The Fall of Ako Castle: so che potrebbe sembrare una dichiarazione un poco morbosa ma devo proprio ammettere che non mi stanco mai di vedere samurai squarciarsi il petto e poi venire decapitati; nel 1978, misteri del sistema produttivo nipponico, Kinji Fukasaku, Sonny Chiba, Toshiro Mifune e Kinnosuke Nakamura si trovano a mettere in scena due straordinari jidai geki: il primo e' Shogun's Samurai (indietro per il blog) e il secondo e' questo film, a volte accreditato del titolo di Sword of Vengeance (ma io ho preferito usare il titolo The Fall of Ako Castle per evitare confusione con il primo film di Lone Wolf e Cub, indietro per il blog), che e' la quarta trasposizione cinematofrafica dell'epica storia dei 47 Ronin (la seconda, e piu' famosa, e' quella di Kenji Mizoguchi). Nel 1701 il Giappone e' relativamente in pace e la sua organizzazione militare vacilla: in seguito ad un banale incidente di protocollo il clan Asano viene sbandato, il suo Capo costretto al suicidio e i suoi samurai dispersi; umiliati dal trattamento ingiusto 56 samurai decidono di convertirsi in ronin e vivere ai margini della societa' in attesa della giusta occasione per vendicarsi: passano molti mesi e il numero dei guerrieri ancora pronti e leali alla memoria del loro Capo scende a 47. Kinnosuke Nakamura interpreta il leader della rivolta, pur trattandosi di un film grandemente corale ottiene probabilmente il maggior tempo su schermo e lo domina con grande carisma fornendo un'immagine fortissima di calma e pazienza lucida: la vendetta non e' uno scherzo, non un impulso dettato dal sangue ma il frutto di un piano lungamente preparato e atteso. Il film e' certamente molto blando nel ritmo, volutamente per significare e sincerare la snervante immobilita', la bramosia a stento trattenuta dei ronin, la pena della loro vita privati di un clan di appartenenza e votati a resistere nel proposito di vendetta senza mai cedere alla tentazione di costruirsi una nuova vita. Finalmente giunge il momento tanto desiderato e nell'ultima mezzora la tranquillita' apparente della situazione sfocia nel trasporto smodato della furia dei 47 che imperversano nel palazzo dell'uomo che fu la causa di tutto: Sonny Chiba viene fuori e le riprese si allungano a mostrare coreografie di lotta di massa potratte senza stacchi per tempi incredibili. Toshiro Mifune avra' due, tre dialoghi per altrettante apparizioni nel film ma sono caratterizzate in modo cosi' forte da farvi desiderare di chinare il capo ed emettere il caratteristico ''hhhhhaa''. Avrebbe potuto essere piu' corto: alcune scene di meta' con i racconti esemplari del crollo e della situazione di alcuni dei ronin vanno avanti oltre il tempo necessario perdendosi in alcune scelte discutibilmente patetiche: tuttavia la conclusione e' talmente lirica e commovente da risanare qualsiasi offesa all'interesse; naturalmente dopo essersi vendicati la missione dei 47 si conclude e a quel punto resta solo una cosa da fare a tutti loro.