Garouden: nuova serie anime Netflix di arti marziali. Baki, Kengan, qualche altra: a Netflix serviva un altro esponente del genere.
Si comincia a raschiare il fondo. 
Nasce come romanzi a metà degli anni '80, c'è un manga tecnicamente ancora incorso (hiatus), ci sono altri manga e film e robe annesse, ma niente più da una decina d'anni. 
Street fighter in giro per il mondo si incontrano, cercano e combattono; c'è un torneo; c'è una specie di tema d'analisi delle arti marziali tra sport e lotta mortale, dove il genuino artista marziale impara tecniche mirate a uccidere l'avversario e, per riassumerlo, non uccidere vanifica la via del guerriero. 
C'è il gimmick che i migliori artisti marziali abbiano delle bestie dentro di sé che li spingono a strapparsi di dosso le convenzioni sociali e sprofondare nella verità del combattimento mortale. 
L'animazione è mediocre, produzione Naz, staff senza nome; i combattimenti sono tendenzialmente realistici, la storia è più o meno inesistente, i personaggi sono caratterizzati con l'accetta. 
Si guarda, niente di che, galleggia al limite della banalità. 
C'è questa cosa un po' ridicola che il protagonista sanguina dal naso a ogni combattimento (e ce ne sono tanti).