La Ragazza del Convenience Store (Konbini ningen, 2016): Sayaka Murata è una star letteraria giapponese. Ogni suo libro vince premi e questo di cui parliamo, in particolare, si è aggiudicato il premio Akutagawa, uno dei principali riconoscimenti del settore.
In Italia è edito da E/O, felicemente tradotto dall'originale senza odiosi passaggi intermedi.
E' il suo primo libro tradotto e portato in occidente. E' un libro breve inferiore alle 200 pagine.
...non l'ho trovato così eccezionale: comincia meglio di quanto finisca.
E' la storia di una zitella, per gli standard giapponesi, di 36 anni: nel prologo si racconta la sua infanzia, ma il libro è incentrato su questo periodo della sua vita.
Una psicopatica.
Non è una serial killer, non è un dramma: è una donna che fin dall'infanzia ha mostrato di non provare le stesse emozioni degli altri, di non ragionare allo stesso modo, di essere pericolosamente anormale in una società che premia e ricerca il conformismo.
Fin da bambina, la protagonista si è resa conto di questa sua diversità e di quanto addolorasse la sua famiglia e i suoi insegnanti, conseguentemente si è costruita una persona di facciata: una recita approssimativa di normalità.
Ha funzionato. Ha funzionato per un po'. Il centro di questa recita è stato trovare un lavoro part time presso un konbini, un minimarket aperto 24 ore su 24.
Rituali fissi e un preziosissimo manuale su come comportarsi in ogni situazione.
...immaginate la hostess di una compagnia aerea o i poveretti che lavorano agli Apple Store: il konbini fornisce e richiede ai suoi dipendenti di seguire, esprimersi e agire esattamente ed esclusivamente come indicato nel manuale in ogni circostanza.
Per la nostra protagonista è il paradiso: nessuno è mai riuscito a spiegarle come essere normale, come smettere di essere una preoccupazione e un elemento di disturbo, e diventare finalmente un ingranaggio produttivo come gli altri. Il manuale e il konbini, finalmente, le offrono tutto questo.
Passano gli anni.
A 36 anni, la nostra protagonista è la commessa perfetta. Sfortunatamente, la società giapponese non prevede che una donna nubile svolga a 36 anni un tipo di lavoro adatto a studenti o falliti.
La pressione perché trovi un marito o un lavoro serio cominciano a incrinare la sua perfetta simulazione di normalità.
La Ragazza del Convenience Store mi ha fatto venire in mente varie cose durante la lettura: una versione da mirror universe di Tempi Moderni di Chaplin con l'esatto opposto del messaggio.
La serenità e tranquillità dell'essere un ingranaggio non pensante di una grande macchina precisa, senza spazio per improvvisare e sbagliare, il piacere di trovare il proprio posto nell'universo e liberarsi di sgradevoli e dolorosi individualismi.
La protagonista ricorda immediatamente anche Zelig: il suo desiderio di essere normale è una recita complessa che non può trovare completa risoluzione esclusivamente nel lavoro. Bisogna interagire con i colleghi, con i famigliari, con le persone incontrate: per fare ciò, la protagonista imita coscientemente caratteristiche e atteggiamenti delle persone che lavorano con lei. Adotta questa o quella affettazione per costruirsi una figura pubblica, e le mescola per evitare di essere scoperta da un'imitazione troppo palese.
Nel finale c'è pure qualcosa di Pirandello.
Nel finale c'è pure qualcosa di Pirandello.
E' chiaramente un'opera letteraria con tanta profondità in poche pagine, che veicola messaggi di descrizione e critica sociale tipici della cultura giapponese.
Il finale è irrisolto: a 36 anni, la recita della protagonista entra in crisi. La necessità di aggiustarla alle aspettative sociali applicate alla sua età, la spinge ad alcune scelte sperimentali alle quali farà fatica ad adattarsi (per così dire): la nostra eroina, però, è come una drogata incapace di smettere le proprie routine.
Meh.
L'ho letto velocemente e volentieri, il finale mi ha lasciato un po' così.
E' interessante, non indimenticabile.
SPOILER SPOILER SPOILER
Prende in casa lo sfigato che compare a metà libro perché abbia con lei una finta relazione, ma lo sfigato è un essere turpe e la recita condivisa funziona male. Molla il lavoro alla ricerca di un altro posto dove ricominciare, ma alla fine decide di fregarsene: il konbini è l'unico posto che la faccia sentire normale e appagata. Rimarrà in un konbini fino alla fine, poi si lascerà morire (sostanzialmente).
C'è un momento a metà libro circa, quando fa una piccola comparsa un pazzo che va in giro per il konbini cercando di sistemare tutto: sembra un flashforward di come diverrà la protagonista, un'idea di commesso per sempre anche dopo il forzato allontanamento dal posto di lavoro.
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