Tokyo Noir (The Cage, 1983): Kenzo Kitakata è un prolifico autore di hard-boiled giapponese, ex-presidente della Japan Mystery Writers Association; The Cage, ''Ori'' per i parlanti giapponese, è uno dei suoi romanzi più noti, tradotto in inglese nel 2006 per conto di Vertical approda, attraverso quest'edizione, in Italia per conto di Newton Compton Editori. Prima di parlare del romanzo in sé vorrei spendere due parole sull'adattamento italiano: in rete si trovano un paio di capitoli della versione inglese, la traduzione nostrana non è male e rispecchia quanto fatto da Vertical, certamente la traduzione di una traduzione sacrifica doppiamente allo stile originale; ci sono tuttavia qua e là degli errori grossolani, in due distinte occasioni i nomi dei due protagonisti, simili ma non poi così tanto, Takino e Takagi, vengono scambiati creando un attimo di imbarazzo nel lettore fino alla conferma dell'errore editoriale: questo senso di superficialità mi ha spinto a condurre una minuscola ricerca. La quarta di copertina e il sito ufficiale linkato al titolo riportano i soliti stralci promozionali da presunti validi organi di critica letteraria, tra queste quella di The Complete-Review.... l'italiano recita: «Un dark-thriller superlativo ambientato nei sottoboschi urbani di Tokyo.», l'originale inglese risulta però essere: ''a decent dark Japanese underworld thriller.''. Non voglio fare il professorino ma ''superlativo'' non mi pare sia la traduzione corretta di ''decent''. Avete voglia di scrivere alla Newton? Io sì, sono dei cialtroni. Sul titolo italiano stendiamo un velo. Il romanzo in effetti è largamente ambientato a Tokyo anche se non lo definirei un noir: inoltre l'originale ''Gabbia'' porta in sé tutto il senso della storia. Takino è un ex-yakuza di un piccolo clan, anni prima la sua famiglia fu annichilita e Takino riuscì nell'impresa quasi impossibile di recidere ogni legame con la criminalità e crearsi una nuova, onesta, vita: sposato e direttore di un dignitoso supermarket. Per sei anni tutto va bene, routine tranquille da persona normale: un giorno però un deliquentucolo da quattro soldi entra nel locale per fare un pò di casino, Takino è umile e gentile.... per circa dieci secondi, poi lo massacra di botte. A Takino è bastato annusare una frazione di violenza per scoprirsi lupo in gabbia, per vedersi improvvisamente del tutto fuori posto ed emotivamente morto, per desiderare un ritorno all'azione: da qui in avanti è una spirale di eccitazione frenetica, si trova un'amante, riallaccia i contatti con vecchi fratelli yakuza, parte a testa bassa per una missione che lo porterà a scontrarsi con il più rinomato e celebre detective della polizia metropolitana. Entra in scena il secondo protagonista, l'investigatore Takagi. I due potrebbero essere gemelli separati nella culla, Kitakata si gioca la carta reciprocità lasciando intendere che la dedizione professionale, opposta, dei due li renda imprevedibilmente simili: c'e' solo una rilevante differenza, il viaggio di Takino è gloriosamente autodistruttivo, la sua perseveranza instancabile è un climax fatale da candela che brucia due volte; Takagi , pur nutrendo la medesima indifferenza vitale, vive consolidando la propria influenza sulla realtà, cercando costantemente di lasciare un segno permanente e duraturo che non sia una vampata ma un solco profondo nella storia della città. Tenete a mente trattarsi del 1983, anno in cui l'autore scrive: il timo di trama e il suo stile risentono del periodo, oggi risultano datati nella sensibilità e finiscono per strappare un sorriso più che scatenare una percezione di dramma tragico.