Conan - Blood of the Serpent (Id, 2022): uhm. E' il primo, nuovo romanzo di Conan in una decina d'anni; è pubblicato da Titan Books e spera di cavalcare un'attesa, nuova età dell'oro per il personaggio creato da Robert Howard.
Sono 90 anni dall'uscita della prima storia di Conan e c'è una serie Netflix (presumibilmente) in uscita.
Conan, come Tarzan o Cthulhu o Captain Future, è l'anello di congiunzione tra fumetto e romanzo: è un personaggio che sopravvive al suo creatore e viene adottato da autori successivi che ne proseguono le storie, come Batman o Superman.
Il fardello, in questo nuovo caso, è toccato a Stephen Stirling: è la seconda volta che leggo qualcosa di suo, la prima fu nella raccolta del 2012 dedicata a John Carter of Mars. C'è una facile connessione, ma Stirling è autore anche di moltissima, MOLTISSIMA, roba originale.
Qui, sfortunatamente, ha voluto offrire una specie di scrittura imitativa di Howard: non tanto linguisticamente o stilisticamente, pur presente, soprattutto narrativa ed tematica; Blood of the Serpent è un marone noioso e ripetitivo che vede Conan combattere contro una serie di animali: leoni, coccodrilli, gorilla, serpenti e via dicendo. Non funziona.
Non funziona ed è pure stata un'idea stupida: sarebbe bastato guardare alle storie a fumetti di Conan, quelle più recenti, per capire quanto potenziale contemporaneo e moderno il personaggio possieda.
Scrivere un libro con una storia e una forma anni '30 non è assolutamente una decisione saggia.
Ci sono già le storie originali e non ha alcun senso cercare di competere con quelle.
Tutto ciò detto: delusione.
A livello di continuity, Blood of the Serpent vanta di essere precisamente collocabile: è un prequel di Red Nails.
E' così tanto un prequel di Red Nails, che Red Nails è contenuto 'come bonus' in questo libro, e le ultime pagine di questa storia si sovrappongono (questa, lo ammetto, è un'idea carina) alle prime dell'originale.
E' anche una fregatura perché un quarto del libro circa è composto da Red Nails, ergo la storia di Stirling è molto breve: circa 300 pagine scritte con generosità di bianchi e spazi.
E' il primo incontro tra Conan e Valeria. Ci sono un paio di illustrazioni in b/n.
Molti, troppi animali morti (non è certo il momento giusto per me) con grandi scene di caccia e lotta contro bestie selvagge: è vero essere un soggetto molto presente negli originali di Howar, ma, come detto, era 90 anni fa; erano scene d'effetto per gli americani in un mondo dove pochi chilometri di distanza erano già esotici, stesso concetto di Salgari dalle nostre parti, ma oggi non è più così e risultano soltanto insipide e gratuite.
Ah: la caratterizzazione di Conan. Scarsa, piatta, incapace di rappresentare neppure le basi del personaggio.
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