Pure Invention (Id, 2020): a seconda dell'edizione, cambia il sottotitolo. "How Japan Made the Modern World" o "How Japan's Pop Culture Conquered the World" (la mia versione e quella più ragionevole).
Istantaneamente uno dei miei saggi preferiti di sempre.
NOTA: leggere libri così mi dà grande felicità.
Istantaneamente uno dei miei saggi preferiti di sempre.
NOTA: leggere libri così mi dà grande felicità.
Il titolo è una citazione di Oscar Wilde sul Giappone e il suo popolo (riportata nel libro, non lo sapevo): "the whole of Japan is pure invention".
Nella sua introduzione, l'autore usa affermazioni forti che passerà poi l'interezza del libro a dimostrare e difendere molto convincentemente.
Japan "made the modern world, redefined what it means to be human in the modern era".
Io sono stato convinto.
Nella sua introduzione, l'autore usa affermazioni forti che passerà poi l'interezza del libro a dimostrare e difendere molto convincentemente.
Japan "made the modern world, redefined what it means to be human in the modern era".
Io sono stato convinto.
Il libro è sul Giappone, ovviamente, e voi potreste dirlo essere l'ennesimo libro sulla cultura pop giapponese, ma questo non è un libro solo sui videogiochi, solo sugli anime/manga o solo sul folklore nipponico; questo è un libro che parla di creazioni e invenzioni giapponesi che si sono diffuse in tutto il mondo.
E' un libro che parla di Giappone, certo, ma è un libro che parla dei fondamenti della nostra cultura (occidentale) pop. Incidentalmente, è un libro che parla molto dei miei anni formativi.
La mia generazione è l'emblema (o il principale marketing target) della cultura contemporanea.
Il libro è diviso in 2 parti.
La prima parte va dal 1945 alla fine del 1990, dalla sconfitta nella Seconda Guerra Mondiale all'incredibile e rapidissima ripresa economica, fino al devastante crollo della borsa nel dicembre 1990.
NOTA2: data la materia raccontata, lo vedrete, i capitoli tendono ad andare avanti e indietro nel tempo. Un capitolo può iniziare negli anni 60 del 1900 e portarci fino al secolo dopo; il capitolo successivo ripartire dagli anni 70 e così via.
Si comincia parlando dell'industria giapponese dei tin toys prima e dopo la guerra; il Giappone è un paese di manifattura e specialmente di giocattoli: prima della guerra era il secondo più importante esportatore di giochi di latta (il primo la Germania, chissà se esiste un'analisi del nesso) al mondo.
Nel 1946, l'industria del giocattolo si era già rimessa in moto; l'autore racconta la storia della nascita di una celeberrima jeep militare americana di latta e di come i giocattoli fatti nel Giappone Occupato siano stati il primo elemento di ripresa economica e collaborazione con gli ex nemici occupanti, primo successo internazionale post-bellico.
Alla fine degli anni 50, il Giappone era già diventato il più grande esportatore di giocattoli al mondo, producendo anche le Barbie per conto degli USA.
Si comincia parlando dell'industria giapponese dei tin toys prima e dopo la guerra; il Giappone è un paese di manifattura e specialmente di giocattoli: prima della guerra era il secondo più importante esportatore di giochi di latta (il primo la Germania, chissà se esiste un'analisi del nesso) al mondo.
Nel 1946, l'industria del giocattolo si era già rimessa in moto; l'autore racconta la storia della nascita di una celeberrima jeep militare americana di latta e di come i giocattoli fatti nel Giappone Occupato siano stati il primo elemento di ripresa economica e collaborazione con gli ex nemici occupanti, primo successo internazionale post-bellico.
Alla fine degli anni 50, il Giappone era già diventato il più grande esportatore di giocattoli al mondo, producendo anche le Barbie per conto degli USA.
Con il secondo capitolo entriamo negli anni 60: è una breve storia di Tezuka e l'inizio degli anime e loro diffusione internazionale, ma l'autore usa questo fondamentale momento culturale giapponese (e mondiale) soprattutto in relazione e come sfondo all'inizio dei grandi movimenti e rivolte giovanili, e l'inizio di quella frattura tra generazioni che abbiamo più volte osservato quando parlando di società giapponese.
Il terzo ci porta negli anni 70 e l'invenzione, immediata, istantanea diffusione e successo del karaoke. Inventato 5 volte da 5 persone diverse praticamente allo stesso tempo in lungo e in largo per il Giappone; ancora una volta, l'invenzione commerciale è analizzata dall'autore nel contesto di cambiamenti e motivazioni all'interno della società giapponese: entrano in scena i famigerati salarymen, impiegati stressati che vogliono ammazzarsi di alcolici e divertimento nel fine settimana, dopo essersi ammazzati di lavoro e soprusi durante la settimana.
Il terzo ci porta negli anni 70 e l'invenzione, immediata, istantanea diffusione e successo del karaoke. Inventato 5 volte da 5 persone diverse praticamente allo stesso tempo in lungo e in largo per il Giappone; ancora una volta, l'invenzione commerciale è analizzata dall'autore nel contesto di cambiamenti e motivazioni all'interno della società giapponese: entrano in scena i famigerati salarymen, impiegati stressati che vogliono ammazzarsi di alcolici e divertimento nel fine settimana, dopo essersi ammazzati di lavoro e soprusi durante la settimana.
Essere star anche se per pochi minuti dopo giornate da ingranaggi senza nome.
Il capitolo attraversa gli anni 80 e 90: all'apice del successo si contavano 170k sale karaoke in Giappone; si racconta brevemente della diffusione in America e delle sue rimarchevoli differenze: in Giappone il karaoke si fa in sale private tra amici o colleghi, in America si sale sul palco di una sala comune e si gareggia come in una competizione (tipo il film Duets).
Capitolo successivo torniamo agli anni 70 con la nascita di Hello Kitty e l'inizio di quel 'culto del kawaii' che è caratteristico del Giappone contemporaneo; approfondita storia della Sanrio, dei suoi designer e creatori principali, i primi ad avere l'intuizione dell'esistenza di un mercato femminile di 'cose graziose'; qui l'autore comincia a sottolineare legami e influenze tra campi diversi dell'intrattenimento e industria: la creazione di Hello Kitty e l'inizio del 'super deformed' diventa l'ispirazione per il design di Super Mario (la diffusione di personaggi deformi ma carini si sposava perfettamente con le limitazioni tecnologiche dei videogiochi di allora).
L'ultimo capitolo di questa prima parte è quello che ha definitivamente vinto l'idea dell'autore nella mia testa, perché è il primo dedicato a qualcosa con un reale impatto sulla mia vita: siamo negli anni 80 e i giapponesi inventano il Walkman.
L'ultimo capitolo di questa prima parte è quello che ha definitivamente vinto l'idea dell'autore nella mia testa, perché è il primo dedicato a qualcosa con un reale impatto sulla mia vita: siamo negli anni 80 e i giapponesi inventano il Walkman.
Certo, si parla del device ma è soprattutto l'idea e l'invenzione di qualcosa che oggi tutti danno per scontato: la possibilità di ascoltare musica di propria scelta mentre si va in giro; non c'è una storia di Sony nel suo complesso, ma solo del suo dipartimento radio, passatemi il termine: si va dalle radio a transistor degli anni 50, passando per miniaturizzazioni sempre più inimmaginabili, fino all'invenzione delle cuffie.
Prosegue la parallela mini storia dei videogiochi incentrata sul design: i videogiochi sono stati inventati in America, ma fu il contemporaneo del walkman, l'Invasore di Space Invaders, a diventare il primo personaggio dei videogiochi immediatamente riconoscibile al mondo.
La seconda parte del libro copre gli anni 90 e i primi del 2000: affrontando un giro di anni più breve, i capitoli sono meno specifici e trattano più argomenti, riflettendo la frenesia produttiva giapponese e la disperata ricerca di nuovi prodotti da vendere per non precipitare nell'abisso.
Si parla della Lost Decade iniziata con il rovinoso crollo del nikkei alla fine del 1990, un tonfo così impossibile che avrebbe dovuto cancellare il Giappone dalla scena internazionale (e quasi lo fece): milioni di disoccupati, ovviamente, povertà e tutte le altre conseguenze prevedibili di una simile inversione economica.
Prosegue la parallela mini storia dei videogiochi incentrata sul design: i videogiochi sono stati inventati in America, ma fu il contemporaneo del walkman, l'Invasore di Space Invaders, a diventare il primo personaggio dei videogiochi immediatamente riconoscibile al mondo.
La seconda parte del libro copre gli anni 90 e i primi del 2000: affrontando un giro di anni più breve, i capitoli sono meno specifici e trattano più argomenti, riflettendo la frenesia produttiva giapponese e la disperata ricerca di nuovi prodotti da vendere per non precipitare nell'abisso.
Si parla della Lost Decade iniziata con il rovinoso crollo del nikkei alla fine del 1990, un tonfo così impossibile che avrebbe dovuto cancellare il Giappone dalla scena internazionale (e quasi lo fece): milioni di disoccupati, ovviamente, povertà e tutte le altre conseguenze prevedibili di una simile inversione economica.
Ecco che i giovani giapponesi si ribellano di nuovo: le kogals di Shibuya che hanno scandalizzato il mondo intero, la diffusione mondiale della figura peccaminosa della studentessa giapponese di high school vestita alla marinaretta, pronta a tutto per mantenere il proprio status e possedere cose.
Torniamo a parlare di Sanrio e di come sia sopravvissuta alla crisi, anzi crescendo, puntando tutto su un nuovo pubblico femminile di giovani non più bambine che continuano a desiderare cose di Hello Kitty, ma su prodotti per adulti; in Giappone vengono inventati i MIDI e i primi servizi di streaming musicale; mentre i giovani giapponesi scivolano nella depressione di una vita condannata a imitare i genitori impiegati, le giovani diventano ribelli in modi incomprensibili e affascinanti: goth lolita kawaii kinderwhore assassine senza morale.
In Giappone viene inventato il Tamagotchi.
In Giappone vengono inventati gli emoji: qui c'è tutta una storia su come il Giappone sia stato l'unico mercato a non accogliere con entusiasmo il primo iphone perché privo degli emoji; Apple corse al riparo e, in partnership con Google, creò l'odierno standard degli emoji e, come dice l'autore, oggi siamo tutti diventati "Japanese schoolgirl-style texters".
Un capitolo per gli anime degli anni 90, il perfezionamento della figura degli otaku: da End of Evangelion, passando per la release americana di Akira, Tomino e Anno; erotismo negli anime, fan fiction, hentai; l'animazione che diventa prodotto nazionale fino al successo di Spirited Away.
Penultimo capitolo interamente dedicato ai videogiochi: la sala giochi, le console, le console portatili, la pac-man fever che cede il passo alla pokemania, Nintendo.
L'ultimo capitolo, proseguendo su una chiara linea tecnologica, è dedicato a internet e alle comunità online: la creazione di 2channel e l'istituzione della prima società online, il mito di Train Man, la nascita degli imageboard, 2chan, porno e porno con tentacoli, 4chan e moot, i meme, gamergate, Steve Bannon e la radicalizzazione della politica.
Mentre i 2 capitoli precedenti mi sono risultati meno interessanti, perché materia che conosco e più conosciuta in generale, quest'ultimo è un notevole pezzo di analisi culturale con alcune intriganti teorie che collegano direttamente la creazione di un forum online in Giappone con l'ascesa del populismo.
L'epilogo è un volo d'uccello sul Giappone contemporaneo dove le Arcade chiudono e il karaoke è quasi scomparso: l'autore, uomo di cultura, cita Murakami e Mary Roach; lo smartphone è figlio del Walkman e del Game Boy.
Il Giappone non è più davanti a tutti nella creazione di prodotti pop, è stato raggiunto, ma continua a sfornare invenzioni e influenzare il mondo intero.
L'autore, Matt Alt, è un americano residente a Tokyo: traduttore, giornalista e scrittore.
Cercherò gli altri suoi libri.
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