Coach Carter: chi segue un po' il mondo NBA sapra' che da qualche anno a questa parte e' molto di moda il tema sulla correttezza morale relativa al draft; per gli altri spieghero' brevemente di cosa stia parlando: il draft e' l'incontro in cui le squadre professionistiche americane selezionano e offrono contratti ai nuovi giocatori, cioe' ai giocatori non professionisti, quindi per lo piu' quelli provenienti dai college. Il problema sorto negli ultimi anni consiste nei ripetuti casi di giocatori prelevati non dopo aver concluso il college, ma al primo, al secondo anno, se non addirittura finita l'high-school (il liceo): con tutte le relative questioni su come possa un ragazzino di 18 anni sopravvivere nel complesso e spregiudicato mondo dello sport professionistico americano senza venirne rovinato o schiacciato. Parallelamente a questo dibattito e' sempre piu' consistente, ma in realta' totalmente ignorata, la relativa e connessa questione di quanti siano i giovani afroamericani che, supportati da un ''criminale'' (perche' connivente) sistema scolastico, possano accedere e procedere nel mondo dell'istruzione senza riceverla ma semplicemente in virtu' dei propri risultati sportivi e del prestigio e denaro che da questi piovono sulle istituti che li patronizzano (non voglio dilungarmi troppo quindi la finisco qui). Nel film assistiamo all'avvicendamento di coach in una pessima e classica scuola a maggioranza nera i cui giocatori vivono ai margini della legalita' o nel disinteresse per il futuro o rassegnati a ripetere la stessa vita sterile e povera dei genitori: il nuovo allenatore, Samuel Jackson, prende in mano le redini della situazione con pieno desiderio di mandare messaggi e cambiare il mondo. ''Play the right way'' dice il (reale) coach Larry Brown, e Carter lo segue alla lettera: massacra i suoi di allenamenti, li condiziona peggio che un sergente dei marines e li trasforma in macchine da canestri; li tratta come uomini stipulando con loro contratti per responsabilizzarli, insegnando loro il rispetto e il peso delle conseguenze. I ragazzi si godono il successo sportivo, si montano la testa, fanno casino, si divertono e cominciano a sognare un futuro migliore, insieme a loro i rispettivi genitori, quando vedono circolare sugli spalti ricchi talent scout: l'altra faccia della medaglia e' che si disinteressano completamente dello studio, con il beneplacito degli insegnanti, della preside, dei genitori e della societa' in genere. Coach Carter non ci sta. Ecco quindi, molto in la' in un film decisamente troppo lungo, la serrata: giocare a basket e' un privilegio, non lo scopo o il mezzo per acquisire il controllo sulla propria vita, l'importante e' lo studio. Niente studio, niente basket.I genitori perdono la testa, i giornalisti piovono sulla scuola per non perdersi nessun secondo della grande protesta che scuote e crea scompiglio nel mondo, e la testa di Carter sembra prossima a cadere lapidato dai troppi interessi. L'argomento e' interessante, ammesso che troviate interessante il mondo sportivo americano e, soprattutto, lo conosciate un poco; la resa altamente patetica, la scuola violenta, il ghetto, i ragazzi genitori, gli arresti, la droga, la violenza: c'e' un bel po' di roba rappresentata in maniera facile attraverso simboli gia' ben noti. Il risultato non e' troppo avvincente, buonista e scontato, arriva alla fine senza sorprese mantenendo il saldo qualitativo in positivo.