The Tusks of Extinction (Id, 2024): romanzo breve, circa 160 pagine, di Ray Nayler; riprende alcune delle tematiche centrali del suo eccellente The Mountain in the Sea, ma non raggiunge la stessa qualità. 
E' difficile seguire a un primo romanzo di grande successo, Nayler ha scelto di farlo lungo la strada di minore resistenza: sviluppando ulteriormente alcune delle brillanti idee alla base di Mountain, proponendole in un formato più asciutto. 
NOTA: Mountain è l'esordio di Nayler nel formato romanzo, ma è stato precedentemente autore di svariate storie brevi; tra Mountain e questo, c'è un racconto pubblicato da Tor che non ho avuto voglia di cercare. 
Tornando a noi. 
Futuro prossimo, Siberia. 
Scienziati russi sono hanno fatto un jurassic park nelle steppe e de-estinto il Mammut; questi Mammut creati in laboratorio, però, non hanno istinti ancestrali e mancano delle nozioni per comportarsi come Mammut, quindi quando vengono liberati nelle steppe, crepano stupidamente. 
Fortunatamente, qualche tempo prima, l'industrioso governo russo ha obbligato tutti i suoi cittadini di prestigio a farsi scaricare la memoria/personalità in formato digitale per il bene della madre patria e futuro, possibile riutilizzo. 
Nell'archivio c'è una ranger esperta di elefanti, devotissima alla causa della loro preservazione, uccisa un centinaio di anni prima durante una 'guerra' contro bracconieri. 
Prendono la ranger e la scaricano nella mente di uno dei Mammut. 
A questo punto la storia procede alternando vari tempi e personaggi: c'è la protagonista che vive come un Mammut ma ricorda quando era umana e compara l'esperienza della società umana con questa nuova società animale; ci sono bracconieri che vogliono l'avorio dei Mammut, e c'è tutta una parte dedicata all'orrore dell'industria dell'avorio; c'è pure spazio per il più classico dei cacciatori bianchi/cuore nero. 
Come dicevo, ci sono molti dei temi di Mountain: cercare di comprendere una società animale, la natura dell'intelligenza artificiale, lo sfruttamento capitalistico delle risorse naturali. 
E' una buona lettura, niente di memorabile. L'anno prossimo dovrebbe uscire un nuovo romanzo.
NOTA: l'ho preso in formato digitale perché il prezzo per il cartaceo è sconcio. 
SPOILER SPOILER SPOILER
La protagonista organizza i Mammut in un corpo speciale capace di difendersi e uccidere chiunque, ninja mammut silenziosi e letali. I bracconieri muoiono. Il cacciatore sopravvive ma solo perché possa tornare nella civiltà e raccontare l'orrore della vendetta dei mammut. 


Dentro (Id, 2012): mi sono accorto di non leggere narrativa in italiano da parecchio tempo. Ho comprato 3 libri, il primo è finito nel prossimo infodump; questo è il secondo.
Stavo guardando un episodio di Propaganda Live con un mio amico, a un certo punto si presenta questo attore Valerio Aprea e legge un testo di Sandro Bonvissuto (direi un testo nuovo ma non sono sicuro).   
Bello. 
Decido di comprare un suo libro. C'è un romanzo uscito nel 2020, ma parla di calcio e tifosi di calcio e quindi l'ho scartato; c'è questa raccolta di racconti del 2012 che è stato il suo momento di massima fama e gloria letteraria. 
Scrittore romano, tutti lo trovano simpatico perché è laureato in filosofia e fa il cameriere. 
Tre racconti: apparentemente raccontano a ritroso tre periodi nella vita di uno stesso uomo, ma è solo una supposizione; potrebbe trattarsi di tre uomini differenti. 
I tre racconti sono di lunghezza decrescente, così come sono decrescenti i periodi raccontati. 
Il primo, il più famoso e citato, racconta della carcerazione del protagonista: non sappiamo il suo reato, non è importante. Arriva in prigione e la vive. Ho guardato un po' in rete ed è considerato il più potente, onesto e intimo racconto della vita in carcere nella narrativa italiana. 
La prigione come comunità con le sue regole e le dinamiche interne; non è Oz, ma ci va vicino: niente drammi erotici, ma lunghe riflessioni sul valore del carcere, della punizione carceraria, della funzione del carcere e delle manchevolezze del sistema. 
Intrigante, molto ben scritto, certamente stimolante di riflessioni. 
Il secondo racconto segue un andamento in qualche modo analogo: è il primo giorno di scuola (liceo), il nostro protagonista entra nell'edificio scolastico in modi non dissimili dalla prigione del primo racconto, e trova un amico. 
Il prigioniero trovava una mini comunità nello spazio ristretto della sua cella; lo studente trova una comunità ancora più ristretta nel banco che condivide con il suo compagno di banco: i due diventano molto amici, ossessivamente amici. 
Il terzo racconto dura circa un giorno, un bambino di 5 anni è tagliato fuori dai suoi amici che sanno andare in bicicletta; avvilito, va dal padre e gli chiede di insegnargli. 
Tutta la critica concorda nel definire il secondo racconto, il peggiore della raccolta; il primo è quello più popolare, questo terzo è quello preferito dai recensori controcorrente. 
Questo terzo è quello piaciutomi di meno, perché manca di reciprocità con i precedenti: se scrivi due racconti con forti similitudini, un tema ricorrente, e li inserisci nella stessa raccolta con un terzo racconto che invece non c'entra un cazzo, l'escluso mi piace immediatamente di meno. 
Propendo per la teoria che il protagonista sia lo stesso individuo: l'autore usa la stessa voce per tutti e tre i protagonisti, una voce che non si sposa bene con i personaggi perché troppo edotta, troppo educata e troppo introspettiva; potrebbe andar bene per il prigioniero, ma di certo non per lo studente e per il bambino di cinque anni. 
Vale, quindi, per me la teoria che sia la stessa persona a ricordare tre momenti della sua vita: così si giustifica la stessa voce e che la voce non corrisponda ai personaggi. 
L'autore alterna riflessioni filosofiche, non si possono chiamare diversamente, sul carcere, la scuola, il rapporto con il padre, ad altre più estemporanee sul tempo e lo spazio (il Tempo è un tema ricorrente); il tutto farcito di notevoli frasi a effetto, perfetti aforismi. 
L'ho cominciato ieri, sono un po' meno di 200 pagine: l'ho finito in 24h senza leggere altre cose nel frattempo, mi è chiaramente piaciuto. Bonvissuto ricorda certi autori di inizio 1900. 
Potrei decidere di comprare anche il romanzo, potrebbe riuscire a farmi piacere persino il calcio e i tifosi (impossibile). 


What If... Wanda Maximoff and Peter Parker Were Siblings? (Id, 2024): secondo libro nella serie Random House/Marvel. 
Il primo mi era piaciuto di più, ma non stupisce: in questo genere di progetti, la prima uscita tende a essere una delle migliori.
Non che sia un brutto libro, ma è molto normale e standard per questo genere di 'libri tratti da fumetti'. 
L'autrice è Seanan McGuire, scrittrice professionista di romanzi originali, fumetti Marvel e libri su commissione come questo. 
La premessa del What If è abbastanza complessa e molto meno comprensibile rispetto a quella del precedente: non so se ci siano riferimenti alla continuity effettiva dei personaggi, quando ancora leggevo Marvel, l'origine di Scarlet Witch era molto diversa. 
Tutto ciò detto. 
I coniugi Parker sono in missione a Latveria per conto dello SHIELD, trovano l'Alto Evoluzionario impegnato a sperimentare su bambini, salvano uno dei bambini: Wanda. 
Adottano Wanda, la portano a casa a New York e fanno crescere insieme al figlio naturale, Peter. 
Molto sfortunatamente, tutto il romanzo è un flashback: il libro vero e proprio inizia con Wanda accusata dell'omicidio di Captain America, da lì comincia una riflessione di Wanda sulla propria vita. 
Il grosso del romanzo, quindi, attraversa la vita di Wanda e Peter da giovanissimi fino ai primi anni di college. 
Protagonista assoluta del libro è Wanda(Scarlet Witch, Peter/Spider-Man è solo un comprimario; tuttavia, essendo la storia ambientata a New York, le avventure vissute da Wanda comprendono alcune delle principali storyline giovanili di Peter: Gwen, Goblin, etc. 
Ah, a proposito: Spider-Man in questo libro è nella sua versione teenager pieno di angst e complessi e dramma. Quella versione che non sopportavo di leggere manco quando avevo i suoi stessi anni. 
Tutto ciò detto. 
Peter diventa Spider-Man e Wanda scopre di 'avere' la magia. Doctor Strange la prende come apprendista e sarà il terzo personaggio per ordine d'importanza. 
Qua e là, l'autrice cerca di buttare un po' di serietà mostrando il razzismo subito da Wanda per essere Rom e una presunta mutante: questi passaggi sono migliori di quando prova a scrivere i quip di Spider-Man durante i combattimenti (penosi). 
Il romanzo migliora verso metà, prima di peggiorare definitivamente in un finale inconsistente e tirato via, senza troppo senso, e con l'impacciata e forzata interlocuzione di America/Watcher come nel primo libro, ma di più.
Comprerò sicuramente anche il terzo, già uscito. Probabilmente l'anno prossimo. 
Non ho trovato informazioni sul successo dell'iniziativa e una possibile seconda run di libri. 
SPOILER SPOILER SPOILER
Non è chiaro, onestamente non ho capito e avrei probabilmente dovuto rileggere alcune parte ma non ne avevo voglia: i Parker salvano Wanda dall'Alto Evoluzionario, Doom acchiappa Pietro e lo maltratta fino a trasformarlo in un povero schiavo obbediente. 
E' Pietro che uccide Captain America con l'intenzione di creare un divario tra gli eroi americani e Wanda, portare Wanda a Latveria per servire Doom. 
Naturalmente fallisce, viene arrestato. Il libro finisce con Wanda che diventa membro degli Avengers.


Twilight of the Gods: la serie animata Netflix in 8 episodi uscita lo scorso Settembre. 
Avevo iniziato a guardarla con grande entusiasmo: fino all'episodio 4 è una produzione di ottima qualità piena di potenziale e promessa; l'episodio 5 è lo spartiacque; gli ultimi 3 soffrono di un crollo verticale della narrazione, i personaggi smettono di avere qualsiasi senso, il finale è un ammasso di scene sconnesse ed eventi privi di significato. 
Una produzione Zack Snyder in tutto e per tutto. 
Jay Oliva firma come co-creatore. 
Torniamo all'inizio: l'animazione è realizzata dallo studio francese Xilam, questa serie potrebbe essere il loro primo lavoro non per il mercato francese (sono quelli di Oggy); visivamente assomiglia a un Samurai Jack con sangue rosso e sesso, diciamo un Tartakovsky vm18. 
E' l'ennesima interpretazione di classici miti nordici: Thor, Baldur, Loki, Odin, svariati mortali, giganti e altri mostri e personaggi famosi; è il cartone animato di God of War! Magari. 
L'animazione è molto ben fatta e, come dicevo, i primi quattro episodi sono sontuosi e impostano una vicenda di vendetta e scontro tra mortali e divinità che è avvincente e ben scritta; poi succede un disastro e letteralmente accadono cose senza senso, scollegate tra loro, ripetitive, noiose per la mancanza di logica, un casino.
Thor ammazza tutta la famiglia della guerriera Sigrud, lei si incazza e mette insieme un gruppo di guerrieri che si sono rotti le palle degli dei (aiutati da Loki): segue Ragnarok, circa ma non proprio. 
La serie non finisce. Una seconda stagione non è confermata. 


Butts - a Backstory (Id, 2022): cominciamo apprezzando tutti insieme il simpatico gioco di parole. Debutto di grande successo per Heather Radke, giornalista/commentatrice americana non di fama.
Pensate a Mary Roach, Mary Roach è superiore, ma questo libro ha somiglianze con quel tipo di non fiction: è una storia del 'Culo' nella civiltà e cultura occidentale, specificamente del culo femminile. 
Non è un saggio comico, può alle volte esserlo, ma è soprattutto una seria analisi della condizione della donna nella storia, di femminismo quindi, e di razzismo nelle sue varie sfumature e applicazioni pratiche. 
In parallelo alla ricerca sul tema, l'autrice offre la sua esperienza personale di 'culona' e come questa caratteristica fisica l'abbia perseguitata fin da bambina, etc etc. 
Ecco, vale la pena metterlo in chiaro: questo è un libro dedicato a un pubblico femminile; è godibile anche da un uomo, è un buon libro ed è molto interessante, ma specialmente nelle parti di racconto privato e personale: l'esperienza di diete, pantaloni mai della taglia giusta, gente che ti chiama culona, gente che vuole solo toccartelo e altre cose del genere, non sono vicine alla prospettiva maschile. 
L'autrice è stata abilissima a organizzare il libro in capitoli tematici che riescono anche a seguire un percorso cronologico. 
Il primo capitolo è "Origins" ed è pura divulgazione scientifica sulle varie teorie evolutive che vorrebbero spiegare come mai l'Homo Erectus abbia sviluppato l'insieme di muscoli e grasso e altro all'origine del nostro sedere odierno.
NOTA: scende dagli alberi e comincia a camminare/correre su due gambe, quindi si inventa i glutei.
Il capitolo risponde anche alla seguente domanda: perché nel culo c'è un sacco di grasso e perché, salvo un paio di eccezioni, la femmina umana è l'animale con più grasso corporeo al mondo? Sfortunatamente, commenta l'autrice facendo spallucce al femminismo, il motivo è la funzione materna/procreativa della femmina umana collegata alla lunga gestazione. 
In questo capitolo si iniziano anche a presentare le molte teorie scientifiche che, nel corso dei secoli, hanno voluto spiegare l'inferiorità della donna e/o di altre razze rispetto al maschio bianco; si parla di rapporto tra attrazione sessuale ed evoluzione, si introduce la discussa/discutibile scienza dell'evolutionary psychology che, detta in termini super basici, stabilisce una correlazione tra pensieri, sentimenti e altre cose della mente con l'evoluzione della specie. 
In pratica: perché le donne hanno un culo tendenzialmente più grosso? Perché all'uomo primitivo piaceva il culo grosso, quindi si è accoppiato soprattutto con donne dal culo grosso, quindi ha 'selezionato' le donne per mantenere e diffondere questo tratto. 
L'autrice, e tutta una serie di fonti riportate, è scettica.
Il secondo capitolo è dedicato a "Sarah", nel senso di Sarah Baartman. 
Potreste aver visto delle foto o dei disegni: donna africana 'importata' in Europa alla fine del 1700 per essere l'attrazione principale in una serie di freak show ed esporre il suo gigantesco culo al pubblico; prosegue la presentazione delle teorie scientifiche a cui accennavo prima, entra in scena Cuvier: Baartman venne tratta come anello di congiunzione tra uomo e scimmia, per dimostrare che i neri sono più vicini alle scimmie dei bianchi; il suo grosso culo un simbolo di ipersessualità quasi bestiale che, insieme ad altre caratteristiche tipo la forma della testa o il colore della pelle, divenne elemento per descrivere e distinguere le diverse razze umane, classificarle e porle all'interno di una gerarchia con in cima il maschio bianco. 
E' l'inizio dell'idea che essere magri sia un segno di razionalità e avere un culo piccolo una caratteristica dei bianchi opposta alle bestie nere. 
Il capitolo prosegue con una breve storia dell'Eugenica.
Qui sono rimasto di sasso. 
Ho l'idea di essere una persona educata e acculturata, ma non avevo mai sentito parlare di eugenica (cui ha letto Atwood, o visto la serie, invece ne saprà qualcosa). 
E' una teoria scientifica per promuovere il miglioramento della razza umana attraverso la riproduzione guidata e controllata degli 'esemplari' migliori, esattamente come per la selezione e definizione delle razze canine: va dalla sterilizzazione obbligatoria di donne di razze inferiori, alle politiche per promuovere la riproduzione delle donne di razze superiori. 
Sono teorie nate e sviluppatesi principalmente in America, ma anche in paesi europei come la Svezia, alla fine del 1800 e sono alla base, senza girarci troppo intorno, del nazismo. 
Non sapevo, ho verificato essere così, che all'origine delle teorie razziali naziste e le conseguenti leggi e procedure applicate durante il periodo della seconda guerra mondiale, ci siano leggi e pratiche accettate inventate principalmente dagli americani. 
E' un pensiero notevole per le sue varie implicazioni e offre una simpatica riflessione sul classico concetto di 'storia scritta dai vincitori', mostrando anche l'inclinazione americana a creare problemi nel mondo per poi presentarsi come salvatori e (tentare di) risolverli. 
Nel terzo capitolo si parla di "Shape".
Parliamo di 'bustle': la traduzione italiana potrebbe essere 'sellino'. E' quel bizzarro pezzo di vestito indossato dalle donne sotto le gonne alla fine del 1800 usato per dare l'immagine di un culo gigantesco.
E' il momento nella storia quando il disgusto e il desiderio dei bianchi verso i neri diventa un paradosso culturale perdurante nella storia occidentale: si va oltre il padrone della piantagione di cotone che desidera le sue schiave, qui si parla di donne bianche della razza superiore che si travestono da donne di razza inferiore per attrarre lo sguardo maschile con la suggestione di quella sessualità bestiale di cui prima. 
Potendo, però, in qualsiasi momento rimuovere la finzione e tornare a essere una ragionevole e sposabile donna bianca. 
Riflessione sul razzismo: su come ciò che è odiato diventi un ossessione piena di desiderio.
All'inizio del secolo successivo, però, le cose cambiano: i bustle spariscono e la moda diventa una forza prepotente e un agente attivo nella cultura occidentale, le grandi città dei 1910s sono traboccanti di giovani bianche magrissime, le famose 'flappers', e senza culo.
In questi anni vivono due modelli paralleli che vanno da Coco Chanel a Josephine Baker. 
La riflessione di turno è la seguente: le donne dismettono capi d'abbigliamento violentemente costrittivi con i quali tentavano di forzare e trasformare il proprio corpo dall'esterno, iniziano a seguire diete e regimi alimentari rigidissimi con i quali trasformare il proprio corpo dall'interno. 
Esiste sempre un modello ed esistono sempre pressioni sulle donne per adattarsi.
...sto andando un po' troppo per le lunghe, adesso riassumerò di più.
Capitolo quarto: "Norma". 
Inizia l'idea che ci sia un corpo medio, average, a cui aspirare: un modello di perfezione umana raggiunto attraverso la standardizzazione dei corpi. 
Norma è la statua creata da un paio di scienziati/artisti che rappresentare l'ideale umano bianco ed eterosessuale (abbinata alla statua Norman). 
La moda continua la sua ingombrante presenza, i vestiti diventano mass prodotti e i brand inventano le 'taglie'; tutti sanno che le taglie non vanno bene, ogni brand usa le proprie e non è una finzione che la stessa taglia di produttori diversi non corrisponda: ci sono comprensibili motivi economico-industriali alla base di questa pratica, ma il risultato è la necessità per le donne di adattarsi ai vestiti e non i vestiti ai corpi.
Ancora oggi esistono modelle e modelli (nel senso di persone che fanno i modelli e le modelle) su cui vengono create le taglie e che dovrebbero in qualche modo rappresentare il corpo medio secondo la visione di chi produce. 
All'opposto, proseguendo nell'opposizione, la controcultura drag e queer che abbraccia l'unicità dei corpi e la stravaganza.
Capitolo quinto: "Fit".
Qui si parla di fitness e aerobica, siamo tra gli anni 1970s e i 1980s: "buns of steel", "jazzercise", "Jane Fonda" e le vhs. 
Il culo diventa il simbolo, anche nel linguaggio (anche in italiano: "muovi il culo") dell'essere pigri, grosso, o seri, piccolo e sodo. 
In questi anni, la resistenza alla pressione esiste nella forma del gioioso fat fitness. 
Arriviamo agli anni '90 e inizio nuovo millennio con il capitolo sesto: "Bootylicious". 
Kate Moss e l'heroin chic, l'anoressia; Sir Mix-A-Lot e la cultura rap di grossi culi e sesso; Jennifer Lopez e il successo della cultura hip hop tra i giovani bianchi, è il momento della cultural appropriation. 
Beyonce, Paris Hilton e Kim Kardashian: vere femministe o sfruttatrici? 
L'ultimo capitolo, "Motion", è dedicato al twerk. 
Il twerk non è stato inventato da Miley Cyrus, è una tecnica (non sono pratico di ballo, si dice tecnica?) di molti balli tradizionali africani, importata in America con gli schiavi 300 anni prima; la Cyrus è l'immagine dell'appropriazione culturale dei giovani bianchi che trovano cool fare i neri, e non c'è niente di più nero che agitare il culo. 
Ok, ho dovuto ridurre per non strafare e raccontare l'interezza del libro: estremamente interessante, notevoli riflessioni su razza e l'aspirazione a essere conformi, sulla pressione subita dalla donne ogni giorno dall'intrattenimento/moda/società, sul rapporto tra bianchi e neri. 
Tutto attraverso una discussione sui culi. 
Difetti: come dicevo all'inizio, l'esperienza personale dell'autrice è un di più che appesantisce un libro già viziato, sfortunatamente, da una certa ripetitività di concetti e temi; sono 250 pagine circa, ma sembra più lungo. Diventa anche progressivamente meno interessante con l'avvicinarsi ai giorni nostri: le riflessioni proposte passano dall'essere obbiettive e rivelatrici, al nascondere una certa carica morale non sempre condivisibile su fenomeni di costume.


Haikyuu! The Dumpster Battle: confesso di aver completamente dimenticato che l'adattamento animato di Haikyuu si fosse interrotto nel 2020 alla fine della quarta stagione.
Ricapitoliamo: la quarta stagione conclusasi nel 2020 arrivò ad adattare fino al capitolo 292 del manga, conclusosi al 402; a suo tempo avevo ipotizzato una quinta stagione animata e poi una serie di film per arrivare fino alla fine. 
Sorprendentemente, invece, la produzione è già passata al formato lungometraggio. 
Qualcosa non quadra: questo è il primo film in una duologia "Haikyuu Final" che, stando a quanto dichiarato, terminerà l'adattamento animato; questo film adatta fino al capitolo 325. Ipotizziamo vengano saltati i capitoli dedicati alle partite delle altre squadre e si passi direttamente alla prossima di Karasuno, ignorando anche l'orrore dello spoiler implicito in questa programmazione, vuol dire che gli ultimi volumi del manga, quelli dopo il time skip, verranno completamente saltati. 
Tutto ciò detto. 
The Dumpster Battle è un ritorno all'eccezionale Haikyuu delle prime due stagioni: ottima animazione, sceneggiatura impeccabile (nonostante la partita sia sensibilmente rimpicciolita); lo staff è più o meno quello originale, alcune voci sono cambiate ma niente di insopportabile. 
Production IG torna a mostrare i muscoli e ci regala un magnifico lungometraggio, adattamento di uno dei migliori story arc del migliore manga sportivo di sempre. 
Karasuno vs Nekomata. 
La sfida tra amici e una delle più belle rappresentazioni della gioia sportiva in qualsiasi formato. 
SPOILER SPOILER SPOILER
Vince Karasuno. 




 

Look Back (manga/anime): prima di guardarne l'adattamento animato recentemente uscito su Amazon, ho letto il celebratissimo manga one-shot di Fujimoto del 2021. 
L'anime mi è piaciuto più del manga: è un mediometraggio scarso ai 60 minuti (un breve lungometraggio?) prodotto da Studio Duran. 
Prima produzione da studio principale e primo lavoro di prestigio interamente affidato a un animatore emergente, Kiyotaka Oshiyama, che qui fa praticamente tutto da solo: dirige, scrive, anima e altro. 
Molto bello da vedere e arricchito dall'elaborazione animata di scene solo accennate nel manga. 
Due ragazzine con la passione del disegno diventano amiche e producono un manga, poi succede qualcosa e si separano, poi succede qualcosa d'altro e si riavvicinano. 
L'ho guardato con piacere, il manga l'ho letto con relativo disinteresse. 
E' una bella produzione artisticamente vigorosa ed espressiva, con molte scene cinematografiche e altre squisitamente possibili solo grazie all'animazione. 
La lettura del manga non è richiesta. 
NOTA: in modo meno diretto rispetto ad altri anime recenti sull'argomento, anche Look Back parla delle condizioni lavorative 'difficili' di chi produce manga. 
SPOILER SPOILER SPOILER
Una delle due amiche muore ammazzata da un matto stile KyoAni.