Atarctic Journal: guardare un film del genere grondando di sudore per l'umido caldo estivo non aiuta a creare l'atmosfera dovuta alle glaciali sofferenze di una spedizione coreana composta da sei uomini diretta al P.O.I. (Pole of Inacessibility, ovvero il punto piu' in mezzo, il piu' lontano da qualunque costa antartica, irraggiungibile per qualunque essere umano, salvo un paio di inarrestabili sovietici); la prima mezzora circa scorre normalmente tra cameratismo, professionalita' e profondi pensieri sul perche' uno debba pensare, e poi fare, una cosa del genere: poi, durante la camminata, la spedizione si imbatte in una specie di tomba al cui interno, pero', non vi e' sepolto alcun cadavere ma il diario (quello del titolo) di una simile spedizione inglese del 1922. Da qui in poi si vira sull'horror, thriller psicologico: non si capisce se ci sia un qualche mostro locale ad inseguire e sterminare i baldi coreani, o se, semplicemente, il whiteout li stia mandando tutti fuori di testa (Shining docet). La questione rimarra' piu' o meno irrisolta fino alla fine. Non e' un brutto film, ma neppure il contrario: molto costoso, blockbusteroso, avrebbe potuto essere piu' intrigante e vivace.