Disenchanted: da non confondersi con "Disenchantment", la serie animata di Groening per Netflix. Questo è il seguito, realizzato 15 anni dopo, di Enchantment della Disney.
Bisogna ammirare la precisione e la consistenza editoriale di Disney: c'è il filone dei live action adattamento dei suoi più famosi cartoni animati, adesso c'è anche quello dei seguiti fatti una caterva di tempo dopo; cominciato con Hocus Pocus, adesso Enchantment... e sono usciti entrambi quest'anno. 
Tutto ciò detto: ieri abbiamo riguardato Enchantment, soprattutto a mio vantaggio, e oggi ci siamo sparati il seguito. L'abbiamo visto normalmente fino a circa metà, poi cominciato a mandarlo avanti veloce: suggerimento di mia moglie, non mio. 
Lo descriverò così: Disenchantment è WandaVision, se al posto del trauma di un lutto la causa scatenante fosse una banale crisi di mezza età, ma brutto.
Ritroviamo la quasi completa interezza del cast originale, manca solo Timothy Spall, e qualche nuova aggiunta, Maya Rudolph. 
Amy Adams sposta la famiglia fuori città sperando di riaccendere la fiamma dell'amore, dell'avventura e della magia attenuatasi a causa della dura realtà della vita: non funziona, anzi tutto va peggio; disperata ricorre alla magia, quella vera, e usa un Wish per alterare la realtà Wanda-style e adattare la realtà alla sua fantasia. 
E' soprattutto triste. 
Patrick Dempsey è inguardabile. 
Il film è noioso, la storia è stupida, il tono toglie allegria e voglia di vivere.
Perché realizzare un film così diverso dall'originale lo sapranno solo la produzione e la regia: il regista è un tale Adam Shankman. Ha prodotto e diretto questo film, prodotto Hocus Pocus 2, prodotto e diretto What Men Want (seguito/remake 19 anni dopo di What Women Want): meglio abbatterlo.
Nella grande sfida tra film natalizi (pre-natalizi?) aggiudico la vittoria a Netflix con Slumberland, secondo posto a Spirited di Apple, terzo nel senso di ultimo a Disenchanted di Disney.