Wimbledon: no, non e' il mio solito post estemporaneo sul tennis (non mi sono ancora ripreso dalla sconfitta in finale di Andre quindi non ne parlero' per un pezzo); si tratta di un film passato in secondo piano e rimasto in sala (parlo di Bologna naturalmente) assai poco: volevo vederlo, non ci sono riuscito e cosi' ho approfittato della sua recente uscita a noleggio. Bello: se da un po', come me, state schivando tutte le commedie sentimentali angloamericane per nausea e irritante ripetitivita' questa e' la buona occasione per concedervene un nuovo assaggio; non c'e' nulla di nuovo, a parte il Tennis (non esattamente lo sport piu' cinematografico di tutti i tempi): un tennista inglese alla fine della carriera, sceso oltre la centesima posizione del ranking ATP, mai arrivato oltre l'undicesima e con solo un paio di tornei vinti all'attivo, prossimo al ritiro decide di concedersi ancora un ultimo slam. Paul Bettany da' un ottima prova: vulnerabile, simpatico, sportivamente professionale, rappresenta un ottimo esempio di sportivo scafato e abituato alle sconfitte ma con mordente; nei suoi momenti migliori il film mostra grandissima precisione e interesse nel rendere sia la competizione sportiva sia il suo contorno: inquadrature che farebbero la gioia di qualunque regista ufficiale di torneo rendendogli piu' facile impedire ai tifosi televisivi di cambiare canale dopo il decimo noioso palleggio si alternano alla vita d'albergo, alle conferenze stampa, le interviste e i party, il giro di soldi che compone in pari misura la grandiosita' dell'evento sportivo. Si e' cercato, giustamente, di non tradire con il personaggio di Bettany rapporti con il povero Tim Henman: il tennista inglese che da anni e' l'unica speranza isolana, puntualmente disillusa, di avere un connazionale a trionfare nel piu' importante dei tornei; stile di gioco diverso, caratteristiche fisiche opposte, eppure si respira la stessa anticipazione e desiderio che puntualmente ogni anno si vedono riversare sul povero Henman qui invece dirette sul favolistico Bettany al quale si concede di portare con maggiore disinvoltura il peso dell'aspettativa nazionale. La Dunst interpreta la giovane promessa americana arrivata per vincere con il pronostico a favore, seria e determinata: tra i due nasce una repentina relazione amorosa che avra' effetti divergenti, da un lato spronando e rinvigorendo l'ammosciato Bettany e dall'altro distraendo e indebolendo la corazza mentale della Dunst; l'esito del film e i momenti fondamentali della vicenda sentimentale sono scontati ma resi bene, e cio' vale molto. La Dunst, che ultimamente avevo iniziato a disprezzare per le performance fumettistiche, e' qui non solo particolarmente raggiante ma nuovamente capace di rapire la benevolenza dello spettatore. Le scene d'amore sono, vorrei aggiungere ad ulteriore merito del film, ben composte e rapide, soprattutto rapide e sempre montate insieme allo svolgimento della narrazione sportiva, in modo da renderle molto piu' sopportabili e funzionali.

Ghost Lake: l'alto film della serata e' stato il secondo tentativo concesso alla proposta horror di Gargoyle Video (il primo era stato la Malediozione di El Charro, o qualcosa del genere: l'ho rimosso, indietro per il blog). Intanto il titolo mente: non ci sono fantasmi, se non all'inizio e non si capisce cosa abbiano a che fare con la storia principale, ma zombie. E' un plagio di Venerdi' 13: ogni 13 anni un venerdi' 13 i morti affogati nel lago risorgono per affogare 13 vittime che si vadano ad aggiungere a loro... o qualcosa del genere: francamente non ho seguito con interesse. Amici dei B-movie non fatevi tentare: qui si tratta di produzione amatoriale pessima e noiosa, senza splatter, sangue o altro motivo di interesse (a parte la scopata spinta nel prologo). Per quanto mi riguardi pongo una bella ''x'' rossa su qualunque titolo affiancato dal marchio Gargoyle: in teoria avrebbero dovuto proporre gli horror dimenticati, sconosciuti, apprezzati dai culturo ma non pubblico commerciale; in realta' sono schifezze.