Mongol: a livello di produzione questo film è un miracolo. Una coproduzione Germania-Kazakistan-Mongolia-Russia, co-scritto e diretto dal russo Sergei Bodrov, interpretato nei ruoli protagonisti maschili da un giapponese e un cinese, e in quasi tutti i ruoli secondari da attori locali (il film ovviamente è girato per larga parte in Cina o sui confini ex-URSS) alle primissime armi, recitato di conseguenza per lo più in lingua mongola e doppiato laddove impossibile: tutto questo con un budget ridicolo. Una sfilza di premi asiatici dopo Mongol arrivava alla notte degli oscar con una candidatura come miglior film straniero. Un pò scioccamente, immediatamente consapevoli di aver realizzato un pezzo da novanta, la produzione come entità unica lo dichiara primo capitolo di una trilogia: Mongol non è un primo capitolo, non è pensato in questo senso ed è un film compiuto e concluso. Saltando attraverso momenti fondamentali, sia storicamente sia privatamente, il regista racconta la vita di Gengis Khan: figura storica di conquistatore da sempre fascinoso per il mondo occidentale e protagonista di tanta narrativa scritta o a fumetti, videogiochi di strategia in tempo reale o a turni e via dicendo. La narrazione parte da metà e pone due terzi del film circa come flashback, separando nettamente la giovinezza perseguitata del futuro Khan dalla sua svolta universalista. La premessina per affrontare il tema realismo/mito leggendario gira intorno all'assenza di testi di storia ufficiale mongola antica, cultura prettamente orale il riferimento centrale per il film è un testo vecchio d'un centinaio d'anni di origine cinese: Mongol è un film epico con molte concessioni liriche ed eroiche, persino una punta di sovrannaturale misticismo, qualche effetto speciale nella CG sullo stile dello Zatoichi di Kitano. Niente uomini volanti ma qualche schizzo di sangue poligonale. Nella prima parte Temudjin, interpretato da un particolarmente sublime Tadanobu Asano, cerca di sopravvivere all'eredita paterna fatta principalmente di nemici in attesa di poterlo uccidere senza tradire la legge mongola di non massacrare i bambini: scappa e viene catturato, scappa ancora e viene nuovamente catturato. La narrazione salta gli anni, salta i luoghi: il filo legante comune diventa la relazione con l'amatissima moglie da cui passa molto più tempo separato di quanto insieme. Lunghe scene in giro per la steppa infinita: scene funzionali al film però, niente a che vedere con la fotografia artistica e inespressiva del Cane Giallo; combattimenti-duelli e piccole scaramucce. Passano gli anni e Temudjin acquista prestigio e fama nel mondo mongolo per la sua natura diversa e il suo carisma eccezionale, il privato di coppia e la sopravvivenza indivuduale cedono il passo al problema della nazione, ai nemici esteri e al popolo da guidare: la parte finale del film regala una notevole battaglia campale, un epilogo scritto e un vittorioso conquistatore alle prese con tutto un infinito numero di possibilità e un destino già scritto dalla storia. Sommiamo: un regista molto preciso senza fronzoli, diretto e immediato nello stile narrativo con un buon occhio per la drammaticità delle scene di guerra, niente di originale salvo un paio di particolari riprese ricercate nel corso di un paio di scontri con la visuale inchiodata in una soggettiva rigidissima che non avrebbe sfigurato in Doom; eccezionale fotografia romantica fatta di naturalismo e solitudine morale; recitazione di altissimo livello; combattimenti e coreografie di battaglia ben orchestrate, gestite senza inutili eleganze, rapide e feroci come la carica di cavalleria mongola. Mongol è un ottimo film che farà felici tutti gli orfani di grandi celebrazioni di storica gagliardia virile.