La Leggenda della Barca di Carta: racconti di fantascienza giapponese. Edizione italiana, targata Fanucci, di un'antologia americana: rispetto al prodotto d'oltreoceano possiede una cosa in piu' e una in meno; il difetto consiste nel fornirci una seconda traduzione, ovvero non una traduzione dall'originale giapponese ma una traduzione italiana della traduzione americana dell'originale giapponese: non e' una questione da poco; in positivo invece propone tre racconti inseriti esclusivamente nell'edizione nostrana. Gli autori presenti nel libro sono: Kobo Abe (Il Diluvio [nel testo manca la data]), Ryo Hanmura (La Scatola di Cartone 1974; Tansu 1983), Shinichi Honshi (Bokko-chan 1963; Eeehiiii, laggiu'! 1978), Takashi Ishikawa (La Strada verso il Mare 1981), Morio Kita (Il Campo Vuoto 1973), Sakyo Komatsu (La Bocca Selvaggia 1979; Fate la Vostra Scelta 1987), Tensei Kono (Triceratopo 1982), Taku Mayumura (Fnifmum 1989), Yasutaka Tsutsui (Donna in Piedi 1974), Tetsu Yano (La Leggenda della Nave di Carta 1986), Shono Yoriko (Complesso in Curvatura Temporale 1994), Sei Takekawa (Notte Senza Luna 1985), Mariko Ohara (Ragazza 1984). I tre racconti aggiunti in conclusione all'antologia sono, per scelta, di scrittrici: a riprova del desiderio e, comunque, della buona volonta' dei curatori di fornire una raccolta ancora piu' comprensiva del panorama fantascientifico nipponico. I racconti sono preceduti da una breve introduzione nella quale si scorre molto rapidamente la storia del genere in giappone: dagli esordi ottocenteschi fino all'immane spartiacque della bomba atomica di Hiroshima. A prologo dei racconti, infatti, si e' scelto di presentare un estratto da ''Children of Hiroshima'' (precedentemente noto come ''Children of the A-Bomb''): una raccolta di testimonianze dirette di sopravvissuti all'esplosione registrate nel 1951. A dire il vero l'antologia presenta un altro forte limite: l'originale americano e' stato pubblicato nel 1989 (infatti, a parte uno dei tre aggiunti nell'edizione italiana, tutti i testi sono precedenti a questa data), e solo una (forse due non essedo riportata la data di ''Diluvio'') delle storie e' precedente agli anni '70, quindi alla resa dei conti ci vengono forniti esempi di narrativa schiacciati in un minimo giro di venti anni, periodo insufficiente a realizzare l'obiettivo di presentare un quadro generale della fantascienza in giappone, specialmente quando ci si e' presi la briga di calcare la mano su quanto sia antica e vasta la tradizione sci-fi nel paese. L'edizione italiana e' del 2002 e, nonostante il favore di pubblico per l'oriente di questi anni, il volume ritengo non abbia avuto il successo sperato: oltre al fatto constatato della crisi di popolarita' della fantascienza divorata dai cugini fantasy (presto parleremo dell'encomiabile iniziativa di quelli di Delos che i fortunati pisani potranno godere in anteprima dal 14-16 Ottobre alla locale Fiera del Libro), le raccolte di racconti pagano sempre un prezzo di diffidenza rispetto al romanzo unitario rendendo questo volume un prodotto alla fin fine dedicato ad un target assai specifico e specializzato. Un appassionato di fantascienza sa che i racconti possiedono la stessa validita' narrativa di un romanzo: la fantascienza e' (generalizzando) l'unico genere popolare ad aver mantenuto questo duplice approccio (racconti-romanzi) derivante dalla nascita in riviste, andato invece completamente perso nel fantasy e solo parzialmente mantenuto nell'horror. L'antologia possiede una buona qualita', alcune delle storie sono decisamente divertenti e intriganti per le idee: come spesso accade questi testi brevi tendono a girare intorno a concetti stravanganti e particolarmente difficili da gestire in una forma piu' lunga; per la maggior parte nessuno dei racconti possiede un carattere di giapponesita' cosi' forte da far pensare ''incredibile, nessun occidentale avrebbe potuto scrivere questa storia'': gli obiettivi dichiarati, forse troppo grandiosi, non vengono raggiunti. Piu' della meta' delle storie sono buone letture ma dubito possano interessare e poi piacere ad un acquirente occasionale.

Speed Grapher (episodi 1-24 serie completa): c'e' un club privato nell'underground di Tokyo, se si paga abbastanza, se si rispettano le regole e' possibile incontrare una Dea capace di trasformare i desideri in realta'. Saiga e' un ex-fotografo di guerra, adesso reporter investigativo e vuole scrivere un pezzo su questo esclusivo club. La trama dell'ultima fatica dello Studio Gonzo e' inizialmente piuttosto complessa: nel futuro prossimo in seguito ad alcune guerre e movimenti socio-economici il distacco fra ricchi e poveri e' aumentato esponenzialmente; la degradazione dei costumi, le perversioni estreme, appetiti sessuali disordinati e violenti, ogni vizio puo' trovare la sua soddisfazione nel misterioso club attorno a cui girano i maggiori interessi e le piu' potenti personalita' del Giappone. Il tocco della Dea trasforma le ossessioni in potere. I primi episodi della serie sono ottimi: originali, eccitanti, intriganti; accanto ad una rappresentazione del reale grottesca e crudele convivono gli uomini e le donne toccati dal potere della Dea, mostri e freak dotati di strane abilita' e poteri, il concretizzarsi delle loro piu' nascoste perversioni. Anche Saiga e' stato toccato dalla Dea ed ora le sue fotografie possono uccidere e distruggere; la Dea e' una ragazzina controllata dal proprietario del club con droghe e condizionamenti mentali: Saiga la salva e insieme scappano. A questo punto, anche per colpa di un visibile calo dell'animazione e della qualita' del disegno, la serie rallenta e si incastra un po' proponendo per troppo tempo scontri mal diretti tra Saiga e le sue fotografie mortali contro il super cattivo di turno. La caratterizzazione dei personaggi, il modo esplicito di descriverne i comportamenti e la crudezza di molti degli eventi narrati spediscono questa serie direttamente nel piccolo nucleo dei programmi per adulti: sesso deviato, litri di sangue e omicidi di massa, accanto a poverta', flashback della guerra, drammi di veterani, strani esperimenti scientifici, lotte politiche, economia nazionale e politica estera fanno di questa serie sicuramente un progetti raro e ben valido di visione. Inoltre verso la fine la qualita' della sceneggiatura e della realizzazione tecnica risorgono a garantire un blocchetto di ottimi episodi finali: l'epilogo e' rispettoso della trama, mantiene lo stile e le atmosfere promesse ma avrebbe potuto e dovuto essere trattato in piu' tempo eliminando magari uno dei troppi capitoli centrali dedicati alla fuga. Affossato da una certa ripetitivita' e destabilizzato dall'animazione spesso non all'altezza Speed Grapher vive di buone trovate, di personaggi interessanti e di una sceneggiatura vivace e particolare: sfortunatamente crolla sotto il peso del desiderio degli autori di stupire troppo, si riscontrano qua e la' scene costruite male solo allo scopo di mostrare uno o due sbudellamenti in piu', o uno o due personaggi sbavanti in piu'; e vari momenti in cui l'immagine ricercata, la ripresa fuori dal comune vincono sulla correttezza narrativa e sulla riuscita espressiva. Radicata su eccessi e shock superficiali la serie perde rapidamente mordente di pari passo con i giri senza meta dei personaggi, per riprendersi poi e fare conto positivo sulla chiusura ma senza riuscire a lasciare il segno.

Kidou Shinsengumi Moeyo Ken Tv (episodi 1-13 serie completa): quando fini' Ranma ricordo di aver provato una delle piu' cocenti delusioni, quasi traumatica, della mia storia di lettore di fumetti. Uno dei finali piu' brutti della Storia in grado in un colpo solo di distruggere un'intera e lunga serie; ho lavorato per parecchio tempo in una fumetteria e posso dirvi con cognizione di causa che non sono stato l'unico a provare questa sensazione: pochissimo tempo dopo l'uscita dell'ultimo numero di Ranma il mercato fu invaso da un numero mai visto prima di collezioni complete, chiunque l'avesse acquistata se ne voleva immediatamente disfare. Da allora la Takahashi e' per me una bestia nera, quasi al livello di Madureira. Questo cartone e' basato su un'idea originale della Takahashi.Pur con tutti i loro difetti, le opere di Rumiko hanno tenuto banco per un periodo molto lungo come modelli e vette della produzione nipponica piu' popolare e qualcuno (io per esempio) potrebbe per simpatia decidere di dedicare qualche momento a Moeyo Ken: qui non c'e' niente di nuovo, le stesse battute, le stesse situazioni, gli stessi personaggi, tutto uguale ma con una migliore animazione. 13 episodi sono troppi, se ne guardano due o tre con nostalgia e una vaga curiosita': e dopo non si guardano piu'.