Oro Rapace: questa e' la storia di un povero ragazzino ricchissimo e sfortunato; si fa di cocaina, i suoi amici stuprano le ragazze, sua madre e' stata condizionata da una qualche setta e lo ha abbandontato, suo fralello maggiore e' autistico ma suona alla grande, sua sorella e' un enjo kosai (una prostituta per divertimento), suo padre gestisce una catena di pachinko ed e' quasi un boss, la sua ragazza e' la figlia di uno che si e' suicidato a causa del padre, la sua altra figura paterna e' uno yakuza con tendenze pedofile, due vecchi gestori di un ristorante gli fanno da nonni. Un libro mediocre che punterebbe a scandalizzare mostrando il tenore di vita dissoluto, violento e dissociato di un quattordicenne vittima di allucinazioni e di un mondo che non lo responzabilizza e non gli lascia comprendere la distinzione fra desideri, sogni e realta'. Della serie i soldi non sono tutto, oppure i soldi non comprano ogni cosa. Platonic Sex (indietro per il blog) era un corso accelerato per diventare prima puttana e poi pornoattrice e poi personaggio di successo televisivo, Oro Rapace invece insegna a diventare serial killer. Immagino che il tasso di stupore morale provocato nei giapponesi da questo libro sia stato uguale a quello negli italiani alla notizia che Calissano faccia uso di droghe, o la Moss. Un testo noioso, neppure veramente irritante per la stigmatizzazione del denaro e le colpe dei genitori, pubblicato in giappone nel 1998 arriva ora da noi sull'onda lunga dell'interesse per le truci vicende di giovani sbandati. Dall'inizio del post sto cercando di decidermi in proposito di quale sia il senso compiuto del librio: non riesco a convincermi sul realismo inteso dell'autore. E' una storia che vorrebbe essere vera o una narrazione esemplare di come non comportarsi? Tasso di interesse per la risposta pari al mio desiderio di conoscere le differenze di regolamento tra il football gallese e quello australiano.

Gundam Seed Destiny (episodi 1-50 serie completa): nel corso della sua lunga run la seconda stagione di Gundam Seed (indietro nel blog) ha sollevato non poche questioni; fin dai primi episodi ci si rese rapidamente conto di un problema che ha minato nel profondo la credibilita' del prodotto e dei suoi autori: la ripetizione delle animazioni. In sintesi: per tutta la serie e in dosi sempre piu' massicce si possono trovare blocchi di animazione ripresi dalla prima stagione sui quali e' stata di volta in volta impressa una differente maschera a seconda di quali robot ne fossero protagonisti, questo processo ha raggiunto negli episodi finali livelli inappropriati con la stessa identica sequenza di combattimento interpretata da tre robot diversi. Pesanti critiche hanno colpito lo staff creativo sulla insensatezza della sceneggiatura, sugli evidenti aggiustamenti di tiro inseriti a seconda delle risposte di pubblico: tanto per dire il piu' eclatante i protagonisti di questa seconda stagione vengono, dopo una ventina di episodi, sbattuti completamente in secondo piano, trasformati in antagonisti, in modo da poter recuperare i piu' amati personaggi della serie precedente. I fan hanno reagito di conseguenza, piu' o meno: e' vero infatti che lo share di Destiny sia stato inferiore a quello di Seed e che solo raramente i suoi episodi siano finiti nella top ten settimanale dei programmi piu' visti, ma e' anche vero che complessivamente abbia raggiunto un successo molto superiore a qualunque altra serie di Gundam degli anni '90. Erano circolate voci secondo cui il prossimo Gundam non si sarebbe svolto nella Cosmic Era e avrebbe dovuto essere una serie tutta nuova ma dopo il pessimo e inconcludente finale di Destiny e il disappunto degli spettatori non e' difficile immaginare che un seguito ci sara' eccome, forse non una terza stagione ma sicuramente, secondo me, qualcosa. Mi piace molto un aneddoto riportato dal tizio di Mahq.net: se Tomino e' noto con il soprannome di ''kill'em all'' per i suoi finali assassini, Fukuda e' stato soprannominato ''flashback'em all'' per l'insistente, invasiva e noiosa teoria di ''ricordi'' inseriti in ogni episodio. Per non parlare di un nugolo di personaggi aggiunti sul finale sulo sfondo e totalmente ininfluenti: i tre piloti dei Dom che sembravano destinati a farsi ammazzare per aggiungere drammaticita' scompaiono e ricompaiono senza continuita', i due altri coordinator di Seed ripescati e abbandonati, tempo inutile e infinito dedicato a sottotrame prive di qualsivoglia interesse come quella della seconda Lacus o, peggio ancora, sottotrame che, dopo aver tenuto banco per decine di episodi, vengono troncate senza le minime conseguenze, come quella di Stellar. Personaggi privi di spessore (tutti), dialoghi allucinanti e interminabili e demenziali monologhi (Kira), piagnistei lagnosi (Athrun e Shinn), rivelazioni e personaggi tornati in vita per andare a riproporre l'esatto schema di battaglia che concluse anche la serie precedente. Una porcata, quindi.

Legend of Bailiff Sansho: film sul sacrificio, sulla pena e il dolore di chi rimane fedele ai propri ideali a dispetto delle avversita' e della diffusa e incontenibile crudelta' umana; nel 1954 valse al suo regista, Kenji Mizoguchi, il terzo Leone d'Argento consecutivo dopo ''Vita di Oharu, Donna Galante'' del 1952 e ''I Racconti della Luna Pallida d'Agosto'' del 1953. Il mito, la leggenda e il racconto morale divengono spunto per raccontare la condizione umana rappresentandola in tutta la sua ferocia e spietata oppressione: il soggetto della storia diventa eroe nel momento della sua disubbidienza (quasi come i 47 Ronin, un altro dei lavori piu' noti dell'autore), il rifiuto di servire l'ordinamento vigente lottando per la propria indipendenza di pensiero in favore di un bene comune morale piu' elevato. Avendo ignorato l'ordine di alzare le tasse per finanziare nuove guerre il Governatore della provinca X viene esiliato e allontanato dalla sua famiglia: nei brevi momenti prima della separazione impartisce a suo figlio l'ultimo insegnamento, la risoluzione etica che ha sospinto le sue scelte e che desidera comunicare e tramandare al suo erede: tutti gli uomini sono uguali, un uomo senza pieta' non e' un essere umano, pretendi il massimo da te stesso ma abbi pieta' degli altri e cosi' via; un codice comportamentale non esattamente facile a seguirsi. Le tracce del padre si perdono dopo pochissimi minuti, fisicamente disperso ma dominante nella sua presenza di modello di riferimento che rimarra' costante per tutto il tempo. In seguito al rinnovarsi delle sventure anche la moglie e i figli finiranno per affrontare terribili prove: perdendosi e venendo venduti come schiavi; e' a questo punto che entra in gioco l'antagonista assoluto, l'antitesi del padre: il vile e violento Intendente Sansho, schiavista per passione. Indurito dalla sofferenza e dalla miseria della sua situazione il figlio arrivera' quasi a rinnegare l'eredita' paterna, solo grazie alla vigilanza della sorella questo processo degenerativo andra' ad interrompersi portando Zushio (questo il nome del giovane) a maturare divenendo un uomo di rispetto e levatura pari all'illustre genitore. E siamo appena poco dopo la meta' del film: c'e' tempo per ancora tutta una fitta rete di prove perse in partenza fino all'amara conclusione. L'argomento schiavitu'-servitu' della gleba-sovrano illuminato riesce ancora a sollevare interessanti considerazioni e pensieri di valore, e indubbiamente partecipano a questo effetto di sublime pensare la composizione altamente drammatica delle scene, le musiche cariche, i paesaggi naturali squisitamente rurali e splendidi macchiati dalla carogna umana, dalla sporcizia della poverta'; stranamente si e' scelto di essere molto pudichi nei confronti della violenza, sempre visivamente fuori campo e testimoniata esclusivamente dai suoni della morte e della tortuta: personalmente un bel primo piano di una coltellata nell'addome mi avrebbe dato ancora di piu' il senso della poca considerazione per la vita degli schiavi, ma Mizoguchi la pensava diverasamente e la sua soluzione e' certamente piu' elegante e raffinata preferendo insistere sull'ammassarsi pietoso delle forme umane costrette al lavoro e ad una vita da gregge bestiale piuttosto che alla crudezza sanguigna dello squartamento. Il finale non lascia scampo: esplicitando nel dialogo conclusivo gli esiti della scelta di vita paterna.