Strangers to Ourselves (Id, 2022): Unsettled Minds and the Stories That Make Us. 
E' un libro di psichiatria, psicanalisi, psicologia? Nonostante il pressante coaching di mia moglie continuo a faticare nel distinguere le differenze. 
Rachel Aviv, l'autrice, è una scrittrice/giornalista del New Yorker specializzata nel riportare e raccontare storie di malattia mentale, etica medica, ingiustizie sociali generiche nel campo dell'educazione e della legge. 
Questo libro è una raccolta di 6 casi 'psichiatrici' emblematici, che hanno in un certo modo fatto la storia della scienza medica, o sono stati l'occasione di cambiamento, il simbolo di un cambiamento necessario, il simbolo (più spesso) di pratiche così malvage da necessitare di un cambiamento. 
Arrivato in fondo al libro, l'opinione dell'autrice non mi è chiarissima: gli psicofarmaci e la psichiatria sono necessarie perché tante persone soffrono di malattie mentali, ma gli psichiatri e altri professionisti sanitari assimilabili sono... ah. 
Mettiamola in questi termini estrapolando un po' di contesto dall'insieme dei capitoli: la psichiatria, psicanalisi o quel che è, è passata dall'elettroshock, alla convinzione che qualsiasi problema mentale potesse essere risolto parlando con qualcuno, alla convinzione che qualsiasi problema mentale potesse essere risolto imbottendosi di farmaci, ad altre successive convinzioni. 
Serve. Ci sono moltissime persone a cui serve, ma le correnti, le generalizzazioni e i cambiamenti di idea nel campo della medicina psichiatrica sono stati causa di enormi sofferenze, peggiori sofferenze. 
Qualcosa del tipo: mi fido della scienza, non degli scienziati. 
I casi sono presentati come il risultato di un insieme di interviste ai diretti interessati, memorie e altri scritti autografi degli interessati, interviste e appunti dei medici curanti. 
La struttura è lineare e geometrica: il primo e l'ultimo caso, prologo ed epilogo, sono una coppia; così come il secondo e il terzo, il quarto e il quinto. 
Il caso d'apertura è quello autobiografico dell'autrice stessa: la più giovane paziente diagnosticata con anoressia nella storia americana. Parla della sua esperienza in famiglia, nella clinica. I ragionamenti nella sua testa allora e oggi. In questo capitolo si introduce uno degli argomenti chiave e critica del sistema: il loop che si crea tra comportamento e diagnosi, dove il primo causa la seconda, la seconda provoca e conferma il primo; i pazienti ricevono una diagnosi, la diagnosi diventa il paziente. 
Si parla di self-fulfilling prophecies, di diagnosi basate su statistiche per condizioni che sono intrinsecamente, squisitamente individuali; nell'ultimo capitolo, lo anticipo per non dimenticarmi di scriverlo dopo, l'autrice si sorprenderà, in quello che a quel punto diventa un viaggio condiviso tra lettore e autore, a riscontrare la quantità di somiglianze e analogie tra casi: il malato mentale che vuole essere individuale e speciale, si accorge di quanti hanno reagito allo stesso modo allo stesso genere di stimoli. 
Il primo caso vero e proprio è uno di depressione, usato per raccontare storicamente il rapporto tra farmacologia e psicanalisi; la nascita dell'idea di poter curare la depressione senza, per esempio, dover per forza capire se stessi e risolvere chissà quale conflitto irrisolto interiore; la storia della depressione e del suo riconoscimento legale di malattia, l'abbandono dell'idea popolare del trattarsi di un difetto caratteriale. Si parla dei terrificanti asylum tipo Batman. Questo è l'unico caso di un maschio. 
Nel secondo ci spostiamo in India, scopriamo l'India avere una lungo rapporto con la psicanalisi (molto più lungo di alcuni grandi paesi europei): una donna a cui viene diagnosticata (salto cose) un disturbo schizofrenico. Qui si parla di mania religiosa, elettroshock e si comincia a introdurre il concetto di malattia sociale. Disturbi mentali causati dalla società. 
Torniamo negli USA con una donna nera terrorizzata dal razzismo, psicosi senza nome: nel corso della sua storia le vengono diagnosticate mille cose diverse; vittima di povertà, ignoranza e di abusi commessi dalla società nel suo intero: commette crimini ed è l'occasione per parlare della storia giudiziaria dell'infermità mentale come scusa. 
Sempre negli USA con una donna bianca di antica e ricchissima famiglia, anche lei mille diagnosi, schiacciata dalle aspettative. La donna nera veniva curata a calci in culo e a malapena accudita dal sistema sanitario americano, questa bianca può permettersi qualsiasi medico: ogni medico le prescrive una medicina diversa, ogni nuova medicina per compensare gli effetti collaterali di quella precedente in una cascata e spirale autodistruttiva senza fine. 
Ok. 
Questi ultimi due casi sono molto facilmente accoppiabili, lo fa spesso l'autrice stessa presentandoli come un proseguimento l'uno dell'altro: due donne agli antipodi della società, allo stesso modo distrutte dalla società, curate male (troppo poco o troppo), nascoste. 
I due prima sono meno evidentemente legati: immagino che l'idea sia simile. Un professionista bianco di successo in America, una donna di buona famiglia in una società dove le donne sono oggetti: nessuno dei due felice. 
...a dirlo così sembra si voglia paragonare morire di fame e rompersi un'unghia, ma il senso rimane.
L'ultimo caso, l'epilogo, è quello di una 'amica' dell'autrice ricoverata insieme a lei durante la storia nel prologo: diciamo la stessa malattia mentale curata più o meno allo stesso modo, esiti opposti. 
Una diventa autrice di successo, l'altra conduce una vita di merda e muore.
Pensieri miei conclusivi: stando alla quarta di copertina, l'autrice è famosa per essere incredibilmente empatica. Troverei imbarazzante essere identificato con l'essere 'incredibilmente empatico': questo è un libro molto femminile. 
Un libro dedicato a persone con una vita interiore, ansia e pensieri. Io sono un uomo (vero, pistolero).