Are We Smart Enough to Know How Smart Animals Are? (Id, 2016): avrei dovuto leggere questo libro prima di alcuni altri le cui teorie e analisi da qui derivano; avendoli letti in ordine inverso, molte delle nozioni qui espresse e spiegate, mi erano già note e il saggio mi involontariamente risultato noioso.
Questo è un punto.
Ci sono altri 2 punti: parla principalmente di scimmie; l'autore non è brillante, narrativamente parlando, quanto Anil Seth o Lydia Denworth.
Frans de Waal è stato un celeberrimo etologo dutch-american (è morto l'anno scorso) e uno dei grandi scienziati ad aver dedicato la propria carriera allo studio della cognition animale, della coscienza e delle loro menti.
Questo è uno dei più popolari e autorevoli testi sulla 'evolutionary cognition' ed è all'origine, come dicevo, di molti testi successivi.
Si comincia spiegando cosa sia la Evolutionary Cognition, storia degli ultimi 20 anni circa di questa branchia/teoria/nuova scienza dedicata alla studio della cognition animale.
Cognition essendo l'abilità di trasformare input sensioriali in conoscenza dell'ambiente e la capacità di applicare questa conoscenza.
Prima di questo cambio di prospettiva, come saprà chiunque con un animale domestico e qualche decennio sulle spalle, il corpo grosso del mondo scientifico ha considerato gli animali incapaci di sentimenti, intelletto o coscienza, variamente indicandoli come 'stimulus-response machines' o 'dumb automatons'.
Da molti anni sappiamo non essere così, nonostante ci siano ancora sacche di resistenza specialmente a livello popolare per motivi di generazione, difficoltà di penetrazione di nuove idee, probabile disinteresse alla materia.
Qui la materia interessa, quindi.
Il primo capitolo è composto da esempi di animal cognition; gli esseri umani e gli altri animali è come se vivessero in mondi 'soggettivamente diversi': i sensi sono diversi, il mondo che vediamo e vedono è differente, conseguentemente le nostre cognition sono differenti.
L'autore dichiara di aver inventato il concetto e la parola di anthropodenial scoperto (da me) nel simpatico libro di Lydia Denworth sull'amicizia.
E' uno dei concetti chiave più interessanti in cui mi sia imbattuto in anni di testi dedicati all'etologia e il mondo animale in genere.
Ricordo, anthropodenial essere la negazione di attributi/caratteristiche umane negli animali: solo gli umani sono intelligenti, solo gli umani hanno una coscienza, sono capaci di fare questo o quello.
Il secondo prosegue nell'introduzione storica all'argomento un breve excursus sulle teorie/scienze rivali dell'etologia e behaviorism (più potente fino a qualche anno fa, poi decaduta).
Nel terzo c'è un po' di tutto, ma il tema generale è che tutto quanto sopra non si applichi solo alle scimmie, vari esempi di animali che usano attrezzi, riconoscono facce e dimostrano altre capacità.
NOTA: le scimmie sono state il centro della ricerca dell'autore, tutto il libro parla prevalentemente di scimmie. Le scimmie non mi piacciono.
I capitoli successivi, a questo punto mi stavo rompendo, trattano variamente di scimmie (appunto), qualche raro caso di uccelli delle famiglie di corvi e pappagalli, qualche elefante, qualche delfino, cani: ci sono, in pratica, tutti i soliti sospetti di intelligenza tra gli animali.
Si parla di forme di comunicazione e linguaggio, di empatia, di coscienza, si parla di dognition e varie altre cose sullo stesso genere e tema.
Rimango a quanto nell'intro di questo post: è un testo fondamentale che ha potentemente influenzato la scienza e la percezione pubblica, è scritto da uno scienziato di fama; le stesse informazioni, negli anni successivi e quindi più vicine a noi, sono state riproposte da migliori autori.
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