dedicato altrettanto al fanta baseball, aver dedicato altrettanto a MLB 14 the Show. Se fossi americano, sarei un appassionato di sport come un qualunque normale tifoso di calcio nostrano; non sono americano e questa mia passione, e le sue derivazioni e forme, spingono la Convivente a chiamarmi 'nerd'.