Sly Mongoose (Id, 2008): mi sono fatto tentare da una golosissima recensione dove si millantavano combattimenti tra ninja traboccanti di tecnologia aliena contro zombie spaziali su città volanti sospese nell'atmosfera ultratossica di un pianeta mortale. Il romanzo, forse danneggiato dalle mie eccessive aspettative di violenza e libidine, mi ha tradito: terzo della serie, dove ''serie'' si intende con il significato sempre più ricorrente di ''ambientato nello stesso mondo con (forse) uno o due riferimenti'', di opere scritte da Tobia Buckell, Sly Mongoose racconta di un guerriero semi-immortale ripieno di nanomacchine in lotta contro zombie spaziali e bla bla. Praticamente c'e' tutto quello che era stato promesso tranne i ninja: tutta la differenza del mondo. Compiendo qualche indagine pre-acquisto continuavo a leggere commenti relativi all'origine caraibica del suo autore, al fatto che i protagonisti fossero umani discendenti dai caraibi con tanto di dreadlocks, mentre gli altri protagonisti fossero ex-azteki: mi domandavo perché venisse dato così tanto risalto alla questione. A inizio libro non si nota, proseguendo, con l'introduzione di alcuni personaggi di quel contesto invece comincia a diventare chiaro il perché: inizialmente pensavo di aver bruciato qualche neurone, campio il senso della lettura ma non trovavo i nessi grammaticali e logici tipici, ''cazzo, sto dimenticando l'inglese mano a mano che leggo''; mi ci è voluto un pò per capire la natura del problema, accento e dialetto: i personaggi caraibici parlano in un modo che, suppongo, mimi la parlata natia. Bisogna farci il callo. Il problema centrale che ho avuto con il romanzo è l'alternanza tra i due protagonisti: il primo è un ragazzino azteko che funge da punto di vista del lettore, è un personaggio banale e più adatto a qualche libro young adult, sfortunatamente gode del 70% circa del romanzo; il resto gira intorno a Pepper, quello che avrebbe dovuto essere un ninja: il personaggio ritornante di tutti i tre romanzi di Buckell. Lo stile è azione pura, divertimento e improvvisazione spettacolare, qua e là ci sono delle pause descrittive per dimostrare e raccontare alcuni pensieri originali sulla distribuzione sociale e i modi e i costumi. Dal mio punto di vista tolgono spazio all'azione. Alcuni capitoli davvero buoni celati da una struttura fastidiosa che alcuni commentatori più anziani definirebbero ''da videogioco'': gli zombie spaziali assomigliano ai Flood di Halo.