One Yellow Eye (Id, 2025): romanzo debutto per la circa giornalista Leigh Radford. 
Avete presente quelle storie deprimenti che ti fanno passare la voglia di vivere, per poi chiederti chi te l'abbia fatto fare? Quando, generalmente, sarebbe meglio cercare qualche forma di escapismo e non qualcosa che ti provochi sofferenza? 
Ecco. 
Evito questo genere di storie, o le abbandono per strada perché conduco un'esistenza felice e non vedo motivo di rovinarmela, ma ogni tanto non è possibile.
Questo non è un ottimo romanzo, ma fa una cosa incredibilmente bene. 
Ci sono stati gli zombie, l'epidemia è stata contenuta, la società è sopravvissuta. 
La protagonista è una scienziata, suo marito è morto durante l'epidemia, proprio alla fine dell'epidemia quando le forze governative stavano concludendo il rastrellamento dei living dead per terminarli; così alla fine che la protagonista è riuscita a nasconderlo e nessuno se n'è accorto. 
Questa è la storia di una moglie che cerca di trovare la cura allo zombie virus prima che qualcuno scopra suo marito-zombie legato in una stanza del suo/loro appartamento; è una storia d'amore disperato e la tragedia del lasciare andare, l'impossibilità di dire addio. 
Ora: perché mi sono appassionato a questa storia? 
Essenzialmente perché ho soppresso 2 cani nella mia vita (e ne ho visti sopprimere altri quando non era mia scelta), ne ho un terzo che suppongo finirò per sopprimere quando, inevitabilmente, si ammalerà malissimo anche lui tra una decina d'anni (o forse meno data la sua taglia). Ho parenti che sopprimerei volentieri, una moglie adorata che spero riuscirà a terminarmi quando sarò troppo rincoglionito per andare in bagno da solo.
Questa non è una storia sull'eutanasia: è sul dolore di vedere chi ami stare male, vederlo agonizzare fino a smettere di essere se stesso, perdere la propria identità a causa di una malattia insopportabile; è il dolore di sapere che potresti dare pace, mettere fine al tormento, accettare l'impossibilità dei miracoli e l'incapacità della scienza, lasciar riposare e invece no, perché non riesci, perché forse potrebbe succedere qualcosa e tutto tornare come prima, perché un altro giorno con una versione atrocemente diminuita di chi ami è meglio che il resto dei tuoi giorni senza.
Il libro è brutalmente toccante e odiosamente preciso nel rappresentare lo stato mentale di chi si trovi in questa situazione. 
Il resto è contorno. C'è una storia funzionale che vede la protagonista lavorare febbrilmente per trovare la cura (insieme ad altri scienziati, in un contesto dove trovare la cura potrebbe non essere la priorità per molti di loro), scivolare progressivamente nella disperazione fino ad allontanarsi sempre più dalla ragionevolezza e abbracciare scelte pericolosamente distruttive. 
Il finale è prevedibile e non molto interessante, ma la storia non è certamente il punto centrale del romanzo; questo non è il libro per gli appassionati di zombie, è un libro che schiaffeggia nervi scoperti lasciati esposti dall'aver vissuto esperienze simili a quelle della protagonista. 
SPOILER SPOILER SPOILER
Trovano la cura, ma non funziona su quelli diventati zombie da un sacco di tempo; il marito si libera, viene ucciso dalla polizia, lei va in prigione ma ci sono varie circostanze e ne esce dopo pochi mesi. 
Il romanzo finisce con, finalmente, l'inizio del lutto.